XXII
del tempo Ordinario “C”
Chi
si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato.
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Parola del Signore.
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Nonostante
la forte conflittualità nei confronti del gruppo dei farisei, anche tra di loro
Gesù ha degli estimatori. Uno di questi lo invita a pranzo in giorno di festa.
Il sabato è il giorno del riposo e dell’incontro con Dio, il giorno in cui gli
Ebrei vanno in sinagoga per pregare, per ascoltare la Parola di Dio e si
astengono da ogni lavoro. E’ il giorno del rinnovamento spirituale, reso ancora
più solenne dalla presenza di Gesù.
In
quel giorno, prima della parabola rivolta agli invitati, Gesù guarisce un
idropico. Ecco a cosa si riferisce quel “stavano ad osservarlo”, come se si
aspettassero qual gesto clamoroso contro la legge del sabato. Gesù a sua volta
osservava la corsa degli invitati ad occupare i primi posti, i posti migliori. Un
incrocio di sguardi nel quale si concentrano i significati del nostro brano.
Sappiamo
quale accusa muovevano i farisei nei confronti di Gesù: di essere un
profanatore della Legge e delle tradizioni antiche, senza offrire in cambio
niente di valido. Ragioni che vanno ad aggiungersi al loro rifiuto pregiudiziale della sua opera
di salvezza.
Oggi,
sono i nostri sguardi ad essere puntati su Gesù, per muovergli continuamente
accuse e i rimproveri a un Dio che non ci soddisfa per come ha fatto il mondo,
per come lo governa, per i comandamenti che
ci ha lasciato, assolutamente inaccettabili per l’uomo di oggi. La cultura
moderna è caratterizza da un atteggiamento di superba insofferenza nei
confronti di Dio, diventato del tutto marginale, se non inutile allo sviluppo e
al progresso del mondo. Poi però nelle difficoltà lo vorremmo vicino, pronto a
intervenire, mentre lo sentiamo distante,
quasi indifferente a tutti i problemi che ci sovrastano. Con tutto ciò, non ci
accorgiamo dello sguardo di Dio, davanti al quale stiamo come un libro aperto e
al quale nulla sfugge della nostra misera condizione.
La
preghiera e l’ascolto della Parola di Dio non hanno certo contribuito a
rafforzare la fede e il rapporto con Dio di quei farisei, commensali di Gesù. Esortandoci
nella parabola a metterci sempre all’ultimo posto, Gesù fa riferimento all’umiltà
che deve avere l’uomo quando si pone davanti a Dio, quell’ umiltà che la
preghiera e l’ascolto della Parola devono generare nei nostri cuori. Il
problema non è tanto quello di ritenersi superiore o inferiore agli altri. Come
canta Maria nel Magnificat, Dio è Colui che ha guardato all’umiltà
della sua serva, Colui che esalta gli umili ed abbatte i superbi. Le
“nozze”
sono sempre un riferimento al banchetto escatologico, quando il Figlio di Dio
si unirà indissolubilmente alla sua Sposa, la Chiesa. Il “chiunque si esalta sarà
umiliato, e chi si umilia sarà esaltato” è legge della Chiesa, nella
quale si è alla presenza di Dio. Spetta a Lui allora scegliere chi deve stare
avanti e chi invece deve cedere il posto.
Anche
la seconda parabola su chi invitare alla propria tavola è ancora rivelatrice
dell’agire di Dio. Questo banchetto fatto di “poveri, storpi, zoppi, ciechi”
non è altro che un immagine delle nostre Eucaristie, alle quali siamo invitati
proprio per le nostre condizioni di povertà, di fragilità e di infermità. E
beati noi se avremo accolto l’invito di sedere alla sua mensa e se a forza di
sederci a quella mensa avremo imparato a riconoscerci poveri, storpi, zoppi e ciechi e ad essere umili come Maria, sapendo
scegliere l’ultimo posto.
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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