mercoledì 28 agosto 2013

TESTIMONI/14

 
50° anniversario di I HAVE A DREAM
In occasione di questo importante anniversario, riprendo quello che scrissi su Martin Luther King 5 anni fa, su MANTOVACHIAMAGARDA  nel 40° anniversario della sua morte:
Martin Luther King è stato uno straordinario testimone della non violenza. Con lui ci spostiamo nei civilissimi Stati Uniti d’America, dove ancora negli anni ’50 e ’60, soprattutto negli stati del sud, era in vigore un ostinato sistema di segregazione razziale nei confronti dei negri. Nato ad Atlanta nel 1929, seguì le
orme del padre, divenendo lui pure pastore della Chiesa Battista. E’ il 1 Dicembre del ’55, quando Rosa Parks viene arrestata perché in autobus si era rifiutata di cedere il posto a un bianco. Il reverendo King riuscì a convincere tutti i negri di Atlanta ad andare a piedi. Per più di cinquanta giorni gli autobus viaggiarono vuoti e la compagnia che li gestiva rischiò il fallimento. Siamo soltanto all’inizio della lotta non violenta che, nonostante le intimidazioni e le prepotenze si propagò per tutta l’America. Nel 1961 fu eletto presidente John Kennedy e il 1963 era l’anno centenario della liberazione degli schiavi da parte di Abramo Lincoln. Da allora in poi Martin Luther King decise di dedicarsi completamente alla causa. La città di Birmingham diventò il centro della protesta. Ad Aprile il ghetto venne chiuso con delle barricate. King guidò la marcia di migliaia di negri che pregando e cantando avanzarono pacificamente per rimuoverle. Furono picchiati senza opporre resistenza. Addirittura si offrirono spontaneamente per essere arrestati, tanto da riempire anche le carceri delle città vicine. Dopo poche ore furono tutti liberati, eccetto il Reverendo. Tenuto nel più completo isolamento e liberato quattro giorni dopo per il diretto intervento del Presidente, in questa occasione scrisse e pubblicò la famosa Lettera dal carcere di Birmingham, uno dei documenti più toccanti sul tema della lotta dell’uomo per la propria libertà. In Maggio ripresero le manifestazioni e la repressione si fece ancor più dura. Questa volta però gli atti di violenza della polizia locale si compirono sotto gli occhi di migliaia di giornalisti e quelle vergognose immagini fecero il giro del mondo, tanto che il Presidente in persona intervenne in televisione per denunciare davanti a tutto il Paese la gravità della situazione. Il 28 Agosto a sostegno dell’iniziativa presidenziale, che aveva presentato al Congresso la legge per la parità dei diritti civili tra bianchi e neri, a  Washington si svolse la marcia dei 250.000, durante la quale Martin Luther King, circondato da un religioso silenzio pronunciò il famoso discorso: “Io ho ancora un sogno …”. La reazione dei razzisti irriducibili fu ancora più dura, tanto che quel 1963 si concluse con l’omicidio di John Kennedy a Dallas. Nel 1964 il Pastore battista venne insignito del premio Nobel per la pace, un riconoscimento che lo consacrò per sempre quale apostolo della non violenza contro qualsiasi forma di discriminazione e di ingiustizia. Negli anni successivi il movimento da lui guidato procedette tra fasi alterne. Alle sue iniziative si contrapposero continue repressioni e rivolte in tutto l’America. Il 4 Aprile del 1968 venne assassinato a Memphis. Durante i suoi funerali, celebrati dal vecchio padre, furono diffuse queste sue parole:
Se qualcuno di voi sarà qui nel giorno della mia morte, sappia che non voglio un grande funerale. E se incaricherete qualcuno di pronunciare un'orazione funebre, raccomandategli che non sia troppo lunga. Ditegli di non parlare del mio Premio Nobel, perché non ha importanza; e neppure dei diplomi, delle onorificenze, delle lauree, perché non ha importanza. Dica che fui una voce che gridò nel silenzio per la giustizia. Dica che tentai di spendere la mia vita per vestire gli ignudi, nutrire gli affamati, che tentai di amare e di servire l'umanità.”.
E’ fin troppo evidente l’origine evangelica di questi pensieri, così come di ogni parola e di ogni iniziativa di Martin Luther King, messaggio, quello evangelico, per il quale anche Gandhi ha avuto la massima ammirazione e venerazione.
A sessanta e quarant’anni dalla loro morte, tutto ciò che hanno detto e fatto lo si sente quanto mai vivo ed attuale. In un mondo come il nostro, dove violenza e razzismo rappresentano ancora piaghe aperte e sanguinanti, ci è fatto obbligo di accogliere la loro coraggiosa testimonianza, suggellata dal sacrificio della vita, come una preziosa eredità, che attende ancora di essere trasformata in moneta corrente del nostro vivere sociale.
 

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