LA PASTORALE SANITARIA E LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE PER LA TRASMISSIONE DELLA FEDE


Pontificio Consiglio
per gli operatori sanitari
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LA PASTORALE SANITARIA E
LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
PER LA TRASIMISSIONE DELLA FEDE
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Sommario
Presentazione
Introduzione
Cap. 1°       Cambiamenti e trasformazioni provocati dai nuovi scenari nell’ambito  della pastorale sanitaria
Cap. 2°       Il Vangelo della misericordia per la nuova evangelizzazione.
Cap. 3°       La Pastorale Sanitaria per la trasmissione della fede.
Cap. 4°       La diaconia della carità verso  e con  i malati e la nuova evangelizzazione
Cap. 5°       La nuova   evangelizzazione e il cammino della Pastorale sanitaria
Conclusione
Appendice


Presentazione

 

 

Nei giorni 7-28 Ottobre 2012 si è svolta in Vaticano la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, avente per tema: “La nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. A conclusione dei Lavori i Padri sinodali hanno rivolto al mondo intero un Messaggio nel quale vengono individuati “luoghi” specifici della nuova evangelizzazione.

 

Anzitutto si fa riferimento alla famiglia come primo luogo per la trasmissione della fede cristiana. Secondo i Padri sinodali, infatti, “la vita familiare è il primo luogo in cui il Vangelo si incontra con l’ordinamento della vita e mostra la sua capacità di trasfigurare le condizioni fondamentali dell’esistenza nell’orizzonte dell’amore”.[1]

Un altro ambito della nuova evangelizzazione è la Parrocchia, come presenza della Chiesa sul territorio in cui gli uomini vivono, «fontana del villaggio», come amava chiamarla il Beato Giovanni XXIII, a cui tutti possono abbeverarsi, trovandovi la freschezza del Vangelo. Il suo ruolo resta irrinunciabile, anche se le mutate condizioni ne possono chiedere sia l’articolazione in piccole comunità, sia legami di collaborazione in contesti più ampi. Parlando della Parrocchia, molti Padri sinodali hanno sottolineato l’importanza della catechesi per la trasmissione e per l’approfondimento della fede.

          

I Padri sinodali hanno anche indicato il mondo della salute come “luogo” specifico e proprio di evangelizzazione. Al riguardo, hanno scritto che  il Vangelo illumina anche la condizione della sofferenza nella malattia, in cui i cristiani devono far sentire la vicinanza della Chiesa alle persone malate o disabili e la gratitudine verso quanti operano con professionalità e umanità per la loro cura”.[2]

Oltre al Messaggio, i Padri sinodali hanno preparato le Propositiones che sono state presentate al Santo Padre Benedetto XVI come prima sintesi del lavoro sinodale. Una di esse, in particolare, affronta esplicitamente il tema dell’impegno della nuova evangelizzazione nell’ambito proprio della pastorale sanitaria. Si è scritto in proposito: “La nuova evangelizzazione deve essere sempre cosciente del mistero pasquale di morte e di resurrezione di Gesù Cristo. Da questo mistero infatti si diffonde una luce sulle sofferenze  e malattie degli uomini, che nella Croce di Cristo possono comprendere ed accettare il mistero della sofferenza che offre loro la speranza nella vita che viene. Nel malato, in chi soffre in quanto sono portatori di handicap e chi si trova in speciale bisogno, la sofferenza di Cristo è presente e possiede una forza missionaria. Per i cristiani deve esserci sempre  posto per i sofferenti ed i malati. Loro hanno bisogno della nostra cura, ma noi riceviamo ancora di più dalla loro fede. Attraverso il malato, Cristo illumina la sua chiesa in modo che chiunque entri in contatto con il malato può trovare riflessa la luce di Cristo. Ecco perché i malati sono così importanti nella nuova evangelizzazione. Quanti sono in contatto con loro devono essere consapevoli della missione che possiedono. Non dobbiamo dimenticare, infine, che quando si costruiscono gli ospedali si deve porre attenzione perché non abbiano mai a mancare spazi di supporto e di consolazione, come pure spazi per la preghiera[3]. Non si comprenderebbero alcuni punti  di questa “Proposizione” se non si facesse riferimento al ricco insegnamento della Chiesa sulla sofferenza e la malattia in rapporto al mistero della Croce di Cristo. Insegnamento che ha trovato riscontro in modo particolare nel beato Giovanni Paolo II. Nella Salvifici doloris egli diceva testualmente: “Il tema della sofferenza … è un tema universale che accompagna l’uomo ad ogni grado della longitudine e della latitudine geografica: esso, in un certo senso, coesiste con lui nel mondo, e perciò esige di essere costantemente ripreso”.[4]

Per i motivi sopra indicati il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto dare alla XXVII Conferenza internazionale del nostro Dicastero (15-17 Novembre 2012) il titolo: “L’Ospedale, luogo di evangelizzazione: missione umana e spirituale”.

Euntes docete et curate infirmos” (Mt 10,6-8) - Andate, insegnate e curate gli infermi, è il mandato di Gesù su cui si fondano due delle attività fondamentali e sempre attuali della sua Chiesa, e cioè l’annuncio della Parola e la cura dei malati. Impegni sempre strettamente congiunti, sia nei territori tradizionalmente ritenuti di missione, sia in strutture specifiche quali i centri di cura e, più precisamente, gli ospedali. I nosocomi e le strutture di cura, dunque, sono indicati, in armonia con il corrente Anno della fede e con la recente XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nella loro qualità di luoghi privilegiati di evangelizzazione anche nei Paesi tecnologicamente avanzati, ove oggi costituiscono più che mai dei crocevia di culture e religioni, àmbiti di espressione profonda della teandricità e di attuazione dell’apostolato della Misericordia, come lo definì il Beato Papa Giovanni Paolo II, che nel 1985 istituì il Pontificio Consiglio pro valetudinis administris.

 

Nelle  riflessioni conclusive della suddetta Conferenza internazionale sono state formulate le seguenti raccomandazioni per gli ospedali:

·        Formazione, aggiornamento del personale ospedaliero sulle nuove tecnologie mediche;

·        Formazione del personale ospedaliero sui principi, i fondamenti e i valori della bioetica;

·        Formazione dei cappellani d’ospedale in bioetica ed in pastorale sanitaria;

·        Creazione di équipe pastorali di cappellani;

·        Celebrazione dei Sacramenti negli ospedali;

·        Creazione negli ospedali di luoghi di svago e divertimento sani per i malati;

·        Sensibilizzazione della società civile al sostegno dei malati negli ospedali;

·        Sviluppo di sistemi di controllo del dolore per sbarrare la strada all’eutanasia;

·        Promuovere il rispetto della vita negli ospedali: dal concepimento della persona umana fino alla morte;

·        Portare il malato a vivere cristianamente la propria malattia, così che egli diventi, a sua volta, evangelizzatore del suo ambiente.

 

Sono convinto che il presente Sussidio La pastorale sanitaria e la nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede possa rispondere alle raccomandazioni formulate a conclusione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi e della XXVII Conferenza Internazionale e trovare appropriata applicazione.

 

Al riguardo, ritengo che l’intramontabile legame tra fede e sofferenza  possa essere rintracciato anche nella recente Lettera Enciclica Lumen Fidei di Papa Francesco in particolare ai nn. 56-57, riportati nell’Appendice del presente Sussidio: la sofferenza costituisce, infatti, una testimonianza di fede e la fede, da parte sua, sostiene e dà senso al mistero della sofferenza. Questo indissolubile binomio costituisce pertanto un compito che sempre interpella la Chiesa e, in particolare, la pastorale della salute, nell’opera di evangelizzazione affidate loro da Cristo Signore.

 

 

 

 

                                                                 X Zygmunt Zimowski

                                                         Presidente del Pontificio Consiglio

                                                                        per gli Operatori Sanitari

 

 

 

 

Dal Vaticano, 14 Luglio 2013

Memoria liturgica di San Camillo de Lellis

 


 

Introduzione

 

Gesù percorreva tutta la Galilea,

insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno

 e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. (Mt 4,23).

 

 

L’esempio e il mandato di Gesù

La cura degli infermi e l’attività taumaturgica , come ci testimoniano i Vangeli, sono momenti importanti dell’unica azione evangelizzatrice di Gesù e segno visibile della presenza del regno di Dio in mezzo a noi. Fedele al mandato ricevuto[5] e seguendo l’esempio di Cristo, suo Signore, che accogliendo i malati predisponeva le folle all’ascolto della Parola, alla conversione della vita e a credere al Vangelo, la Chiesa nel corso dei secoli “ha fortemente avvertito il servizio ai malati e ai sofferenti come parte integrante della sua missione e, non solo ha favorito fra i cristiani il fiorire delle varie opere di misericordia, ma ha pure espresso dal suo seno molte istituzioni religiose con la specifica finalità di promuovere, organizzare, migliorare ed estendere l’assistenza agli infermi. I missionari, per parte loro, nel condurre l’opera dell’evangelizzazione, hanno costantemente associato la predicazione della Buona Novella con l’assistenza e la cura dei malati.”[6]. Davanti alle buone opere, soprattutto quelle ispirate alla misericordia divina, come la cura e l’assistenza dei malati[7], anche chi non crede dà gloria a Dio e si predispone all’incontro con Gesù[8].

 

L’Anno della fede e la XIII Assemblea ordinaria del Sinodo

In continuità con questa significativa, rilevante e costante presenza della Chiesa in ambito sanitario e assecondando una prassi consolidata di aggiornamento teologico-pastorale tipicamente conciliare, come già si fece al termine della prima Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi,[9] con le seguenti riflessioni il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari si propone di offrire il proprio specifico contributo all’impegno di conversione e di rinnovamento pastorale necessario oggi alla Chiesa per portare il Vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo che vivono la stagione della malattia e della sofferenza.

Il Santo Padre, Benedetto XVI, ha voluto infatti l’ Anno della fede prima di tutto come “un tempo di particolare riflessione e riscoperta della fede”.[10] Nell’intento di coinvolgere tutta la Chiesa nell’impegno per la nuova evangelizzazione e di rispondere alle sfide di un mondo in continua trasformazione, dove in tante realtà e in tanti Paesi “Dio è di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana”,[11] nei primi giorni della sua apertura ha inaugurato e presieduto la celebrazione della XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo sul tema: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”.

Sempre Benedetto XVI ci ha invitato a considerare l’Anno della fede come “un pellegrinaggio nei deserti del mondo contemporaneo, in cui portare con sé solo ciò che è essenziale: non bastone, né sacca, né pane, né denaro, non due tuniche – come dice il Signore agli Apostoli inviandoli in missione (cfr Lc 9,3), ma il Vangelo e la fede della Chiesa, di cui i documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II sono luminosa espressione, come pure lo è il Catechismo della Chiesa Cattolica, pubblicato 20 anni or sono”.[12] Ha ribadito con insistenza che soltanto “la fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada.[13]

 

La Pastorale sanitaria per la nuova evangelizzazione

Nell’ultima assemblea ordinaria i Padri Sinodali si sono soffermati a riflettere sull’importanza che ha il mistero della sofferenza e la presenza del malato nella Chiesa per la nuova evangelizzazione. Nella proposizione n. 32 consegnata al Santo Padre al termine dei lavori si dice: “La nuova evangelizzazione deve sempre essere cosciente del mistero pasquale di morte e risurrezione di Gesù Cristo. Da questo mistero infatti si diffonde una luce sulle sofferenze e malattie degli uomini, che dalla Croce di Cristo possono comprendere e accettare il mistero della sofferenza che offre loro la speranza nella vita che viene. Nel malato, in chi soffre, in quanto sono portatori di handicap e chi si trova in uno speciale bisogno, la sofferenza di Cristo è presente e possiede una forza missionaria. Per i cristiani deve sempre esserci posto per i sofferenti e per i malati. Loro hanno bisogno della nostra cura, ma noi riceviamo ancora di più dalla loro fede. Attraverso il malato, Cristo illumina la sua Chiesa in modo che chiunque entri in contatto con il malato può trovare riflessa la luce di Cristo. Ecco perché i malati sono così importanti nella nuova evangelizzazione. Quanti sono in contatto con loro devono essere consapevoli della missione che possiedono. Non dobbiamo dimenticare, infine, che quando si costruiscono gli ospedali si deve porre attenzione perché non abbiano mai a mancare spazi di supporto e di consolazione, come pure spazi per la preghiera.”[14] Queste riflessioni evidenziano lo straordinario contributo che la pastorale sanitaria può e deve offrire alla nuova evangelizzazione.

 

I punti di riferimento

La prima, fondamentale e solida base per una spinta interiore alla nuova evangelizzazione sono i documenti del Concilio Vaticano II. Ritornare “alla lettera del Concilio”, cioè allo spirito autentico da cui hanno avuto origine, “consente di cogliere la novità nella continuità.[15]

Altrettanto importante è tener presente la ricchezza di riflessioni e di indicazioni sull’ evangelizzazione presenti nell’esortazione apostolica “Evangelii Nuntiandi” di Paolo VI.

Per la peculiarità dei temi e degli ambiti propri della pastorale sanitaria, altri punti di riferimento irrinunciabili sono la lettera enciclica Evangelium Vitae e la lettera apostolica Salvifici Doloris del Beato Giovanni Paolo II. L’annuncio convinto del Vangelo della vita e del Vangelo della sofferenza apre spazi di confronto e di dialogo nei quali la fede nel Signore Gesù risorto, vivo e presente in mezzo a noi, si rivela come un dono di grazia per chi soffre, un invito  ad una cura e ad una assistenza attente e amorevoli verso i malati per i medici, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, e una luce che orienta la ricerca degli uomini di scienza, in un mondo che rischia sempre più di essere senza amore e senza Dio. I cristiani e gli uomini di buona volontà incontrandosi attorno all’uomo che soffre, speciale via per la Chiesa[16], possono collaborare per rendere la medicina e i sistemi sanitari più umani e soprattutto orientarli alla salvezza intergale della persona per il bene presente e futuro dell’umanità.

 

La struttura

Nel primo capitolo viene descritta l’incidenza della secolarizzazione  in ambito sanitario; nel secondo capitolo si propone una riflessione sul Vangelo della misericordia come fondamento e presupposto sempre valido per l’incontro dell’uomo con il Signore Gesù, nella prospettiva della nuova evangelizzazione. Nel terzo capitolo viene presentato e proposto un modello paradigmatico di “catecumenato sanitario-terapeutico”, il cui scopo è di meglio evidenziare e favorire il compito della pastorale sanitaria, finalizzandolo alla riscoperta, alla trasmissione e alla conferma della fede; nel quarto capitolo vengono indicati gli ambiti specifici della pastorale sanitaria e i soggetti chiamati a svolgere la propria missione di annuncio e di testimonianza evangelicamente efficace. L’orizzonte della nuova cultura della vita,[17] richiamato nel quinto capitolo, è l’indicatore per un agire pastorale in ambito sanitario coerente con la nuova evangelizzazione. Come dice il Signore Gesù nel Vangelo, l’albero lo si riconosce dai suoi frutti.[18] 


 

 

Cap. 1° Cambiamenti e trasformazioni provocati dai nuovi scenari nell’ambito  della pastorale sanitaria

 

Gesù, vedendo le folle, ne sentì compassione,

perché erano stanche e sfinite

come pecore che non hanno pastore. (Mt 9,36).

 

 

Con la compassione di Gesù per l’uomo di oggi

Volendo fare proprie “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono[19], la Chiesa oggi guarda al mondo della salute, caratterizzato da tanti cambiamenti e problemi, con la stessa compassione con cui Gesù accoglieva le folle stanche e sfinite di Galilea[20]. Portando in esso la luce della Parola fatta carne[21] e la carità del Buon Pastore[22] essa lo riconosce e lo trasforma “in luogo di testimonianza e di annuncio del Vangelo[23].

In questa sede non si ha certo la pretesa di presentare e approfondire tutte le numerose cecità e parzialità culturali, sociali e scientifiche che oggi influenzano il mondo della salute. Tuttavia l’offerta di spunti e stimoli contribuirà nelle diverse realtà a meglio prendere coscienza, valutare e definire le situazioni di valori e disvalori in esse presenti.

La vita umana e il problema antropologico

Immaginare la vita umana senza nessun riferimento a Dio e alla trascendenza[24], come induce a fare la cultura secolarizzata dei nostri giorni, si è risolto in un grave attentato alla visione antropologica cristiana e ha profondamente modificato, in alcuni casi addirittura stravolto, il modo comune d’intendere il valore e il significato della vita, della salute, della malattia, della sofferenza e della morte. Una rivoluzione che trasversalmente interessa tutti gli ambiti della pastorale sanitaria. Descritto dal Beato Giovanni Paolo II nella prima parte della  Evangelium Vitae, si tratta di un fenomeno culturale che ha portato alla “deresponsabilizzazione dell'uomo verso il suo simile”, al “venir meno della solidarietà verso i membri più deboli della società” (anziani, ammalati, immigrati, bambini) e alla “indifferenza che spesso si registra nei rapporti tra i popoli”.[25] Stigmatizzato come “cultura della morte”, esso si contrappone in uno scontro drammatico ed epocale alla “cultura della vita”.[26] Una realtà tanto vasta, di cui molto più oggi, rispetto a ieri, ci si rende conto delle sue reali dimensioni. Una “struttura di peccato”,[27] economicamente e politicamente sostenuta da coloro che promuovono una concezione efficientistica della società. Una vera e propria guerra dei potenti contro i deboli: “Chi, con la sua malattia, con il suo handicap o, molto più semplicemente, con la stessa sua presenza mette in discussione il benessere o le abitudini di vita di quanti sono più avvantaggiati, tende ad essere visto come un nemico da cui difendersi o da eliminare. Si scatena così una specie di «congiura contro la vita»”.[28] La “cultura della morte” affonda le sue radici in quella mentalità che “esasperando e persino deformando il concetto di soggettività, riconosce come titolare di diritti solo chi si presenta con piena o almeno incipiente autonomia ed esce da condizioni di totale dipendenza dagli altri[29] e in una concezione della libertà del tutto individualistica, “che esalta in modo assoluto il singolo individuo, e non lo dispone alla solidarietà, alla piena accoglienza e al servizio dell'altro”.[30] Quando la libertà rifiuta il suo “costitutivo legame con la verità”, rinnega se stessa, si auto distrugge e si dispone all’eliminazione dell’altro.[31] I sostenitori di questa “congiura contro la vita[32] possono contare su un ampio consenso sociale, ottenuto attraverso la quasi totale e compiacente complicità dei mezzi di comunicazione di massa, e su riconoscimenti legislativi concessi da molti governi nazionali, spesso influenzati, se non addirittura condizionati, da Istituzioni internazionali.[33] Una legittimazione sistematicamente contrabbandata come un lasciapassare morale.

La vita umana finisce per essere considerata alla stregua disemplice «materiale biologico»”.[34] Una concezione “materiale e meccanicistica”,[35] espressione di una volontà di dominio, che negando la benché minima dignità della persona all’inizio, alla fine e in ogni momento della sua esistenza, ne pretende la più assoluta disponibilità, per giustificare qualsiasi pratica in nome di un arbitrario utilitarismo. Siamo alla dittatura del relativismo,[36] che non tollera in nessun modo di essere messa in discussione. Dalla sua egemonia culturale hanno origine i cosiddetti temi eticamente sensibili riguardanti l’inizio e la fine della vita umana, la realtà della famiglia, i diritti dei più deboli, cioè di coloro che sono socialmente e giuridicamente meno tutelati, oggi al centro di aspri scontri culturali, sociali e politici.  

 

Salute, malattia, sofferenza e morte

Anche la cura della salute, di conseguenza, viene a perdere ogni    riferimento al destino trascendente dell’uomo. Riconosciuta come un diritto garantito per legge, la sua tutela ha condotto spesso, soprattutto nei Paesi occidentali, a modelli sanitari caratterizzati dall’eccessiva medicalizzazione della vita, fino a ingenerare “una sorta di atteggiamento prometeico dell’uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della morte[37].

Da questo approccio deriva una visione della salute come bene assoluto, chiusa in se stessa, senza un orizzonte futuro di significati. La cura quasi ossessiva del proprio corpo, intesa semplicemente come premessa e garanzia per godere dei propri beni materiali, spesso si risolve in un mero prolungamento temporale dell’esistenza[38] e di conseguenza nel rifiuto di quel percorso verso la pienezza di vita promessa da Gesù[39].

Anche se oggi sembra essere diventato un modello poco apprezzato e piuttosto ignorato, dobbiamo avere il coraggio di proporre e la forza di testimoniare la prospettiva di una vita buona, orientata a quella futura ed eterna, quotidianamente spesa nella realizzazione dei valori morali cristianamente ispirati, improntati al rispetto dell’altro e alla solidarietà con i più deboli, perseguiti attraverso l’esercizio delle virtù e il sacrificio personale, come raccomandava l’Apostolo Paolo al discepolo prediletto[40]. Si tratta di valorizzare al meglio l’esemplarità di tante comunità cristiane e di singole testimonianze di fede nei vari ambienti, che proclamano la possibilità e la gioia di vivere una vita evangelicamente ispirata.

In contrapposizione a tanto salutismo, oggi la malattia viene vissuta come una  delle situazioni più sconvolgenti che l’uomo possa affrontare nel corso della sua esistenza. Alterando le normali funzioni psicofisiche e soprattutto la percezione della propria immagine corporea, genera un drammatico e incolmabile divario tra progetti, desideri, aspirazioni e le ristrette condizioni in cui si è costretti a viverli. Paradossalmente l’ospedalizzazione rende la persona malata ostaggio della moderna medicina, che procedendo per classificazioni, indicatori vari, definizioni concettuali di sintomi e patologie finisce per isolare il paziente nella più totale passività. Nonostante i ripetuti proclami di un suo definitivo superamento,[41] la malattia continua ad essere una minaccia alla autonomia personale. Essa  trascina inesorabilmente l’individuo verso l’impotenza umana e la marginalità sociale. E’ sempre il Beato Giovanni Paolo II a ricordarci che “quando prevale la tendenza ad apprezzare la vita solo nella misura in cui porta piacere e benessere, la sofferenza appare come uno scacco insopportabile, di cui occorre liberarsi ad ogni costo”.[42] 

Se si rifugge dalla sofferenza, ancora più inaccettabile è la morte. Essa “interrompe improvvisamente una vita ancora aperta a un futuro ricco di possibili esperienze interessanti”.[43] Paradossalmente “diventa invece una «liberazione rivendicata» quando l'esistenza è ritenuta ormai priva di senso perché immersa nel dolore e inesorabilmente votata ad un'ulteriore più acuta sofferenza.[44] Per il mondo contemporaneo è sempre un’ospite sgradita, un assurdo assolutamente inconciliabile con l’esistenza umana. La cultura secolarizzata tende a rimuoverla, a renderla socialmente invisibile e ad espropriare il soggetto della sua coscienza nel momento del trapasso. Altri cercano di esorcizzarne la drammaticità, riducendola ad evento banalmente naturalistico. Paradossalmente la sua morbosa spettacolarizzazione da parte dei mass media ne riafferma marginalità e negazione. 

 

Le patologie spirituali: depressione e tossicodipendenze

La sofferenza spirituale del dare senso alla propria esistenza spesso assume la forma patologica di una malattia. Per la depressione, detta anche male oscuro, già oggi molto diffusa in occidente, negli anni a venire si prevede un suo ulteriore incremento[45]. In percentuale ne soffrono più le donne che gli uomini, con pesanti ripercussioni su famiglie e società. E’ ancora di più allarmante che per i quasi due terzi delle persone interessate da questa patologia le terapie farmacologiche e psicologiche risultino scarsamente efficaci.

Alle sofferenze spirituali si associano anche l’abuso di alcool,  farmaci, psicofarmaci[46] e il consumo di droghe,[47] comportamenti che, oltre a determinare nei soggetti dipendenza fisica e psicologica dalla quale difficilmente si riesce a riscattarsi, causano anche gravi danni organici con il conseguente aggravio della spesa sociale.

 

Medicina e secolarizzazione

I “nuovi scenari” derivati dalla secolarizzazione,[48] hanno cambiato molte cose anche sul versante della sanità. E’ ancora il Beato Giovanni Paolo II a denunciare una degenerazione della stessa medicina “che per sua vocazione è ordinata alla difesa e alla cura della vita umana, in alcuni suoi settori si presta sempre più largamente a realizzare questi atti contro la persona e in tal modo deforma il suo volto, contraddice sé stessa e avvilisce la dignità di quanti la esercitano.[49] L’arte medica dei nostri giorni è figlia di quella svolta culturale che ha visto l’uomo dominare la natura per mezzo del metodo sperimentale,[50] sfociata poi nell’ideologia del progresso, secondo cui tutto ciò che viene dalla scienza è sempre e comunque buono e positivo, rivendicando così per se stessa assoluta libertà.[51] Di fronte alle crescenti responsabilità etiche, il medico tende sempre più ad essere un tecnico che offre soluzioni al di fuori da ogni possibile orizzonte di senso e di visione dell’uomo.[52] L’immagine del Buon Samaritano,[53] comunemente associata alla professione medica e alle professioni sanitarie in genere finalizzate alla relazione di aiuto, rimane di fatto un riferimento piuttosto estrinseco e del tutto personale, con tutte le implicanze di carattere spirituale e morale del caso. Il mondo infermieristico, e più in generale l’ambito dell’assistenza professionale e di volontariato, senza rinnegare le proprie radici solidaristiche, oggi sono molto esposte all’influenza delle scienze umane, soprattutto la psicologia e la sociologia, che promuovono modelli di assistenza e di accompagnamento mutuati da visioni dell’uomo privi di qualsiasi orizzonte di trascendenza e di cristiana speranza.

Dopo i vantaggi dovuti ai progressi della scienza, oggi la medicina deve molto del suo successo allo straordinario sviluppo delle tecnologie di questi ultimi anni. Se da un lato esso rappresenta un indubbio vantaggio per tutti, non è sempre vero che la standardizzazione imposta dalla tecnologia si risolva sempre a favore del paziente. 

Anche i mezzi di comunicazione di massa hanno aiutato la medicina nella sua crescita, facilitando e incrementando lo scambio di informazioni, il confronto delle esperienze e la conoscenza reciproca,[54] e annullando distanze, differenze e diffidenze geografiche, ideologiche e culturali. Oggi è possibile condividere conoscenze, esperienze e confrontare protocolli terapeutici per la cura di qualsiasi patologia da un capo all’altro del pianeta in tempo reale. D’altro canto, la democraticità di questi mezzi ha favorito la divulgazione di informazioni sanitarie tra i non addetti ai lavori, cioè i potenziali pazienti. Un fenomeno spesso causa di conflitti tra il medico e il paziente, che non di rado approdano nelle aule dei tribunali, per ragioni non solo di giustizia, ma di speculazione. Per tutelarsi dal rischio di eventuali contestazioni legali, molti  medici oggi praticano la cosiddetta medicina difensiva, a scapito della qualità delle cure, dell’assistenza e della salute di tutti e con un aumento ingiustificato della spesa sanitaria

 

Politica, economia e sistemi sanitari

Nel momento dell’organizzazione e dell’amministrazione dei sistemi sanitari, sono la politica e l’economia a incidere in modo significativo sulle attività mediche e più in generale sul rispetto della vita.[55] Il coefficiente costi-benefici condiziona gli obiettivi di prevenzione e tutela della salute pubblica. Più si riducono i livelli minimi di assistenza, più si ampliano gli spazi di cura e di assistenza affidati ai privati e aumentano le differenze sociali. 

Non meno problematico è il settore farmaceutico. La recente grave crisi finanziaria ha indotto a ridurre gli investimenti per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci, privilegiando prodotti e paesi che assicurano maggiori rendite. A tutt’oggi poi non ha  ancora trovato soluzione l’imbarazzante problema dell’accesso ai farmaci, da cui rimane esclusa la maggior parte della popolazione mondiale. A pagarne le conseguenze sono naturalmente le fasce sociali più deboli: bambini, donne, anziani e soprattutto i malati di ogni età.

   

Sanità e migrazioni

Non meno importante è il fenomeno migratorio, a causa del quale è notevolmente cambiato il normale quadro epidemiologico di riferimento. La modificata geografia etnica dei nostri Paesi e i frequenti spostamenti hanno riportato di attualità il problema di possibili grandi pandemie[56]. Il fenomeno migratorio e la vasta diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, hanno ancora più evidenziato l’enorme disparità e le differenze geo-politiche oggi esistenti in sanità tra l’Occidente e i cosiddetti Paesi in via di sviluppo. In molti di questi Paesi, soprattutto in Africa, le istituzioni sanitarie sono per la quasi totalità di proprietà o in gestione di Istituti religiosi, enti ecclesiali o di ispirazione cristiana. Perché non considerare tutto ciò come una straordinaria opportunità offerta alla Chiesa per evangelizzare i poveri, trasformando questa realtà in un grande sistema di solidarietà, nell’orizzonte della carità cristiana.

Al di là delle differenze presenti nei diversi Paesi del mondo e davanti alle numerose sfide esistenti oggi in ambito sanitario, la Chiesa e i cristiani sono chiamati ad essere portatori di una cura e di un’assistenza amorevoli verso ogni persona e del messaggio di speranza che trovano la loro sorgente nel Dio della vita, dell’amore e della misericordia.

 

 

 

 

 


 

Cap. 2° Il Vangelo della misericordia per la nuova evangelizzazione

 

Gesù disse: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico,

ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire:

 Misericordia io voglio e non sacrifici.

 Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori".

 (Mt 9,12-13)

 

 

Ripartire dall’annuncio del regno di Dio

Sull’esempio di Gesù, che all’inizio della sua missione predicava: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”,[57] e manifestava con i suoi gesti e le sue parole la presenza del regno di Dio nel mondo, muovendo i cuori alla conversione e alla fede, per proclamare il Vangelo in modo incisivo agli uomini di oggi, bisogna ripartire da questo suo primo annuncio. Sono ancora i segni della sua divina presenza misericordiosa[58] a rivelare anche oggi in modo efficace e credibile la realtà e l’attualità del regno di Dio in mezzo a noi[59]. Sono questi stessi segni che innescano nel cuore dell’uomo quel cambiamento di conversione e quel processo di purificazione che gradualmente lo apre all’incontro con il Signore e alla piena adesione della vita alla Parola. 

Vivere il servizio ai malati e ai poveri come momento fondamentale dell’unica missione di salvezza a cui siamo stati mandati dal Signore, rappresenta sicuramente una delle vie attraverso le quali oggi è possibile rinnovare l’annuncio del regno. Se ci confrontiamo con la testimonianza fondante della Chiesa apostolica,[60] appare evidente la necessità di rendere questo legame tra predicazione e servizio agli infermi sempre più intrinseco.

 

Il Vangelo della vita

La Chiesa trasmette la fede che essa stessa vive, celebra, professa e testimonia”.[61] Soltanto a partire da questa premessa, dalla costante accoglienza della parola di Dio[62] e dalla docilità allo Spirito Santo che la guida verso tutta la verità,[63] essa ritrova la forza apostolica necessaria per compiere oggi la sua missione. La meditazione del messaggio rivelato ha portato il Beato Giovanni Paolo II alla conclusione che “In Gesù, «Verbo della vita», viene quindi annunciata e comunicata la vita divina ed eterna. Grazie a tale annuncio e a tale dono, la vita fisica e spirituale dell'uomo, anche nella sua fase terrena, acquista pienezza di valore e di significato: la vita divina ed eterna, infatti, è il fine a cui l'uomo che vive in questo mondo è orientato e chiamato. Il Vangelo della vita racchiude così quanto la stessa esperienza e ragione umana dicono circa il valore della vita, lo accoglie, lo eleva e lo porta a compimento.”.[64] Più avanti Giovanni Paolo II aggiunge che “all'uomo Dio ha conferito una dignità quasi divina, ricono­scibile in ogni bimbo che nasce e in ogni uomo che vive”.[65] 

Secondo il disegno di Dio nel concetto di vita si distinguono tre livelli fondamentali di significato: il livello biologico (bios), che l'uomo condivide con gli altri esseri viventi; quello della vita spirituale (psiche), che nell’uomo deriva dal principio spirituale dell'anima e che gli conferisce la qualità di persona unica e irripetibile; infine il nuovo piano della partecipazione alla vita divina (zoè), mediante la grazia della vita soprannaturale. Questi tre livelli sono in relazione tra loro e strettamente collegati l'uno all'altro, perché ognuno è fondamento di ciò che lo segue e sbocco e compimento di ciò che lo precede. La dimensione biologica, per esempio, per il suo sviluppo e compimento è orientata verso le altre due. A sua volta essa è il loro fondamento.  

La riflessione sul Vangelo della vita ci dice che in ogni vita umana, anche nella sua fase terrena, in quanto aperta verso il suo compimento divino ed eterno, annunciato e comunicato da Gesù, Verbo della vita, con il suo farsi uomo e soprattutto attraverso il mistero della sua  passione, morte e risurrezione, già si realizza l’incontro tra l’uomo e Dio. La dignità quasi divina è il presupposto di quell’incontro “che non lascia più nulla come prima, ma assume la forma della ‘metanoia’, della conversione, come Gesù stesso chiede con forza.”.[66] Ora, poiché nessuno dal momento del suo concepimento in poi, non può ‘non vivere e la vita di ciascuno è molto di più di quello che nel corso dell’esistenza terrena si riesce a sviluppare, a realizzare, ad esprimere, a manifestare e a godere, molto più anche della autocoscienza psicologica e morale, dobbiamo riconoscere che ogni uomo è icona di Gesù Cristo.[67] Come dice Gesù nel Vangelo,[68] Dio ci attira a sé[69], anche soltanto per mezzo della vita in forza di questa sua qualità "quasi divina”. Saremmo tentati di dire che la vita ci conduce a Dio, più di quanto noi stessi possiamo avvicinarci a Lui con la nostra volontà, moralità e reli­giosità.

 

Il Vangelo della vita per la nuova evangelizzazione

Il fondamento religioso della vita umana, messo in evidenza dalla riflessione sul Vangelo della vita, tocca e riguarda ogni sua dimensione, ogni suo aspetto e ogni sua manifestazione. Quando Gesù, nella sua infinita misericordia di Buon Samaritano, si chinava a curare gli uomini e le donne del suo tempo piagati e feriti nel corpo e nello spirito, fissandoli negli occhi,[70] egli guardava alla loro realtà totale: umana, divina ed eterna per trovare in essa il fondamento della sua azione salvifica. E dopo aver rinnovato e trasformato con la potenza dello Spirito Santo tutta la loro vita, fino alla sua massima pienezza[71], egli dava loro la prova dell’avvenuto “incontro salvifico” dicendo: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”.[72]

Questo mistero di misericordia, capace di aprire qualsiasi cuore all’incontro con Dio, si è manifestato e si manifesta ancora a noi, soprattutto nella testimonianza eroica di tanti santi, come per esempio in quella di San Pio da Pietrelcina.[73] Quel suo fissare lo sguardo sull’anima delle persone che incontrava, fino a muoverle alla conversione, come faceva Gesù,  rappresenta per la Chiesa non soltanto un esempio, ma soprattutto un paradigma da coniugare in un percorso di evangelizzazione capace di raggiungere il cuore di  qualsiasi uomo in ogni tempo e luogo, per orientarlo alla conversione nell’incontro con il suo Dio, Creatore e Salvatore.

 Se è vero infatti che “l’annuncio del Vangelo è una questione anzitutto spirituale”,[74] la Chiesa per rinnovarsi nella “sua originaria qualità spirituale[75] e comparire davanti al suo Sposo “tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata”,[76] ha bisogno prima di tutto di riscoprire e di riappropriarsi del sapiente disegno divino sulla vita umana, che ha un solo nome, Gesù Cristo. Questo progetto, nella sua semplicità e per mezzo delle dinamiche inscritte dal Creatore tra i suoi distinti livelli: biologico, spirituale e divino-eterno, rappresenta il fondamento e la giusta premessa per lo sviluppo di una vita secondo lo Spirito Santo[77] e ad immagine del nuovo Adamo[78]. Insomma, la Chiesa deve tornare a prendersi cura prima di tutto della propria anima, per essere poi capace di “guarire[79] l’anima di coloro ai quali è mandata.

 

 

Evangelizzazione e conoscenza

Tenendo presente che un progetto di vita ispirato dal Vangeloracchiude quanto la stessa esperienza e ragione umana dicono circa il valore della vita”, lo accoglie e lo eleva fino al suo compimento,[80] nonostante le difficoltà che soprattutto oggi la Chiesa incontra nella sua missione evangelizzatrice sul piano del confronto con il mondo scientifico e culturale in genere, mai deve venire meno la fiducia nella presenza e nel disegno salvifico di Dio Creatore e Padre misericordioso. A noi, come discepoli di Cristo, è richiesto di vivere e di annunciare il Vangelo in ogni situazione,[81] con una capacità di ascolto accogliente, di dialogo rispettoso e di stima sincera delle persone e delle diverse impostazioni di pensiero da esse rappresentate.[82]


 

Cap. 3° La Pastorale sanitaria per la trasmissione della fede

 

Chi è malato, chiami presso di sé i presbìteri della Chiesa

ed essi preghino su di lui,  ungendolo con olio nel nome del Signore.

E la preghiera fatta con fede salverà il malato:

 il Signore lo solleverà e,  se ha commesso peccati, gli saranno perdonati. (Gc 5,14-15).

 

 

La Pastorale sanitaria come processo di evangelizzazione

La Pastorale Sanitaria, ponendosi direttamente in continuità con il ministero terapeutico di Gesù, con l’esemplarità fondante della Chiesa apostolica[83] e avendo come icona privilegiata di riferimento il Buon Samaritano[84], ha pieno titolo per partecipare e contribuire ai processi di introduzione alla fede dell’uomo di oggi, propri del rinnovamento pastorale della nuova evangelizzazione.

Più di vent’anni fa, il Beato Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica post-sinodale Christifideles Laici, ne auspicava il rilancio, indicando come obiettivo primario del suo agire il sostegno della fede in Dio e nel suo amore di Padre, messi a dura prova dalla malattia e dalla sofferenza, e come sua espressione più significativa la celebrazione sacramentale con e per gli ammalati.[85] Il rapporto indicato dal beato Giovanni Paolo II tra il sostegno della fede in Dio del malato e la celebrazione sacramentale porta dentro la pastorale sanitaria la stessa domanda su cui oggi la Chiesa si interroga a proposito dei sacramenti dell’iniziazione cristiana e della trasmissione della fede.

Dando la priorità alla celebrazione dei sacramenti rispetto a qualsiasi altra forma espressiva, la pastorale sanitaria afferma che il suo scopo fondamentale è rendere presente Cristo, perché tutti possano incontrarlo, soprattutto la persona malata, come Medico dell’anima e del corpo[86] e “nuovo Adamo” che, come ci ha ricordato il Concilio, rivelando il mistero del Padre e del suo Amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo”.[87] La viva presenza di Cristo, garantisce la rivelazione del mistero dell’amore misericordioso di Dio Padre per l’uomo di oggi e rende possibile quell’incontro nel quale l’uomo si comprende come creatura di Dio, salvata da Cristo, “dentro il suo intimo legame con il Padre e lo Spirito”.[88] Se la malattia e la sofferenza mettono a dura prova la fede in Dio e nel suo amore di Padre,[89] soltanto la viva presenza di Cristo è in grado di attirare a sé l’uomo, fino a toccare la sua anima, trasformando l’incontro in un evento di salvezza, suscitando quella fede che salva, secondo i tanti esempi che ci sono testimoniati nei racconti evangelici[90].

Quando il contenuto, la forma e la via seguita dalla nostra azione pastorale è Gesù Cristo, l’annuncio del suo Regno e l’esperienza della pienezza di vita che egli ci dona,[91] possiamo essere certi di dare concretezza a quella fonte di speranza che viene dall’esperienza viva di Dio per noi e per i nostri contemporanei.[92] Infatti rimane sempre valido l’insegnamento evangelico della parabola del granello di senapa, che nonostante la sua insignificanza alla fine diventa un albero che dà rifugio agli uccelli del cielo.[93] Come metodo va sempre data la priorità alla fedeltà a Cristo, all’agire nel suo Nome e mai a titolo personale,[94] anche a costo di sembrare inadeguati. Mettere se stessi al centro dell’incontro con l’uomo in nome di certe competenze o per ragioni di protagonismo o semplicemente per una più che giustificabile esigenza di gratificazione, significa ostacolare l’incontro con il Signore Gesù. Per questo modalità di approccio al malato che muovono per esempio da premesse mutuate dalle scienze umane, da ragioni puramente filosofiche o da esigenze derivate da processi e percorsi organizzativi/manageriali, a cui a volte ci si è affidati, pensando su queste vie di poter più facilmente incontrare l’uomo dei nostri giorni, alla fine sono risultate non pienamente adeguate o addirittura fallimentari, perché come insegna la parabola del seminatore,[95] nonostante la buona volontà, nel suo sviluppo l’intenzionalità pastorale viene soffocata dalle altre istanze culturali egemoniche o da compromessi che non hanno niente a che vedere con l’evangelizzazione.

 

Pastorale sanitaria e iniziazione alla fede

Nella tradizione della Chiesa la celebrazione sacramentale per e con i malati per eccellenza è l’Unzione degli infermi. Il testo dell’apostolo Giacomo,[96] che secondo l’insegnamento tradizionale della Chiesa “raccomanda e promulga[97] questo sacramento, suppone, richiama e promuove una prassi ecclesiale che arriva fino ai nostri giorni. In quanto espressione più significativa,[98] si può considerare l’Unzione degli infermi un paradigma da coniugare in un vero e proprio itinerario, finalizzato a suscitare la fede in Dio e nel suo amore, oppure alla sua purificazione, conferma e sostegno, quando la stessa viene messa a dura prova dalla malattia,[99] come se si trattasse di una particolare forma di catecumenato sanitario-terapeutico. Gesù, centro della celebrazione sacramentale, come “medico di carne e di spirito[100] attira a sé ogni uomo, malati, sani e operatori, senza distinzione, e come nuovo Adamo, è modello, esempio e meta a cui deve rifarsi qualsiasi percorso di guarigione/salvezza che si voglia intraprendere. E’ sempre il Signore Gesù, che identificandosi con l’infermo,[101] chiama la Chiesa, nella sua organicità di ministro e popolo,[102] perché attraverso il sacramento trasmetta a chi soffre il sollievo della grazia della sua risurrezione e il perdono dei peccati.[103] Ecco perché, come diceva il Beato Giovanni Paolo II, ogni sofferente è una delle vie più importanti della Chiesa per l’incontro con l’uomo.[104] Nella risposta all’appello del malato[105] si riattualizza il ministero terapeutico del Signore Gesù e la Chiesa riscopre e si riappropria della propria missione evangelizzatrice.

 

Accoglienza, ascolto e primo annuncio.

A questo incontro la Chiesa deve presentarsi accogliente, recuperando a piene mani quel prezioso patrimonio rappresentato dalla cultura dell’ospitalità maturato in secoli di esperienza nel servizio ai poveri, ai malati e ai pellegrini. L’accoglienza è fatta principalmente di premura per il malato, motivata dal valore e dal significato di quella presenza, immagine del Signore stesso;[106] di apertura al dialogo, che manifesta l’interesse per l’altro e la disponibilità verso le sue necessità, per ottenere in cambio un credito di credibilità per il nostro farci responsabili di lui. Una vera accoglienza si risolve sempre in un incontro interpersonale, figura e annuncio dell’incontro con il Medico celeste, le cui caratteristiche sono la reciprocità, tra ciò che si dà e ciò che si riceve, e la trasparenza del “chi è” colui che serve, e del “perché e per chi” lo sta facendo.  

Prima di liberare il suo popolo dalla schiavitù d’Egitto, Dio ha ascoltato il grido della sua sofferenza.[107] Anche Gesù, prima di spiegare le scritture ai discepoli di Emmaus, ha ascoltato i loro discorsi, le loro amarezze e delusioni.[108] La Chiesa deve sapere ascoltare oggi e sempre quel grido e “le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”.[109] L’ascolto manifesta la sincerità e l’autenticità della nostra fede, l’amore fiducioso verso colui che ci parla,[110]  la volontà di  agire secondo il comandamento di Dio[111] e di essere interiormente presenti all’altro e alle sue necessità[112]. L’ascolto è la premessa per il “primo annuncio inteso come strumento di proposta esplicita, meglio ancora di proclamazione, del contenuto fondamentale della nostra fede”.[113] Il primo annuncio si configura come un percorso terapeutico che ha come obiettivo quello di aiutare le persone ad aprirsi al proprio orizzonte di trascendenza, fino ad accoglierlo come una concreta possibilità di vita. L’annuncio kerigmatico del Vangelo aiuterà la persona a riconoscere e ad accogliere la vocazione e la missione a cui ciascuno di noi è chiamato da Dio, per mezzo di Gesù Cristo, nel proprio passaggio terreno. Una conoscenza più profonda di Gesù favorirà invece un’adesione affettiva, volontaria e consapevole, come quella che affermiamo ogni volta che preghiamo il Padre nostro: “Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra”.[114]

 

Misericordia e guarigione

Per chi opera in abito sanitario è quanto mai importante saper accompagnare le persone attraverso il grande mistero dell’iniquità[115] nel quale si vedono immerse e dal quale si sento oppresse, soprattutto nel momento della malattia, per orientarle verso la rigenerante esperienza della misericordia di Dio, tanto straordinaria e sorprendente per ogni uomo, quanto altrettanto fondamentale per la fede di ciascuno di noi. E’ facile sentire persone malate, o loro familiari, accusare Dio di essere ingiusto e responsabile del male che si patisce. Il vittimismo invece tiene l’uomo legato al peccato. Per scrollarsi di dosso questo giogo[116] e trovare una via d’uscita alla schiavitù[117] è importante invitare alla lode. Attraverso di essa si impara a riconoscere il Dio provvidente e i doni con i quali Egli sempre ci circonda. Soltanto allora, come il figliol prodigo, sarà possibile rientrare in se stessi,[118] provare dolore per il male commesso, desiderare una vita nuova e iniziare una profonda revisione di vita. E’ il momento della guarigione interiore, fondamento di ogni altro processo terapeutico e di salvezza, conseguenza dell’incontro con la misericordia di Dio e del suo tocco interiore, l’unico amore capace di chinarsi su ogni miseria umana, anche su quella che nasce dalla ribellione o addirittura dalla stessa negazione di Dio stesso. E’ Gesù questa volta, non l’apostolo Tommaso,[119] a mettere il dito nelle nostre piaghe, prendendo su di sé tutta la finitezza umana per rinnovarla e assegnarle un destino eterno. Tutta la missione, e ancor più, tutta la persona di Figlio Unigenito del Padre[120] hanno una valenza sanante, comunicata attraverso la sua carne,[121] a coloro che l’accolgono[122]. Una sempre maggiore integrazione tra annuncio, celebrazione dei sacramenti e cura degli infermi, permetterà alla Chiesa di meglio dispensare agli uomini questi doni di grazia.

 

Comunione, sofferenza e speranza.

Ogni esperienza che si voglia qualificare come cristiana, non può prescindere dal principio della comunione, a cui tutto si deve  conformare. Per sentire il fratello di fede nella profonda unità del corpo mistico, per vedere ciò che di positivo c’è nell’altro, per valorizzarlo ed accoglierlo come dono di Dio, per essere capaci di fargli spazio e di portare gli uni i pesi degli altri,[123] respingendo le tentazioni egoistiche delle passioni, della gelosia, dell’invidia, della diffidenza, dell’ipocrisia, della falsità, della competizione e del carrierismo è necessario lasciarsi guidare da Gesù verso il mistero della vita trinitaria di cui egli ci ha resi partecipi. Attraverso questa realtà di comunione e di amore la Chiesa si manifesta “in qualche modo sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.[124] Soltanto dentro questa comunione di amore ogni  sofferenza viene riscattata da quell’ assurdo in cui l’ha confinata la cultura della morte. Parlare della sofferenza come di una chiamata,[125] pretendere addirittura di dargli un senso,[126] fino al punto di parlare del Vangelo della sofferenza,[127] è un azzardo insopportabile per il mondo di oggi, anche se alla fine rimane comunque un mistero senza soluzione. Per questo si deve maggiormente valorizzare la missione di tutti coloro che vivono la propria sofferenza in unione al mistero redentivo di Cristo, completando ciò che manca alla sua passione[128] e compensando per tutti noi a quella carenza abissale di amore che oggi c’è nel mondo.

 Il punto d’arrivo del nostro catecumenato sanitario-terapeutico, è la speranza che non delude.[129] La speranza cristiana si fonda sulla certezza delle promesse divine, di cui siamo già partecipi, anche se non ancora in pienezza. Vivere pensando al paradiso, desiderarlo, guardare alle realtà ultime della nostra vita fa bene all’anima e a tutta la vita dell’uomo. Soltanto la speranza di un traguardo tanto straordinario può essere il fondamento di un’autentica libertà interiore, rispetto a tutte le realtà umane di cui rischiamo di diventare schiavi e vittime. La speranza cristiana dà senso “alla vita e alla storia e al camminare insieme.”[130] E’ la speranza che ci fa capire come la vittoria di Cristo su peccato, sofferenza, male e morte è già avvenuta ed è definitiva[131]. Annunciare, celebrare e servire ogni giorno il Vangelo della Speranza[132] diventa così la ragione per un rinnovato impegno di continua conversione, per una vita sempre più evangelica e il modo migliore per partecipare alla missione della nuova evangelizzazione.


Cap. 4°   La diaconia della carità verso e con i malati e la nuova evangelizzazione

 

Gesù Convocò i Dodici

e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie.

E li mandò ad annunciare il regno di Dio

e a guarire gli infermi.

 (Lc 9, 1-2).

 

Il malato soggetto attivo nella Chiesa.

Come abbiamo anticipato nell’introduzione, in una delle Propositiones finali della XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo da poco conclusasi, si è parlato esplicitamente dell’importanza del malato per la Chiesa e per la nuova evangelizzazione. In quanto partecipe del mistero pasquale e per la presenza di Cristo in lui,[133] egli diffonde la luce della fede sul mistero della sofferenza umana e diventa “una forza missionaria” per chiunque lo incontri.[134] Nonostante l’autorevolezza delle affermazioni,[135] dobbiamo nostro malgrado rilevare che nella Chiesa il tema della sofferenza non è sentito importante da tutti allo stesso modo e non è ancora considerato una via privilegiata[136] di annuncio e di offerta di salvezza e di speranza per l’umanità di oggi. Mentre a ben guardare è una delle poche realtà che può davvero rappresentare un punto d’incontro nel contesto della frammentazione culturale e religiosa dei nostri giorni e una prospettiva che permetterebbe un’autentica comprensione di tutto l’uomo e di ogni uomo. 

La diaconia della carità verso i malati si fonda quindi sulla considerazione del malato come “soggetto attivo e responsabile dell’opera di evangelizzazione e di salvezza”,[137] che  ha una missione da svolgere verso la Chiesa e la società: insegnare al mondo intero che cos’è l’amore vissuto nella malattia.[138] Con la sua testimonianza di vita egli allarga lo spazio di Dio e per Dio nella storia, annuncia il Vangelo in modo credibile e autentico, invoglia a rinnovare la scelta per Cristo sofferente e ad amare la propria vita, fino ad abbracciare tutti i dolori dell’uomo.

 

La pastorale sanitaria per una Chiesa comunità sanante

Per poter sostenere e promuovere l’uomo che soffre come soggetto, la pastorale sanitaria deve proporre un ‘nuovo’ modo di pensare, un sapere comune e condiviso da tutti i credenti e strategie operative capaci di responsabilità, in rapporto alle concrete situazioni. Suo paradigma per eccellenza sarà la liturgia con al centro il mistero pasquale, offerto come evento di salvezza agli uomini e in grado di orientare la vita alla sequela del Signore. In essa si rende così presente la grazia della risurrezione di Cristo, che trasforma anche la dimensione fisica dell’esistenza.

Per essere sacramento universale di salvezza,[139] la Chiesa deve fare proprio l’atteggiamento di continua conversione ed accogliere il dono della riconciliazione del Signore, che la risana e la rende capace di compiere la sua missione, la cui efficacia è strettamente legata alla sua “salute” e allo spirito di pace che la anima.

Più la Chiesa si riconoscerà e si presenterà  come comunità ferita, sanata e più sarà nel mondo fattore sanante. Lo devono essere soprattutto le Chiese locali. Loro compito è aiutare gli uomini a trovare il senso della malattia, ad intraprendere un vero percorso di guarigione, fino all’accettazione dell’ “insanabile”. Una salute pienamente umana comprende il “sì” alla sofferenza, alla compassione e insieme all’azione sanante e solidale.

 

La pastorale sanitaria per la società

La centralità del malato ha una valenza anche sociale ed economica e richiede che si investano risorse per perseguire i valori riassunti nel comandamento dell’amore del prossimo. Per accogliere la forza di cui sono portatori i deboli[140] c’è bisogno di una profonda conversione e di un cambiamento di mentalità che comincia con il coniugare insieme il bisogno di salute dell’uomo con quello della sua salvezza.

La Comunità cristiana deve promuovere una nuova forma di pensiero, che consideri l’uomo nella sua totalità. Niente può rivelarsi tanto disastroso per la fede e per la cultura sanitaria e medica, quanto il perdere di vista la totalità della persona. La promozione dei valori spirituali apre all’accettazione del limite e alla composizione dei conflitti e ad una equilibrata complementarità. Soprattutto oggi c’è bisogno di riscoprire quanto sia salutare anche per l’economia e per i modelli organizzativi sociali e sanitari ispirarsi alla solidarietà insegnataci da Gesù nella parabola del Buon Samaritano.[141]

 

 

 

Altri soggetti della pastorale sanitaria: i Cappellani e gli Operatori sanitari

La vitalità della pastorale sanitaria dipende in maniera decisiva dal valore spirituale, umano e professionale degli Operatori sanitari.

Un segno forte della viva presenza della Chiesa in Ospedale sono prima di tutto i Cappellani ospedalieri. Il loro ministero è una ‘vocazione nella vocazione’. L’incontro quotidiano con la persona malata e con la sofferenza umana, nelle sue più varie manifestazioni, li rende spiritualmente più vicini al mistero pasquale e più capaci di dispensarne la grazia a chiunque incontrano, primi fra tutti agli ammalati, e poi anche agli operatori, ai volontari e ai familiari.

Il Cappellano è il primo animatore della Comunità sanante. La ricchezza dei valori spirituali, interiormente sintetizzati, devono trasformarsi in fonte di ispirazione di proposte ed iniziative pastorali finalizzate a migliorare la cura e l’assistenza delle persone ricoverate, perché “chiunque entri in contatto con il malato possa trovare riflessa la luce di Cristo”.[142]

Gli Operatori sanitari hanno bisogno anch’essi del Medico celeste e dell’aiuto della Comunità cristiana. Vanno sostenuti con la preghiera, ascoltati nei loro problemi e aiutati a sanare le loro ferite. La disumanità in sanità comincia dal disinteresse gli uni per gli altri. Soprattutto oggi, bisogna aiutarli a non smarrire il senso della loro professione, che presuppone altruismo, dedizione e comprensione empatica. La professione sanitaria ha bisogno di radicarsi su una solida spiritualità, fondamento di identità e d’impegno responsabile.

 

Pastorale sanitaria e formazione

La formazione offre alla Chiesa l’occasione di essere presente in ambito sanitario per collegare l’uomo al trascendente, di fronte all’instabilità in cui lo induce la malattia; ad annunciare e testimoniare i valori religiosi della vita, assunti come fine a cui consacrare l’esistenza; a educare alla reciproca compassione e alla mutua solidarietà, come inizio di un autentico cammino di comunione. La gioia di amarsi, come Cristo ci ha insegnato, sarà la via privilegiata dell’evangelizzazione.

 

Ospedali, parrocchie, famiglia e santuari per la nuova evangelizzazione

Nonostante le trasformazioni organizzative e tecnologiche degli questi ultimi anni, l’ospedale rimane uno dei luoghi privilegiati per l’evangelizzazione, perché alla base del suo esistere continua ad esserci la persona malata. La pastorale in ospedale deve fare emergere la vocazione e la missione del malato e dell’operatore, perché entrambi per la loro salvezza hanno bisogno del Medico del corpo e dell’anima.[143] Soltanto prendendo coscienza della centralità dell’uomo nella sua condizione di debolezza e fragilità, l’ospedale rimarrà un “luogo in cui la relazione di cura non è mestiere, ma missione; dove la carità del Buon Samaritano è la prima cattedra e il volto dell’uomo sofferente il Volto stesso di Cristo: «l’avete fatto a me» (Mt 25, 40).[144] L’atto sanitario ha bisogno di un’anima, senza la quale rischia di scadere in un tecnicismo esasperato, come se si trattasse di una lotta dell’uomo contro se stesso.

Sono soprattutto gli Ospedali religiosi cattolici a dover accogliere la sfida della nuova evangelizzazione. Nati come opere apostoliche, sono segni concreti della presenza e dell’azione della Chiesa in sanità. Le mutate condizioni sociali e normative, le esigenze di efficientismo e le ristrutturazioni aziendali per la scarsità delle risorse economiche condizionano le motivazioni spirituali e le finalità dell’opera, fino ad offuscarne a volte l’originalità evangelica.

Anche la parrocchia deve imparare ad avvalersi della “forza missionaria” propria del malato, di chi soffre, dell’handicappato e di chi si trova in uno speciale bisogno.[145] E’ compito del Parroco e dei Sacerdoti suoi collaboratori essere “con speciale diligenza vicino ai poveri e agli ammalati, agli afflitti, a coloro che sono soli, agli esuli e a tutti coloro che attraversano particolari difficoltà”.[146] Gli ammalati siano coinvolti in tutta la vita parrocchiale, a cominciare soprattutto dalla Eucaristia della Domenica, centro dell’assemblea parrocchiale,[147] non soltanto occasionalmente.

Accanto ad ogni uomo e ad ogni donna che vive la malattia o qualsiasi altra forma di sofferenza c’è una famiglia, oppure un congiunto che evoca un nucleo familiare originario, o a cui si è appartenuto, che condivide con lui e con lei questo momento particolare della sua vita, con tutte le conseguenze del caso. Prima di qualsiasi altro, è la famiglia a dover sopportare e pagare i costi umani, sociali ed economici di una malattia. Ma anche là, dove c’è la massima dedizione e disponibilità, ci si accorge che non si può fare tutto da soli. C’è bisogno di solidarietà a tutto tondo. La comunità più prossima, che per prima deve accogliere il grido di aiuto della famiglia è la parrocchia. Spetta a lei soccorrerla nei modi e nelle forme più appropriate, perché non perda la propria unità e comunione e continui ad essere per chi soffre il punto di riferimento fondamentale. Valorizzare la presenza della famiglia accanto al malato rappresenta un fattore di umanizzazione di tutto l’ambiente sanitario.

Particolarmente importanti per la diaconia della carità verso i malati e per la nuova evangelizzazione sono i santuari, specialmente quelli mariani. La visita devota di questi luoghi santi è il segno di una speciale disponibilità interiore all’ascolto della Parola di Dio, alla riconciliazione e alla comunione eucaristica. L’esempio di Lourdes, che da più di centocinquanta anni continua ad essere meta di milioni di persone in cerca di fede, consolazione e speranza, è molto più che una prova. Nel suo pellegrinaggio a Lourdes, in occasione del 150° anniversario delle apparizioni, Papa Benedetto XVI disse: “L’incontro discreto con Bernardetta e con la Vergine Maria può cambiare una vita, perché esse sono presenti, in questo luogo di Massabielle, per condurci a Cristo, il quale è la nostra vita, la nostra forza, la nostra luce”.[148]

 

 


 

Cap. 5°   La nuova evangelizzazione e il cammino della pastorale sanitaria.

 

Gesù disse: “E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi,

altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri.

Ma vino nuovo in otri nuovi!”.

(Mc 2,22).

 

 

Con nuovo slancio interiore

Il primo a parlare di nuova evangelizzazione fin dall’inizio del suo pontificato è stato il Beato Giovanni Paolo II.[149] Successivamente ha spiegato il senso della “novità”, in rapporto all’azione missionaria della Chiesa, come “nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi, nuova nelle sue espressioni[150]. A queste tre caratteristiche Benedetto XVI ne ha aggiunta una quarta: “nuova perché necessaria anche in Paesi che hanno già ricevuto l’annuncio del Vangelo”.[151]

Nell’esortazione apostolica “Christifideles laici” il Beato Giovanni Paolo II afferma che il compito della nuova evangelizzazione è di “assicurare la crescita di una fede limpida e profonda …; formare comunità ecclesiali mature …; rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali”.[152] Un programma tuttora attuale e valido anche per le sfide che oggi stanno davanti alla Pastorale della Salute.

La Nuova evangelizzazione non richiede dunque necessariamente di inventare qualcosa di nuovo da fare, ma di promuovere e rafforzare in tutti i credenti la visione comune e condivisa della realtà che scaturisce dalla fede, che a sua volta origina un ‘nuovo’ modo di pensare la vita umana e un nuovo modo di agire nei confronti di essa per tutto ciò che la riguarda, molto diverso da quanto afferma la cultura secolarizzata dominante.

Un “nuovo ardore apostolico” lo si acquisisce attraverso una unione sempre più profonda con Cristo, primo evangelizzatore, che culmina nella pratica sacramentale, dove la gioia di comunicare la fede agli altri aiuta ad affrontare i diversi problemi alla luce della fede, porta a una coerenza di vita cristiana senza alcun fanatismo[153].

La novità dei metodi sarà invece la conseguenza della valorizzazione delle diverse forme di evangelizzazione oggi esistenti e della loro complementarietà, “se ogni membro della Chiesa diverrà protagonista della diffusione del messaggio di Cristo”.[154]

Infine,  afferma ancora il Beato Giovanni Paolo II, la novità delle “sue espressioni” richiede di stare “con gli occhi attenti a ciò che dice il Signore,   acquisire una salda conoscenza della verità di Cristo, per annunziare “la Buona Notizia con un linguaggio che tutti possano comprendere.”

Quando il Beato Giovanni Paolo II ci invita all’ascolto del Signore che parla nel suo Figlio, nelle persone e nei segni diversi della vita e dei tempi; a mettere al centro Gesù Cristo, la Verità e la Vita che libera, illumina e salva; a ricercare un linguaggio significativo per le persone di oggi e nelle loro specifiche condizioni di vita, per dire la fede e testimoniare la speranza e l’Amore che vengono da Dio, ci indica una falsariga che ci siamo sforzati di tener presente nello sviluppo di questo documento, il cui fine consiste nel fare da stimolo alla riflessione degli Operatori sanitari interessati ad un rilancio della Pastorale della salute nell’orizzonte della nuova evangelizzazione. Da questi presupposti potranno scaturire iniziative e strategie operative capaci di responsabilità in rapporto alle concrete situazioni che ciascuno vive, secondo il mandato missionario che la Chiesa ha ricevuto dal Signore Gesù.

La pastorale sanitaria dal canto suo ha bisogno di maggiore considerazione e integrazione prima di tutto dentro la Chiesa stessa. A partire dall’affermazione di una specifica visione antropologica, portatrice di un significato trascendente della vita, per la sua particolare collocazione essa rappresenta una grande opportunità di confronto e di dialogo con le altre scienze, per aiutare l’etica, la medicina, la psicologia, la sociologia, le scienze della comunicazione, la politica e la stessa economia ad  oltrepassare i limiti della propria autoreferenzalità e orientarle al servizio della vita.  

 

Per una nuova cultura della vita

E’ ancora il Beato Giovanni Paolo II a ricordarci che “siamo il popolo della vita perché Dio, nel suo amore gratuito, ci ha donato il Vangelo della vita”.[155] Soltanto a partire dalla scoperta di questa identità comune, accetteremo anche di essere "mandati nel mondo come popolo per la vita".[156]

Questo mandato in concreto comporta che la celebrazione, l'annuncio e il servizio al Vangelo della vita va fatto soprattutto nell'esistenza quotidiana.[157] Una volta accolta “la dignità ‘quasi’ divina di ogni uomo”,[158] il servizio di annuncio, di celebrazione e di amore va rivolto prima di tutto a se stessi, alla propria vita, per diventare a nostra volta testimoni credibili dello stesso servizio per la vita di tutti.

E’ ancora dall'esistenza quotidiana che prende forma la diaconia della carità verso i malati, cioè quel prendersi cura dell'altro, in quanto persona affidata da Dio alla nostra responsabilità, fino ad arrivare a prendersi cura di tutta la vita e della vita di tutti.[159]

Ad essa va strettamente collegato anche l’impegno formativo a nuovi modelli di civiltà[160] oggi altrettanto urgente e necessario. Per dare i risultati sperati esso ha bisogno di essere coniugato secondo il paradigma della nuova cultura della vita: dalla cura della propria vita alla fede nel Dio della vita, fino all'amore per tutta la vita e per la vita di tutti”, e di essere sviluppato fino alle sue ultime conseguenze.

 

Fiduciosi che la Vita e la fede vincono sempre![161]


 

Conclusione

 

 

Guidati da Papa Francesco

Nell’impegno di sviluppare, e anzitutto di vivere, una Pastorale Sanitaria nutrita dall’amore di Dio verso ogni suo figlio, specie se sofferente e malato, ci sarà di sostegno la testimonianza evangelica di Papa Francesco e il suo amore verso i più poveri e fragili.

Nel suo insegnamento è costante l’invito alla Chiesa di non chiudersi mai in se stessa, ma di uscire per portare l’annuncio del Vangelo fino alle “periferie” esistenziali, comprese quelle del dolore e delle malattia.

 

Nell’incontro con i fedeli in Piazza san Pietro, mercoledì 5 giugno, Papa Francesco ha denunciato con forza come gli stessi strumenti di comunicazione oggi tendano a dare sempre più maggiore risalto al valore del denaro, dei giochi finanziari, dimenticando la sofferenza attuale delle persone, il crescere della povertà in tutti i Paesi, la mancanza di lavoro, le ingiustizie sociali esistenti.

Ha sottolineato come la persona umana, la sua dignità, la sua stessa vita sembra non contare. Spesso la vita dei bambini e degli anziani sembra ingombrante, così come la vita dei disabili e delle persone malate.

Eppure se non si parte dalla persona con la sua inviolabile dignità, dalla cura e difesa della vita, si smarrisce il valore più grande che è l’umanità, senza la quale nessuno dei problemi che siamo chiamati ad affrontare anche socialmente, potranno trovare risposte.

 

Si tratta di un invito a riprendere nuova consapevolezza e fiducia nella luce e nella forza che può venire dal Dio dell’amore, se da noi accolto con una fede realmente vissuta e comunicata, come segno di una speranza che non delude e come sorgente di una gioia che solo in Lui può essere sperimentata.

 

La stessa recente Lettera Enciclica (Lumen Fidei) firmata da Papa Francesco, può diventare strumento prezioso, per tutta la Chiesa e per ciascuno di noi, di un più motivato e generoso impegno nel condividere la luce e la consolazione della fede con tutte le persone malate e sofferenti.

Un forte stimolo per una Pastorale Sanitaria capace di un rinnovato annuncio del Vangelo incarnato nella vita delle persone.

 


 

Appendice

 

Dalla lettera enciclica Lumen Fidei

del Sommo Pontefice Francesco.

 

Una forza consolante nella sofferenza

56. San Paolo scrivendo ai cristiani di Corinto delle sue tribolazioni e delle sue sofferenze mette in relazione la sua fede con la predicazione del Vangelo. Dice, infatti che in lui si compie il passo della Scrittura: « Ho creduto, perciò ho parlato » (2 Cor 4,13). L’Apostolo si riferisce ad un’espressione del Salmo 116, in cui il Salmista esclama: « Ho creduto anche quando dicevo: sono troppo infelice » (v. 10). Parlare della fede spesso comporta parlare anche di prove dolorose, ma appunto in esse san Paolo vede l’annuncio più convincente del Vangelo, perché è nella debolezza e nella sofferenza che emerge e si scopre la potenza di Dio che supera la nostra debolezza e la nostra sofferenza. L’Apostolo stesso si trova in una situazione di morte, che diventerà vita per i cristiani (cfr 2 Cor 4,7-12). Nell’ora della prova, la fede ci illumina, e proprio nella sofferenza e nella debolezza si rende chiaro come « noi […] non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore » (2 Cor 4,5). Il capitolo 11 della Lettera agli Ebrei si conclude con il riferimento a coloro che hanno sofferto per la fede (cfr Eb 11, 35-38), tra i quali un posto particolare lo occupa Mosè, che ha preso su di sé l’oltraggio del Cristo (cfr v. 26). Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita della fede e dell’amore. Contemplando l’unione di Cristo con il Padre, anche nel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr Mc 15,34), il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù. Perfino la morte risulta illuminata e può essere vissuta come l’ultima chiamata della fede, l’ultimo "Esci dalla tua terra" (Gen 12,1), l’ultimo "Vieni!" pronunciato dal Padre, cui ci consegniamo con la fiducia che Egli ci renderà saldi anche nel passo definitivo.

57. La luce della fede non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo. Per quanti uomini e donne di fede i sofferenti sono stati mediatori di luce! Così per san Francesco d’Assisi il lebbroso, o per la Beata Madre Teresa di Calcutta i suoi poveri. Hanno capito il mistero che c’è in loro. Avvicinandosi ad essi non hanno certo cancellato tutte le loro sofferenze, né hanno potuto spiegare ogni male. La fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, « dà origine alla fede e la porta a compimento » (Eb 12,2).

La sofferenza ci ricorda che il servizio della fede al bene comune è sempre servizio di speranza, che guarda in avanti, sapendo che solo da Dio, dal futuro che viene da Gesù risorto, può trovare fondamenta solide e durature la nostra società. In questo senso, la fede è congiunta alla speranza perché, anche se la nostra dimora quaggiù si va distruggendo, c’è una dimora eterna che Dio ha ormai inaugurato in Cristo, nel suo corpo (cfr 2 Cor 4,16–5,5). Il dinamismo di fede, speranza e carità (cfr 1 Ts 1,3; 1 Cor 13,13) ci fa così abbracciare le preoccupazioni di tutti gli uomini, nel nostro cammino verso quella città, « il cui architetto e costruttore è Dio stesso » (Eb 11,10), perché « la speranza non delude » (Rm 5,5).

Nell’unità con la fede e la carità, la speranza ci proietta verso un futuro certo, che si colloca in una prospettiva diversa rispetto alle proposte illusorie degli idoli del mondo, ma che dona nuovo slancio e nuova forza al vivere quotidiano. Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino, che "frammentano" il tempo, trasformandolo in spazio. Il tempo è sempre superiore allo spazio. Lo spazio cristallizza i processi, il tempo proietta invece verso il futuro e spinge a camminare con speranza.


 

Indice

 

Presentazione                                                                             1

 

Introduzione                                                                     

·        L’esempio e il mandato di Gesù                                                 6

·        L’Anno della fede e la XIII Assemblea ordinaria del Sinodo    7

·        La Pastorale sanitaria per la nuova evangelizzazione               8

·        I punti di riferimento                                                                 9

·        La struttura                                                                                10

 

Cap. 1° Cambiamenti e trasformazioni provocati dai nuovi scenari nell’ambito della pastorale sanitaria

·        Con la compassione di Gesù per l’uomo di oggi                       12

·        La vita umana e il problema antropologico                              13

·        Salute, malattia, sofferenza e morte                                          15

·        Le patologie spirituali: depressione e tossicodipendenze         17

·        Medicina e secolarizzazione                                                       18

·        Politica, economia e sistemi sanitari                                         20

·        Sanità e migrazioni                                                                     20

 

Cap. 2° Il Vangelo della misericordia per la nuova evangelizzazione

·        Ripartire dall’annuncio del regno di Dio                                   22

·        Il Vangelo della vita                                                                    23

·        Il Vangelo della vita per la nuova evangelizzazione                   25

·        Evangelizzazione e conoscenza                                                  27

 

Cap. 3° La Pastorale sanitaria per la trasmissione della fede

·        La Pastorale sanitaria come processo di evangelizzazione       28

·        Pastorale sanitaria e iniziazione alla fede                                  31

·        Accoglienza, ascolto e primo annuncio                                              32

·        Misericordia e guarigione                                                          34

·        Comunione, sofferenza e speranza                                            35

 

Cap. 4° La diaconia della carità verso e con i malati e la nuova evangelizzazione

·        Il malato soggetto attivo nella Chiesa                                       38

·        La pastorale sanitaria per una Chiesa comunità sanante                  39

·        La pastorale sanitaria per la società                                          40

·        Altri soggetti della pastorale sanitaria: i Cappellani e gli Operatori sanitari                                                                                         41

·        Pastorale sanitaria e formazione                                                41

·        Ospedali, parrocchie, famiglia e santuari per la nuova evangelizzazione                                                                  42                       

Cap. 5°   La nuova    evangelizzazione e il cammino della Pastorale della salute 

·        Con nuovo slancio interiore                                                       45

·        Per una nuova cultura della vita                                                47

 

Conclusione                                                                                

·        Guidati da Papa Francesco                                                       49

 

 

Appendice                                                                                             

·        Lumen Fidei  nn. 56 e 57.                                                        51

 

Indice                                                                                            53                                                                                                     

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[1] XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi 7-28 OTTOBRE 2012, Messaggio al Popolo di Dio n.7.
 
[2]Ibidem n. 10.
XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi 7-28/10/2012, Elenco finale delle Proposizioni, n. 32.
[4] Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Salvifici Doloris, n. 2.
[5] Lc 9,2ss; Mt.10,1ss.; Mc. 6,7ss
[6] GIOVANNI PAOLO II, Motu proprio Dolentium Hominum n. 1.
[7] Cfr. Mt 25,36
[8] Cfr 1Pt 2,12.
[9]Pontificio Consiglio della pastorale per gli Operatori sanitari, Pastorale sanitaria e nuova evangelizzazione dell’Europa, alla luce dalla ‘Declaratio’ sinodale del 14/12/1991, Città del Vaticano 1992. 
[10] Benedetto XVI, Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio “Porta Fidei”, n.4.
[11] XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, Lineamenta, n.6.
[12]Ibidem
[13]Benedetto XVI, Omelia della S. Messa di apertura dell’Anno della fede, Città del Vaticano, 11/10/2012.
[14] XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, Elenco finale delle proposizioni.
[15] Benedetto XVI, Omelia della S. Messa di apertura dell’Anno della fede, Città del Vaticano, 11/10/2012.
[16] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera ap. Salvifici Doloris n. 3.
[17] Evangelium Vitae, nn. 78ss.
[18] Cfr. Mt 12,33 .
[19]GS 1.
[20]Cfr. Mt 9,36   
[21]  Cfr. Gv 1,14
[22] Cfr Gv 10,14
[23] Lineamenta n.6.
[24] Ibidem, n.6.
[25] Ibidem, 9.
[26] Ibidem, 28.
[27] Ibidem, 12.
[28] Ibidem
[29] Ibidem, 19
[30] Ibidem
[31] Ibidem
[32] Ibidem, 17
[33] Ibidem
[34] Ibidem, 14.
[35] BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in Veritate n. 75.
[36]J. Ratzinger, Omelia Pro Eligendo Romano Pontifice, Roma 18/04/2005.
[37] E. V. 15.
[38]Certo, l'uomo non può riscattare se stesso né pagare a Dio il proprio prezzo. Troppo caro sarebbe il riscatto di una vita: non sarà mai sufficiente per vivere senza fine e non vedere la fossa”. Sal. 49,8-10.
[39] “Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.” Gv 10,10.
[40]Allénati nella vera fede, perché l'esercizio fisico è utile a poco, mentre la vera fede è utile a tutto, portando con sé la promessa della vita presente e di quella futura  1 Tim 4,7-8.
[41] “Salute per tutti entro il 2000”, Dichiarazione dell’Ufficio europeo OMS, 1984.
[42] EV. n. 64.
[43] Ibidem
[44] Ibidem
[45] Secondo l’OMS  nel 2020 la depressione sarà la seconda causa di malattia e invalidità nei Paesi Occidentali.
[46] Soltanto in Italia, il consumo di psicofarmaci negli ultimi dieci anni è più che quadruplicato.
[47] Secondo il rapporto 2012 dell’Ufficio ONU per la droga e il crimine organizzato, oggi nel mondo sono 230 milioni (in rapporto 1/20) le persone che fanno abitualmente uso di droghe illegali.
[48] Cfr. Lineamenta n.6.
[49] EV n. 4.
[50] BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Spe Salvi nn.16ss.
[51] Ibidem, 18ss.
[52]  Cfr. EV 89.
[53] Cfr. Lc 10,31ss.
[54] Lineamenta n.6.
[55] Cfr. BENEDETTO XVI, Lettera enciclica Caritas in Veritate nn. 25 e 28.
[56] Il primo grande allarme è avvenuto in occasione dell’isolamento del virus H5N1, che tra il 1996 e il 2007 ha infettato circa 150 milioni di uccelli, causando anche la morte di coloro che sono venuti in contatto con animali contagiati.
Nel 2009 si diffuse in tutto il mondo un altro allarme per la cosiddetta influenza australiana, causata dal virus H1N1, per la quale ci fu una campagna di prevenzione sproporzionato rispetto all’effettiva incidenza dell’epidemia.
[57] Mc 1,15.
[58] “Gesù rispose loro: "Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!". Mt. 11,4-6.
[59]Madre Teresa proclama il Vangelo con la sua vita tutta donata ai poveri, ma, al tempo stesso, avvolta dalla preghiera.”. Giovanni Paolo II, Omelia per la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta – Roma, 19/10/2003.
[60] At. 5,12-16.
[61] Lineamenta 13
[62]  È allora dalla parola, dall'azione, dalla persona stessa di Gesù che all'uomo è data la possibilità di «conoscere» la verità intera circa il valore della vita umana; è da quella «fonte» che gli viene, in particolare, la capacità di «fare» perfettamente tale verità (cf. Gv 3, 21), ossia di assumere e realizzare in pienezza la responsabilità di amare e servire, di difendere e promuovere la vita umana”. EV.  n. 29.
[63] Gv 16,13.
[64] EV. n. 30.
[65] EV. n. 84
[66] Ibidem, 19
[67] Ibidem
[68]Quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me” Gv 12,32.
[69]A te, che ascolti la preghiera,viene ogni mortale.” Sal. 65,3.
[70] “Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò” Mc 10,21.
[71] Cfr. Gv 10,10.
[72] Mc 5,34 e parr.
[73] “Padre Pio è stato generoso dispensatore della misericordia divina, rendendosi a tutti disponibile attraverso l'accoglienza, la direzione spirituale, e specialmente l'amministrazione del sacramento della Penitenza.” Giovanni Paolo II, Omelia per la canonizzazione, Roma 16/06/2002.
[74]Sinodo dei Vescovi, XIII Assemblea Generale Ordinaria, La Nuova Evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, Instrumentum laboris, 39.
[75] Ibidem, 40.
[76] Ef. 5,27.
[77]  In lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito” Ef. 2,22.
[78] Cfr. 1Cor. 15,45
[79] Lc 9,2
[80] EV. n. 30.
[81]Insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento” 2Tm 4,2.
[82] Instrumentum Laboris  n. 154.
[83] Vedi i capp. 8 e 9 di Mt. e i rispettivi riferimenti paralleli  negli altri due sinottici e in Giovanni. Per quanto riguarda la chiesa, vedi anche At 3, 1ss; 9,32ss.; 9,36ss.; 14,8ss.; 20,7ss.
Vedi anche “II Signore Gesù Cristo, medico delle nostre anime e dei nostri corpi, colui che ha rimesso i peccati al paralitico e gli ha reso la salute del corpo, ha voluto che la sua Chiesa continui, nella forza dello Spirito Santo, la sua opera di guarigione e di salvezza, anche presso le proprie membra. È lo scopo dei due sacramenti di guarigione: del sacramento della Penitenza e dell’Unzione degli infermi”. (CCC 1421).
[84] Cfr. Lc 10,30 ss.
La comunità cristiana ha ritrascritto, di secolo in secolo nell'immensa moltitudine delle persone malate e sofferenti, la parabola evangelica del buon Samaritano, rivelando e comunicando l'amore di guarigione e di consolazione di Gesù Cristo.” GIOVANNI PAOLO II, Esortazione ap. Christifideles Laici n. 53.
[85]  E' necessario che questa preziosissima eredità, che la Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo «medico di carne e di spirito», non solo non venga mai meno, ma sia sempre più valorizzata e arricchita attraverso una ripresa e un rilancio deciso di un'azione pastorale per e con i malati e i sofferenti. Dev'essere un'azione capace di sostenere e di promuovere attenzione, vicinanza, presenza, ascolto, dialogo, condivisione e aiuto concreto verso l'uomo nei momenti nei quali, a causa della malattia e della sofferenza, sono messe a dura prova non solo la sua fiducia nella vita ma anche la sua stessa fede in Dio e nel suo amore di Padre. Questo rilancio pastorale ha la sua espressione più significativa nella celebrazione sacramentale con e per gli ammalati, come fortezza nel dolore e nella debolezza, come speranza nella disperazione, come luogo d'incontro e di festa. Christifideles Laici n. 54.
[86] Cfr CL 54
[87] Gaudium et Spes 22.
[88] Instrumentum Laboris n.23.
[89] CL n. 54
[90] Cfr. Lc 7,50pp.
[91] Cfr. Gv 10,10.
[92] Cfr. Instrumentum Laboris. 166.
[93] Cfr. Mc 4,31
[94] Cfr. Gv 15,16.
[95] Cfr. Mc 4,3ss.
[96] Gc 5,14-15.
[97] “Instituta est autem sacra haec unctio infirmorum tamquam vere et proprie sacramentum novi testamenti a Christo domino nostro, apud Marcum quidem insinuatum (Mc. 6,13), per Iacobum autem apostolum ac Domini fratrem fidelibus commendatum ac promulgatum”:  DS. n. 1695.
[98] Cfr. CL n. 54.
[99] Cfr. Ibidem, n. 54
[100] Ibidem, n. 54.
[101] Cfr. Mt 25,40.
[102] Cfr. Gc 5,14.16.       
[103] Cfr. Gc 5,14-15.
[104] Cfr. SD n. 3
[105] Cfr. Mc 10,47 e Gc 5,14
[106] Cfr. Mt 25,40.
[107] Cfr. Es 3,7-8.
[108] Cfr. Lc 24,17.
[109] GS 1
[110] Cfr. Deut. 6,4ss.
[111] Cfr. Mt 7,24.
[112] Cfr. Mt 4,23.
[113] Lineamenta 19.
[114] Mt 6,10.
[115] Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Esortazione ap. Reconciliatio et poenitantia n.14.
[116] Cfr. Rom 6,16
[117] “la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile che porta alla salvezza, mentre la tristezza del mondo produce la morte” 2Cor 7,10.
[118] Cfr Lc 15,17s
[119] Cfr. Gv 20,27.
[120] Cfr. Gv 1,14.
[121] “Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda” Gv 6,55.
[122] Cfr Gv 1,12.
[123] Gal 6,2
[124] Lumen Gentium n.1.
[125] SD n. 23.
[126]questo senso si manifesta insieme con l'opera dell'amore di Dio, che è il dono supremo dello Spirito Santo. Man mano che partecipa a questo amore, l'uomo si ritrova fino in fondo nella sofferenza: ritrova « l'anima », che gli sembrava di aver «perduto» a causa della sofferenza.” SD 23.
[127] Cfr. SD nn. 25-27.
[128]Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa.” Col 1,24.
[129]La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori  per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” Rom. 5,5.
[130]GIOVANNI PAOLO II, Esortazione ap. Ecclesia in Europa n. 4.
[131] Ibidem, n.5
[132] Ibidem, capp. 3-5
[133] Cfr Mt 25,40
[134] Cfr. XIII Assemblea Ordinaria del Sinodo, Proposizione n. 32.
[135] Cfr. SD 3; CL 53-54.
[136] Cfr SD 3.
[137] CL 54.
[138] Cfr CL 53
[139] Cfr LG 1
[140] Cfr SD 31
[141] Cfr SD 29.
[142] XIII Assemblea ordinaria del Sinodo, Proposizione n.32.
[143] Cfr Mc 2,17
[144] Benedetto XVI, Discorso all’Università cattolica del Sacro Cuore,Roma, 03/05/2012.
[145] Cfr. XIII Assemblea ordinaria del Sinodo, Proposizione n.32.
[146] CJC can 529 par 1.
[147] Cfr. CJC can 528 par 2.
[148] Benedetto XVI, Omelia “Aux flambeaux” 13/09/2008.
[149] Omelia al santuario di S. Croce , Mogila (Polonia) 09/06/1979
[150] Discorso alla XIX Assemblea del CELAM, Port au Prince, 09/03/1983.
[151] Omelia dei Primi Vespri nella solennità dei Santi Pietro e Paolo, Basilica di S. Paolo Fuori le Mura, Roma, 28/06/2010.
[152]  Christifideles laici, n. 34
[153] Giovanni Paolo II, Insegnamenti VI,1, 1983, pp. 696-699.
[154] Ibidem.
[155] EV. n. 79
[156] Ibidem 83.
[157] Ibidem, 86.
[158] Ibidem, 84
[159] Ibidem, 87.
[160]  Ibidem, 86 e 88.
[161] “Abbiate coraggio, io ho vinto il mondo!” Gv 16,33; “Questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.” 1Gv 5,4.

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