S.
Messa della Notte
Oggi
è nato per voi il Salvatore
In quei giorni un decreto di
Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città
di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia
di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». Parola del Signore.
La
liturgia del giorno di Natale si sviluppa in quattro celebrazioni diverse:
della vigilia, della notte, dell’aurora e del giorno. Tralasciamo quella della
vigilia e cominciamo con il commento della S. Messa della notte.
La famosa
canzone di S. Alfonso Maria de’ Liguori “Quanno nascette Ninno”, da cui
fu tratta la più popolare Tu scendi dalle
stelle, attesta l’antica la tradizione di recarsi in chiesa nel cuore della
notte per celebrare il mistero della nascita di Gesù. Quella notte - dice S. Alfonso - era così luminosa che “pareva
miezojuorno...”.
Anche noi
continuiamo a uscire di casa nel cuore della notte, sfidando le tenebre, per
accogliere la luce del “mistero
nascosto da secoli, ma ora manifestato ai suoi santi” (Col 1,26). Ci
mettiamo sulle orme di Giuseppe che in ossequio al bando imperiale del famoso
censimento, secondo il quale ognuno doveva farsi registrare nella sua città di
origine, “dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di
Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa,
che era incinta”.
Cesare
Augusto con la sua decisone ha determinato le condizioni della nascita di Gesù,
però in tutta la sua grandezza e potenza non si è accorto di nulla, e cioè che in
quell’oscuro e lontano angolo dell’impero romano si stava realizzando l’evento
più grande che la storia abbia mai conosciuto. In quella nascita,
apparentemente comune a quella di tanti uomini, si compivano le promesse dei
Profeti tanto attese dal popolo d’Israele.
L’Evangelista
Luca descrive la nascita di Gesù con una semplicità disarmante: “Maria
… diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in
una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.”. Tre
frasi di cronaca apparentemente incapaci di rivelare un mistero tanto grande.
Quanto inchiostro si spreca oggi, nell’era della comunicazione per eccellenza,
per eventi molto più secondari che lasciano il tempo che trovano. Fari accesi e
microfoni aperti con frotte di cronisti in stato d’assedio per suscitare tanta curiosità
morbosa, qualche emozione e poi più nulla. Avanti il prossimo …
Da parte di
san Luca invece nessuna enfasi, né retorica, ma semplicemente il mistero di
Maria che ha partorito suo figlio,
colui che era prima di me (Gv 1,30), come ci ha detto il Battista
nelle Domeniche di Avvento, colui che era fin dal principio (Gv 1,1), come dice
oggi l’evangelista Giovanni nel suo prologo, “Il primogenito” di tutta
la creazione (Col 1,15), come dirà S. Paolo. Insomma, non un uomo qualsiasi, ma
il Figlio di Dio.
Le fasce
servono per proteggerlo. Un neonato non può provvedere a se stesso. Nella sua
fragilità ha bisogno di essere nutrito, lavato e soprattutto amorevolmente custodito. Anche il Figlio di
Dio ha bisogno di tutto questo. Quelle fasce sono anche annuncio del sudario e delle
altre bende che avvolgeranno il suo cadavere dopo la morte, dalle quali sarà
liberato nel momento della risurrezione non per mano di uomo.
In attesa
di farsi cibo di vita eterna per tutta l’umanità (Gv 6,51), dorme nella
mangiatoia, in un anfratto di un caravanserraglio, dove Maria e Giuseppe hanno
trovato rifugio per un evento tanto importante. Per terra avrebbe corso il
rischio di essere calpestato dagli animali. In quella mangiatoia il Figlio di
Dio sta sospeso a mezz’aria, tra cielo e terra, perché per lui e i suoi
genitori “non c’era posto nell’alloggio”.
Un segno dell’ostilità terrena che lo circonda e lo minaccia fin da ora. Come
non ha trovato posto neanche nella più malandata locanda della terra, così
anche oggi il Figlio di Dio trova davanti a se ancora tanta ostilità ed indifferenza.
Gli Angeli indicano ai pastori proprio “un
bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” come segni per
riconoscere il “salvatore, il Cristo Signore”. Fragilità e ostilità
restano anche per noi i indicazioni attraverso le quali riconoscere l’Emanuele, il Dio con noi.
Nella luce
di questo evento Cielo e terra si congiungono, ma soprattutto Dio e l’uomo si
uniscono molto di più di quanto lo siano stati fin dall’inizio della creazione.
Affrettiamoci anche noi, cari amici, e guardiamoci bene intorno, perché anche
oggi là dove c’è fragilità e ostilità ingiustificata contro il Bene troveremo
il Dio fatto uomo, il nostro Salvatore. Allora il buio della notte si
trasformerà nella luce splendente di mezzogiorno!
Buon Natale cari amici,
con tutto il cuore !!!
don Marco Belladelli
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