RAPHAEL, periodico dell'Unione Cattolica Farmacisti Italiani


 ------------------------------------------------------------
2° Assemblea Nazionale 2010 dell’UCFI - Roma 20/11/2010
Il Farmacista educatore e
la Farmacia luogo di educazione
alla vita buona del Vangelo
Relazione dell’Ass. Nazionale UCFI, don Marco Belladelli
-----------------------------------------------------------------------------------------
  1. Perché un Farmacista dovrebbe oggi aderire all’UCFI?
Quasi due anni fa, ho iniziato il mio ministero di Ass. Nazionale UCFI con questa domanda. Come dichiaravo nell’articolo con cui mi sono presentato su Raphael, l’obiettivo era di trovare motivazioni per favorire l’adesione di altri farmacisti alla nostra associazione.
Girando per l’Italia in occasione delle Ass. Regionali e di altri incontri di animazione, e confrontandomi con altre realtà ecclesiali simili alla nostra, mi son sentito rivolgere altre domande del tipo:
Che cosa avete di particolare da proporre?
Avete un vostro progetto Associativo cadenzato in programmi annuali?

2.    Il progetto UCFI
In occasione delle varie Ass. Regionali (Umbria - Emilia Romagna - Lombardia), insieme al presidente Nazionale, abbiamo proposto delle linee operative, indicando pure modalità e ambiti operativi concreti, dove l’UCFI può prendere l’iniziative o collaborare con altri, sfruttando tutte le risorse e le opportunità professionali, ecclesiali e umane che il proprio territorio offre. Le riassumo qui di seguito perché siano chiare a tutti:
  • Formazione e animazione spirituale della nostra categoria professione da soli o in collaborazione con gli Uffici diocesani di Pastorale sanitaria;
  • Formazione e animazione etico-professionale in collaborazione con gli Ordini provinciali e altre agenzie formative di chiesa e non;
  • Promozione o collaborazione ad iniziative di carattere solidaristico e/o caritativo (Farmacia Caritas; Raccolta e fornitura farmaci al terzo e al quarto mondo; ecc.);
  • Promozione e/o collaborazione ad iniziative di carattere culturale e di fraternità, miranti a stringere rapporti di amicizia o di complicità con persone, Associazioni, Istituzioni o Enti a noi vicini in senso professionale, ecclesiale e umano.
  • Curare la comunicazione, non tanto per la visibilità, quanto piuttosto per una testimonianza di Amore e di Verità responsabile (Caritas in Veritate).

3.    Il laboratorio UCFI
Nell’ultimo numero di Raphael (gennaio/giugno 2010), a proposito della nostra battaglia per l’Obiezione di coscienza, parlavo dell’ UCFI come di una minoranza creativa, cioè capace di testimoniare i valori non negoziabili della vita umana secondo la visione cristiana, fino a determinare in nome di essi lo sviluppo futuro della società. Detto in altri termini significa essere evangelicamente fermento nella massa (“Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta.” Gal 5,9). La dialettica del confronto è stata importante e positiva, perché, pur nel rispetto delle diverse sensibilità, ci ha aiutato a riconoscere le nostre comuni radici e la nostra comune identità, come base di partenza per i futuri percorsi che ora vado delineando.
Anche se le preparazioni galeniche sono ormai archeologia, per quel poco che so è vedo, non c’è farmacia che non abbia un laboratorio. Metaforicamente, vorrei farvi tornare tutti in laboratorio. La foto sottostante ci mostra che sono stati recentemente pubblicati gli Orientamenti pastorali della CEI per il prossimo decennio, 2010-2020. I nostri Vescovi hanno scelto come tema giuda quello della Educazione, non intesa genericamente, ma Educare alla vita buona del Vangelo.
D’altro canto, nel contesto del SSN., la farmacia si sta gradualmente trasformando in un vero e proprio presidio sanitario territoriale. Una cosa però è dare spazio ad altre professionalità e servizi paralleli; diverso invece è investire sulla nostra professionalità. Coniugandoli insieme, i due termini (educazione e professione) ci forniscono la pista di ricerca su cui vorrei invitarvi a lavorare nel cosiddetto laboratorio UCFI e che ora vado esplicitando nelle domande che seguono:
·         Possiamo pensare e parlare di un modello di farmacista/farmacia cattolica a cui ispirarci?
·         Che cosa significa per un farmacista essere un educatore alla buona vita del Vangelo?
·         E’ possibile pensare alla farmacia come ad un luogo di educazione alla salute, e più specificatamente alla vita buona del Vangelo?
Sono domande su cui riflettere e su cui provare a sperimentare un modello operativo.
In attesa di sentire e raccogliere le vostre esperienze sulle quali ci confronteremo per trarre da questo prezioso patrimonio le risposte adeguate agli interrogativi posti, voglio richiamare la vostra attenzione su un altro aspetto di mia specifica competenza,  che mi sembra fino ad oggi carente: quello della spiritualità del farmacista. Per crescere nella comunione e nella complicità reciproca, e per affrontare le sfide, che come professionisti cristiani ci stanno davanti, abbiamo bisogno di ritrovarci in un nostro paradigma di vita spirituale, che sappia sintetizzare il nostro comune (e diverso per sensibilità) riferimento a Cristo (la fede) e la specificità del nostro impegno professionale.
Come vedete, nel laboratorio c’è lavoro anche per me. Che Dio e tutti i nostri santi protettori ci benedicano e ci guidino sulla via dell’edificazione del Regno di Dio.
Don Marco Belladelli.

Roma, 20 Novembre 2010.


------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
UCFI, minoranza creativa.
In occasione del viaggio nella Repubblica Ceca, a chi gli chiedeva ragione di quella visita ad una Chiesa in una condizione sociale e culturale di minoranza, Benedetto XVI ha detto: Normalmente sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva ed attuale. Con il Convegno Nazionale del 23 Ottobre scorso su “OBIEZIONE DI COSCIENZA DEL FARMACISTA, TRA DIRITTO E DOVERE”, mi pare che anche l’UCFI si sia proposta a se stessa, a tutta la categoria professionale dei farmacisti e all’intera società italiana come “minoranza creativa”.
L’impegno, chiestoci dal Santo Padre stesso nell’Ottobre del 2007, per vedere riconosciuto il diritto all’obiezione di coscienza, ci ha meritato  la presenza di Mons. Mariano Crociata, Segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, al nostro convegno. Nella sua relazione ha evidenziato il grande valore cristiano e umano di questa nostra battaglia. Il suo intervento, oltre ad attirare l’attenzione delle più importanti agenzie d’informazione nazionali, che ha dato all’evento una risonanza tanto ampia, quanto inattesa, ha avuto il significato di un sostegno non personale, ma di tutta la Chiesa italiana, esplicitamente confermato dal Cardinal Angelo Bagnasco, Presidente della CEI, quando nella sua prolusione di apertura dell’assemblea dei Vescovi del Novembre scorso, ha di nuovo ribadito la liceità del diritto/dovere all’obiezione di coscienza dei Farmacisti. I contributi degli altri Relatori hanno ragionevolmente sciolto ogni dubbio circa la legittimità di invocare tale diritto per la cosiddetta pillola del giorno dopo. Legittimità insidiata unicamente da chi si colloca ideologicamente su posizioni radicalmente opposte alle nostre, spesso purtroppo avvallate anche da certa magistratura non del tutto imparziale, e da chi, per quieto vivere, preferisce non porsi il problema ed adeguarsi al “così fan tutti!”.
Mai nella loro storia i Farmacisti Cattolici si erano direttamente esposti in un dibattito pubblico tanto rilevante e delicato dal punto di vista etico ed umano, sociale e politico, come è successo per l’obiezione di coscienza. Il forte sostegno venuto da tutta la Chiesa, con gli autorevoli pronunciamenti dal Papa fino a Segretario della CEI, conferma la bontà della battaglia intrapresa. Per l’UCFI questo sforzo ha significato una crescita nella consapevolezza della propria identità cristiana e professionale. Il riconoscimento del diritto all’obiezione di coscienza rappresenterà invece una conquista per l’intera categoria dei farmacisti e un concreto orientamento a favore della vita per tutta la società italiana. L’UCFI si è trovata a svolgere questo compito di “minoranza creativa” forse un po’ inconsapevolmente, ma non per questo con meno determinazione ed efficacia. Questo impegno va ora integrato con il recupero della funzione educativa sanitaria ed etica propria della nostra professione, per non lasciare campo libero ai troppi falsi maestri e testimoni del nostro tempo, anche a costo di qualche sacrificio.
Don Marco Belladelli.
Assistente nazionale UCFI
Roma, 9/12/2009.

Perché un convegno sull’obiezione di coscienza?
Da quando nell’Ottobre del 2000, la cosiddetta “pillola del giorno dopo” è stata commercializzata anche in Italia, le polemiche si sono sprecate.
Prima di tutto per l’equivoca catalogazione come “contraccettivo d’emergenza”, su cui hanno impegnato la loro diversa autorità e competenza l’allora Presidente del Consiglio, Giuliano Amato, e il suo Ministro della salute, Umberto Veronesi. Basta sfogliare le rassegne stampa di quel periodo e leggere le loro dichiarazioni in cui negavano l’effetto abortivo del levonorgestrel. Queste affermazioni venivano smentite esattamente un anno dopo da una sentenza del TAR del Lazio, che imponeva alle ditte produttrici di aggiornare il foglietto illustrativo allegato, esplicitando l’azione del farmaco sull’ovulo fecondato. In sostanza si riconosceva che la pillola del giorno dopo, impedendo l’annidamento dell’embrione nell’utero, ha un effetto abortivo.
A questo punto è cominciata la battaglia contro gli Operatori sanitari, soprattutto medici e farmacisti, che negavano il farmaco, invocando il diritto all’obiezione di coscienza. Il 29 Ottobre 2007, in occasione del congresso della Federazione internazionale dei Farmacisti cattolici, il Santo Padre, Benedetto XVI, si è autorevolmente e chiaramente pronunciato a favore del diritto all’obiezione di coscienza di questa specifica categoria professionale, per quei farmaci contrari alla vita, cioè con finalità abortive ed eutanasiche. Anche questa volta abbiamo registrato la scesa in campo di un Ministro della Repubblica, l’on. Livia Turco, la quale, nonostante la sentenza del TAR, ribadiva il valore di contraccettivo d’emergenza e di strumento antiabortivo della pillola del giorno dopo, e impegnava tutta la sua autorità istituzionale e politica per garantire l’accesso al farmaco, chiedendo ai cittadini di segnalare direttamente all’URP del Ministero i casi in cui si fossero state disattese le sue direttive.
Dopo quell’intervento lo scontro si è fatto più aspro, soprattutto nei confronti dei farmacisti, con l’incitamento da parte delle organizzazioni abortiste radicali a denunciare gli obiettori, fino ad arrivare addirittura a veri e propri assalti alle farmacie. Sul piano dialettico si vive invece un’assurda e paralizzante contrapposizione tra chi ritiene che il diritto del farmacista all’obiezione di coscienza sia già giuridicamente riconosciuto e tutelato, e chi invece assolutamente lo nega, perché non c’è una legge che lo affermi esplicitamente.
Ecco perché era necessario un Convegno nel quale affrontare la questione in modo aperto e approfondito. Dai lavori di oggi ci aspettiamo che emergano contenuti chiari e condivisi, tali da rappresentare un punto d’incontro e di coesione, non soltanto per l’UCFI, ma per tutta la categoria professionale dei Farmacisti. Agli illustri relatori, che gentilmente si sono resi disponibili ad aiutarci in questa ricerca del Vero e del Bene, chiediamo di capire come si pone oggi il problema dell’obiezione di coscienza del farmacista dal punto di vista giuridico, per chi sente l’obbligo morale di non collaborare con chi, anche solo intenzionalmente, vuole abortire. Grazie!
Don Marco Belladelli
Assistente Nazionale UCFI
Roma, 23 Ottobre 2009

Grazie, Monsignor Zimowski !
Una delle note più positive delle GIORNATE FEDERALI  di Poznan è stata senza dubbio la presenza dell’Arcivescovo, S. Ecc. Monsignor Zigmunt Zimowski, Vescovo emerito di Radom, nominato il 18 Aprile scorso dal Santo Padre, Benedetto XVI, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della salute.
Lo abbiamo incontrato sabato mattina in cattedrale, dove ha concelebrato la S. Messa, presieduta dall’Arcivescovo di Poznan, Monsignor Stanislaw Gadecki. Ha seguito puntualmente, insieme ai presenti, tutti i lavori in programma. Domenica mattina ha presieduto la S. Messa nella cappella del Seminario e nella seconda parte della mattinata ha svolto una relazione molto interessante sul tema: “La crisi economica mondiale e l’accesso ai farmaci per i più poveri, specialmente per i bambini”. Con i suoi interventi, le sue osservazioni e i suoi suggerimenti è stato un prezioso animatore.
Inoltre, ci ha fatto molto piacere sapere dell’interesse del Papa, Benedetto XVI, per il nostro incontro, da lui stesso informato, del quale si è fatto pure tramite della apostolica benedizione per tutti noi.
Sua è stata anche la proposta di scrivere una lettera al Santo Padre per ringraziarlo di tanta attenzione e per renderlo partecipe del lavoro svolto, lettera, che trovate riportata qui sotto di seguito.
La sua intervista poi a Radio vaticana, nella quale ha ricordato che le GIORNATE di Poznan era in continuità con quanto il Santo Padre ci aveva raccomandato nell’udienza del 29 Ottobre 2007 in occasione del 25 Congresso F.I.P.C., soprattutto a proposito della controversa questione dell’obiezione di coscienza del farmacista, ha suscitato una vivace reazione della stampa italiana, tanto da trovare un insperato risalto sulle maggiori testate giornalistiche e televisive nazionali.
Grazie, Eccellenza, per tutto questo, certi che la sua stimolante presenza accanto a noi rappresenterà anche per il futuro un punto di riferimento essenziale per la nostra testimonianza cristiana per il nostro impegno a servizio della vita.

Don Marco Belladelli
Assistente nazionale UCFI
30 Settembre 2009.
------------------------------------------------------------
Il Papa in Terra Santa, un cristiano nel mondo.
Se da quarant’anni a questa parte i viaggi del Papa non sono più una assoluta novità, quando però la meta è la Terra Santa, assumono una rilevanza speciale, prima per il luogo, origine della storia cristiana, e poi per la delicata situazione geopolitica e religiosa di quella parte del mondo, da sempre crocevia di popoli e culture, e nello stesso tempo intricato nodo gordiano, fino ad oggi insolubile, di guerre e conflitti di ogni genere.
Dopo la partenza di S. Pietro da Gerusalemme, per sfuggire alle persecuzione dei giudei, Benedetto XVI è il terzo suo successore a tornare dove ha vissuto il Signore Gesù e ha avuto inizio la predicazione del Vangelo. Non è un caso che questo viaggio sia stato definito un Pellegrinaggio. Per ogni cristiano, recarsi in Terra Santa, significa tornare alle sorgenti della propria fede.
Rivedere le immagini e riascoltare i discorsi di quel viaggio a distanza di tempo, senza il condizionamento dalla morbosità sensazionalistica e vorace dei mass media, permette di avere una migliore comprensione del suo valore e della suo significato, tenendo conto soprattutto delle finalità fissate dal Papa stesso, e cioè: confortare i cristiani di quelle regioni tanto tribolate, confermandoli nella fede e nella speranza, e contribuire con la sua presenza ad un vero e concreto processo di pace per tutti; obiettivi che non hanno niente a che vedere con le attese, spesso pregiudiziali, della stampa internazionale, dettate quasi esclusivamente dalla logica del politicamente corretto.
Il contributo specifico di Benedetto XVI al processo di pace in medio oriente si riassume in quello straordinario esempio di dialogo che è stato il filo conduttore di tutti i suoi incontri. Sia in Giordania, che in Israele, davanti ai mussulmani come agli ebrei, Papa Ratzinger ha sempre dimostrato grande rispetto e interesse per i suoi ospiti e per tutto quello che li caratterizzava, senza mai venir meno a quella che è la sua identità e la sua missione, cioè quella di testimoniare la propria fede e di annunciare il Vangelo di Cristo. Ha visitato i luoghi sacri islamici, come lo Yad Vashem, è stato al muro del pianto, come alla spianata delle moschee, dimostrando un’intensa partecipazione per ciò che questi luoghi da sempre evocano e significano per tanti uomini e donne. Nei discorsi pronunciati nelle varie occasioni sopra citate ritroviamo lo spirito e il cuore di un cristiano, che condivide e com-patisce le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dei fratelli che incontra, chiunque essi siano, senza fare distinzione di persone, con lo stesso afflato di carità proprio del buon samaritano.
Lo scopo principale del viaggio era comunque quello di confortare i cristiani, provati da oltre sessant’anni di scontri bellici e terroristici tra palestinesi ed ebrei, e di confermarli nella fede e nella testimonianza, di fronte alla forte tentazione di abbandonare i luoghi santi, come unica possibilità per sopravvivere. Nel 2000 erano il 7% della popolazione, oggi sono soltanto il 2%. Nelle parole e nei gesti di sincero apprezzamento e sostegno per tutto ciò che sono e fanno le comunità cristiane presenti in Palestina, si è evidenziato l’impegno forte e fedele del successore di Pietro a confermare i fratelli (cfr Lc 22,32), secondo quanto disse Gesù stesso durante l’ultima cena. 
Alla fine, ciò che più mi ha impressionato di questo viaggio è il vedere il Papa mostrarsi agli altri come un semplice ed umile cristiano, né più e né meno, senza retorica o enfasi, senza chiedere sconti o vantaggi, sia che si trattasse di affrontare l’atmosfera drammatica dello Yad Vashem, o la pregiudiziale altezzosità del Gran Rabbinato, che ci si dovesse togliere le scarpe per entrare in moschea, in ossequio alle tradizioni islamiche, o assistere alle rappresentazioni un po’ ingenue e partigiane dei ragazzi palestinesi.
E’ sempre la mansuetudine dell’agnello la vera forza che vince il mondo.
Don Marco Belladelli
Assistente nazionale UCFI
16 Giugno 2009.

Giugno 2009- Giugno 2010
Anno Sacerdotale
Il 16 Marzo scorso durante l’udienza concessa ai Membri della Congregazione per il Clero, il Papa ha annunciato l’indizione di uno speciale Anno sacerdotale. Inizierà il 19 Giugno prossimo, solennità del Sacro Cuore, giornata di preghiera per la santificazione dei sacerdoti, e si concluderà lo stesso giorno nel 2010 con un grande raduno mondiale di preti in piazza San Pietro. Coinciderà anche con i 150 anni della morte di San Giovanni Maria Vianney, meglio conosciuto come il santo Curato d’Ars, che verrà proclamato Patrono di tutti i sacerdoti del mondo. Il tema scelto come filo conduttore delle varie manifestazioni che si svolgeranno durante tutto l’anno è Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote. Sarà anche pubblicato un Direttorio per la confessione e per la direzione spirituale, insieme ad una raccolta di testi di Benedetto XVI sulla vita e la missione del prete nella società di oggi. I Vescovi e i Superiori Maggiori dei vari Ordini e Istituti religiosi sono chiamati a promuovere iniziative spirituali, culturali e pastorali, perché tutti imparino ad apprezzare e valorizzare la persona del sacerdote e il suo ministero. Come ha spiegato il Cardinal Claudio Hummes, Prefetto della Congregazione per il Clero, in una lettera del 19/05 scorso, attraverso l’Anno sacerdotale si vuole suscitare nella Chiesa e nel mondo uno speciale sostegno pubblico a favore dei sacerdoti, dimostrando loro amore, stima e ammirazione per ciò che essi rappresentano e per l’importanza insostituibile del loro ministero a favore del popolo di Dio.
Un anno e mezzo fa, con una lettera dell’08/12/07, intitolata: Adorazione Eucaristica per la Santificazione dei Sacerdoti e Maternità Spirituale”, la stessa Congregazione per il Clero aveva lanciato una campagna con la quale si invitavano i fedeli ad offrire preghiere, sacrifici e soprattutto ore di adorazione eucaristica a favore della vita spirituale dei preti, che molti organi di stampa hanno chiamato “Adotta un prete!”.
Tanta attenzione, tutta in una volta, da parte dei massimi vertici della Chiesa a sostegno dei preti, oltre che un atto per valorizzare il ministero ordinato, sembra quasi un grido d’allarme per una situazione delicata e problematica, forse per troppo tempo trascurata e sottovalutata nelle sue dimensioni e gravità. Vengono in mente i mea culpa pronunciati da Benedetto XVI lo scorso anno in America e in Australia per i casi di pedofilia che hanno avuto come protagonisti dei preti. Come pure il documento del Novembre 2005 della Congregazione per l’Educazione Cattolica con cui si vietava l’accoglienza tra i candidati al sacerdozio e alla vita religiosa di persone che “praticano l'omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay.”.
Prima ancora di questi aspetti problematici, fortunatamente presenti tra il clero in una percentuale inferiore rispetto alle dimensioni che questi fenomeni hanno assunto nella società odierna, preoccupa molto più il calo delle vocazioni (in Europa assistiamo ad una caduta verticale), i molti abbandoni del ministero, soprattutto negli anni successivi al Concilio, e il conseguente invecchiamento dei sacerdoti. Un’indagine condotta dalla Fondazione Agnelli quattro anni fa evidenziava che l’età media del clero diocesano, cioè dei preti che troviamo nelle nostre parrocchie, oggi in Italia supera i 60 anni.
Ma il vero nocciolo della questione non è tanto la quantità, quanto la qualità della vita e del ministero del sacerdote. La decisione di fare il prete rimane anche oggi una scelta di vita in controtendenza rispetto ai modelli proposti e inseguiti dalla cultura e dalla società di oggi. Sostenere quotidianamente il confronto con una realtà che continuamente contraddice e addirittura nega gli ideali e i valori in cui credi e sui quali hai fondato la tua esistenza, richiede una forza interiore e un radicamento spirituale molto più robusto di quello richiesto un paio di generazioni fa, quando tutto sommato il contesto culturale nel quale tutti si riconoscevano era ancora quello di una cristianità diffusa e fondante la comune convivenza. Per fare bene il prete oggi è necessario attrezzarsi spiritualmente e moralmente, per rispondere a questa provocazione in modo sempre coerente e positivo.
Non meno complesso è il problema dell’esercizio del ministero. Gli  ormai evidentissimi mutamenti socio-culturali invocano un aggiornamento delle forme e dei modelli pastorali, per non tradire il patrimonio della fede, tramandato nei secoli, e nello stesso tempo per rispondere adeguatamente alle esigenze di oggi. Pensate per esempio alla vostra parrocchia e a tutte le varie attività che vi si svolgono. Questa istituzione, che per secoli ha saputo intercettare e coniugare i bisogni spirituali e morali del popolo di Dio, oggi ha ancora una sua validità? Ma prima delle strutture, delle forme e dei modelli, l’efficacia di un’azione pastorale dipende dal modo di essere e di fare il prete. Ecco allora le varie categorie del prete giovane o vecchio; aperto o chiuso; moderno o tradizionale; capace di relazionarsi oppure che mantiene le distanze; che persegue un modello di comunità liturgico-sacrale, oppure più popolare e sociale, e via dicendo, dimenticando che la sostanza del ministero sacerdotale è ben altro, come  ha detto il Papa il 3 Maggio scorso, nell’omelia per l’ordinazione dei nuovi preti di Roma: “Diventare sacerdoti, nella Chiesa, significa entrare in questa auto-donazione di Cristo, mediante il Sacramento dell’Ordine, ed entrarvi con tutto se stessi. Gesù ha dato la vita per tutti, ma in modo particolare si è consacrato per quelli che il Padre gli aveva dato, perché fossero consacrati nella verità, cioè in Lui, e potessero parlare ed agire in nome suo, rappresentarlo, prolungare i suoi gesti salvifici: spezzare il Pane della vita e rimettere i peccati.. Senza questa auto-donazione, stiamo parlando d’altro.
Don Marco Belladelli
30 Maggio 2009.

Perché un Farmacista dovrebbe aderire all’UCFI?
-------------------------------------
Permettete che mi presenti: sono don MARCO BELLADELLI, un sacerdote della Diocesi di Mantova. Da sedici anni vivo ed esercito il ministero a Roma, come Responsabile del Servizio Pastorale dell’Ospedale FATEBENEFRATELLI all’Isola Tiberina. Negli incontri diocesani organizzati dal Centro della Pastorale Sanitaria del Vicariato ho conosciuto il gruppo dei Farmacisti Cattolici della Capitale, i quali da alcuni anni mi hanno scelto come loro Assistente. Su proposta della Presidenza Nazionale, il Consiglio Permanente della CEI riunitosi a Roma nei giorni 26-28 Gennaio scorsi, mi ha nominato Assistente nazionale. Così ora l’orizzonte si apre a tutta l’Italia e aumentano anche le responsabilità.
L’UCFI è un’ Associazione relativamente giovane, che nel corso degli anni ha conosciuto alti e bassi, dovuti in parte alla crisi dell’associazionismo in genere e di quello cattolico in particolare, ma soprattutto, per quanto posso aver capito in questi anni di frequentazione della Sezione di Roma, ad un difetto di motivazioni che giustifichino un impegno associativo.
Perché un Farmacista dovrebbe oggi aderire all’UCFI? Lancio questa domanda provocatoria prima di tutto come una sfida a me stesso e anche come fonte di ispirazione di quello che sarà il mio impegno di prete dentro l’Associazione. Voglio dire che non porto con me ricette preconfezionate dal sicuro effetto aggregante e men che meno panacee miracolose capaci di attirare chicchessia. Mi è chiaro invece che noi Cristiani per essere nel mondo quello che Gesù ci ha detto di essere, cioè il sale della terra e la luce del mondo (cfr Mt 5,13-14) dobbiamo sempre ricominciare dalle nostre radici e tornare a vivere insieme come il Signore Gesù ci ha insegnato (“Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima.” Apocalisse 2,5). Insomma vorrei che cominciassimo a pensare all’UCFI come ad un luogo che ci aiuta ad essere cristiani seri, o se preferite, più cristiani di quanto lo siamo oggi.
Nell’udienza che il Papa ci ha concesso il 29 Ottobre 2007, in occasione dell’ultimo Congresso internazionale dei Farmacisti Cattolici, ci ha anche indicato un ambito specifico nel quale impegnarci come uomini e come professionisti: quello della tutela della vita dal suo concepimento, fino al suo termine naturale; ed insieme anche un obiettivo concreto da raggiungere:
la questione dell'obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi come fine scelte chiaramente immorali, come ad esempio l'aborto e l'eutanasia.” (Benedetto XVI).
Non è il caso di fare battaglie assurde alla don Chisciotte, ma neanche di demordere, prima ancora di aver considerato come possibile la cosa. Insieme cercheremo la strada migliore per dare questa testimonianza, cominciando a riflettere su quello che è lo specifico della professione.  
Intanto vi assicuro ogni giorno il mio particolare ricordo nella preghiera e nella Santa Messa per ciascuno di voi e per tutte le vostre necessità e in prossimità della Pasqua auguro a tutti voi e alle vostre Famiglie quanto di meglio possiate desiderare: che il Signore sia sempre con noi con la sua grazia, lo Spirito Santo ci guidi ogni giorno con la sua luce e ci sostenga con la sua forza.
Per l’intercessione dei nostri Santi patroni, San Raffaele Arcangelo e San Giovanni Leonardi, invoco la benedizione di Dio su tutti voi.

Don Marco Belladelli
Assistente nazionale UCFI.

Roma, 11 Marzo 2009.