venerdì 4 marzo 2011

Il Vangelo della salute del 06/03/2011.

IX Domenica  del Tempo Ordinario, “A”.
La casa costruita sulla roccia, e la casa costruita sulla sabbia.
 Dal Vangelo secondo Matteo (7, 21-27).In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
In quel giorno molti mi diranno: Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi? Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.
Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande». Parola del Signore.   
------------------------------------------------------------------
Iniziato nella consolante suggestione delle Beatitudini, il discorso della montagna si conclude con la mortificante immagine di una casa franata, sotto la furia dei fiumi in piena e dei venti impetuosi, e della sua grande rovina. Con la parabola delle due case, una costruita sulla roccia e l’altra sulla sabbia, Gesù ascolta queste mie parole e le mette in pratica” e chi invece “ascolta queste mie parole e non le mette in pratica”. Il punto in comune tra le due situazioni è
 

l’ascolto delle sue parole, la diversità nella loro accoglienza fruttuosa, per chi le mette in pratica, e nella rovina di chi invece non mette in pratica quanto ha ascoltato. Meglio sarebbe non aver mai ascoltato Gesù, e tanto meno conosciuto, se la sorte di chi ascolta e poi non mette in pratica è così drammatica. Nel giorno del giudizio infatti, questi ultimi, che non hanno fatto “la volontà del Padre mio che è nei cieli”, pur presentandosi con la pretesa di aver vissuto una militanza a loro dire impegnata, per tutto ciò che hanno fatto “nel tuo nome”, fino ad avanzare meriti e a reclamare diritti davanti a Dio, verranno prima rinnegati dal Signore stesso: “Non vi ho mai conosciuti”, e poi allontanati con l’infamante titolo di “operatori d’iniquità”. Nessuno davanti a Dio può permettersi di vantare diritti o pretendere chissà che cosa. L’unico diritto/dovere del vero discepolo del regno è quello di prendere sul serio le parole di Gesù, che ha ascoltato, e di metterle in pratica. Matteo anticipa così i criteri di giudizio, che saranno poi ripresi e sviluppati nella famosa parabola del giudizio universale in 25, 31ss. A questo punto però interroghiamoci: cosa vuol dire “mettere in pratica queste mie parole” e fare “la volontà del Padre mio che è nei cieli”? Se teniamo conto della risposta ricevuta da coloro che avevano profetato, cacciato i demoni e fatto prodigi nel nome del Signore: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”, la soluzione non è su un piano meramente morale, cioè di una comprensione più o meno profonda della parola e di un conseguente volonteroso impegno.  L’ascolto della parola di Gesù è per ciascuno di noi prima di tutto un “dono”, nel senso che la Parola è Gesù che ci annuncia, ci rivela e ci introduce nella comunione con Dio stesso. In essa è presente e agisce lo Spirito Santo. E’ lo Spirito creatore e santificatore che ci raggiunge per plasmarci in tutto e per tutto ad immagine e somiglianza del nuovo Adamo, il Signore Gesù risorto. Il regno dei cieli quindi non è per chi vive una religiosità formale, superficiale e più o meno moraleggiante, ma per coloro che sono disposti a fare “la volontà del Padre mio che è nei cieli”, allo stesso modo di Gesù che, nella pienezza dello Spirito Santo, ha vissuto in totale sintonia con il Padre, fino ad offrire tutto se stesso, fino alla morte. Buona Domenica! don Marco Belladelli.




1 commento:

  1. L'assassinio di Sahabaz Bhatti, avvenuta il 2 marzo, sembra anticipare il Vangelo del 6 /3 e sembra esserne la risposta.
    Quanti di noi sarebbero capaci di tali parole, di tale amore e di tali sacrifici fino alla morte? C'è veramente di che riflettere e mettere in discussione la qualità e la forza della nostra fede, l'attenzione all'ascolto della Parola e la difficoltà nell'attuarla.
    ".....Se noi portiamo a termine questa missione, ci saremo guadagnati un posto ai piedi di Gesù e io (dice Sahabaz) potrò guardarlo senza vergogna".

    RispondiElimina