Simone Martini, Annunciazione, 1333, galleria degli Uffizi - Firenze. |
IV
Domenica di Avvento “B”
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal Vangelo secondo Luca (1, 26-38).
In quel tempo, l’angelo
Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una
vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La
vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di
grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto
come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia
presso Dio. Ed
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. Parola del Signore.
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Riascoltiamo il racconto dell’annunciazione a
Maria, già proposto dalla liturgia dell’Immacolata Concezione. La preghiera della
colletta però mette in relazione la fecondità di Maria con quella della Chiesa,
perché sul suo esempio anch’essa diventi ‘Madre’ di una stirpe santa: “Dio grande e misericordioso, … concedi alla
tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché sull'esempio di Maria accolga il
Verbo della vita e si rallegri come madre di una stirpe santa e incorruttibile”,
fecondità che dipende unicamente dalla qualità del nostro rapporto con Dio.
L’attualizzazione del mistero dell’incarnazione,
compiutosi con il “Sì” di Maria e nel
quale Dio realizza un piano di salvezza per tutta l’umanità, trae origine dal coinvolgimento
della Chiesa. Per essere oggi e sempre “madre di una stirpe santa e incorruttibile”,
essa, e noi con lei, dobbiamo abbandonarci a Dio nella fecondità nello Spirito come
Maria.
La prima lettura, che racconta l’impegno di Dio per
rendere stabile la casa e il regno di Davide, ci orienta a prestare più
attenzione all’opera di Dio, piuttosto che concentrarci su noi stessi, di
fronte alla quale con Maria ci chiediamo come sia possibile che si realizzi
anche per noi un incontro simile a quello che ella ha avuto? Secondo quali
modalità? Con quali conseguenze concrete?
Ci viene in aiuto il Concilio Vaticano II che al
n. 22 della Costituzione pastorale sul mondo contemporaneo, comunemente nota
come “Gaudium et Spes” recita:
“In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo,
era figura di quello futuro (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è
il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela
anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
… Egli è «l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col 1,15) è l'uomo perfetto che
ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito
agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta,
senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi
innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito
in certo modo ad ogni uomo.”.
Tre sono le affermazioni importanti di questo testo
conciliare:
1. Gesù Cristo, nuovo
Adamo, oltre a svelare il mistero del Dio uno e trino, ‘svela anche pienamente l'uomo a se
stesso’.
2.
In
Cristo la natura umana non è annientata, ma innalzata a una dignità sublime.
3.
Nel
mistero dell’incarnazione, Gesù, Cristo, Figlio di Dio, come lo identifica S.
Marco all’inizio del suo vangelo, ‘si è
unito in un certo modo a ogni uomo’.
Ancora una volta, nella sua magnanimità, Dio ci
stupisce. La fecondità dello Spirito consiste quindi nel superare tutte le
nostre resistenze per accogliere con cuore aperto Gesù, salvezza e modello di
ogni uomo. Come non provare grande e vera gioia nel profondo dell’anima di
fronte a tanta grazia! Soltanto se scendiamo a questa profondità per lasciarci
innalzare all’incontro con Dio saremo sottratti dal rischio di vivere un Natale
banale e superficiale, inquinato dal consumismo, ingessato in una ritualità
tutta esteriore di luci e di colori e ridotto ad una sagra di buoni sentimenti,
maschera di un egoismo che rimane intatto, se non addirittura irrobustito. Possiamo già augurarci: Buon Natale! perché sia un vero incontro con Gesù, Cristo, Figlio di
Dio. Amen.
don Marco Belladelli
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