giovedì 3 gennaio 2013

Il Vangelo della salute del 25/12/2012

Il Bambino Gesù di fra Elia.
Solennità del Santo Natale,
S. Messa del giorno.
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (1,1-18)
In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto.
A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue,
né da volere di carne, né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli rende testimonianza e grida:
«Ecco l'uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
Parola del Signore.
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Il prologo del vangelo di Giovanni è uno dei brani più intensi del Nuovo Testamento.  Chi ascolta Giovanni entra in comunione con la totalità del mistero da lui personalmente sperimentato e di cui si è fatto annunciatore. Questo è vero soprattutto per il prologo, al centro del quale c’è il v. 14: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità”. In poche frasi Giovanni sintetizza tutto il mistero e la vicenda storica di Gesù: sue origini intratrinitarie, la sua incarnazione e la sua missione. Egli è qui per mandato del Padre, per volere del quale si è fatto uomo. L’umanità di Gesù, la sua carne, è la via attraverso cui il Verbo della vita si rivela al mondo e salva il mondo. Colui che fin dal principio era presso Dio, perché Lui stesso Dio, l’Unigenito del Padre, ha abitato tra noi, cioè ha vissuto con noi, ha condiviso in tutto, eccetto il peccato (Ebr 4,15), la nostra condizione umana. Niente della nostra umanità gli è estraneo (Ebr 4,15). Vedere la sua gloria significa vedere in Lui Dio, che ha vissuto tra noi, mostrandoci tutta la straordinaria potenzialità della vita umana. Perdonate la banalità dell’esempio: come in un prototipo di Formula 1 vengono sviluppate potenzialità e soluzioni, in seguito applicate alle auto di serie, così in Gesù, nuovo Adamo e Primogenito di molti fratelli, si manifesta quella “Gloria” presente nella vita umana, secondo la famosa espressione di S. Ireneo: “La gloria di Dio è l’uomo che vive”, che nessuno meglio del Verbo di Dio avrebbe potuto mostrarci in tutta la sua potenzialità, fatta di pienezza “di grazia e di verità”. La vita umana è una realtà totalmente “graziosa”, nel senso di assolutamente gratuita ed immeritata per chiunque, perché è dono di Dio, e altrettanto piena di luce e di potenza, propria della Verità in quanto tale, che si afferma di per sé, di fronte alla quale non esistono più né dubbi, né incertezze, né inquietudini. Il Natale prima di tutto è il momento nel quale Dio ritiene questa nostra condizione umana degna di sé, in tutto e per tutto, dalla nascita alla morte, nella sua grandezza e nella sua miseria. A questa prima e fondamentale considerazione si unisce l’altro aspetto del mistero dell’incarnazione, descritta nei vv. 12 e 13, cioè la nostra partecipazione alla vita divina, offerta a tutti gli uomini, specialmente a coloro che hanno la grazia di essere cristiani: “A quanti però l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Andiamo ad adorare Gesù Bambino alla grotta di Betlemme, non per un eccesso di sentimentalismo e di buonismo evanescente, che si dissolve come la rugiada mattutina ai raggi del sole, ma per riscoprire questa nostra generazione divina. Essa va intesa non soltanto nel senso della comune origine e della Provvidenza che si prende cura di ciascuno uomo, ma di una vera e propria “novità” tanto inattesa, quanto insperata per l’umanità, dono addirittura superiore a quanto abbiamo ricevuto nell’atto creativo-generativo. Dopo l’evento Gesù Cristo, essere figli di Dio significa che ciascuno uomo è intrinsecamente ed implicitamente partecipe della realtà vitale stessa di Dio (cfr Evangelium vitae n. 30), per la quale siamo sottratti al percorso di perdizione e/o corruzione operante nella storia dell’umanità per il peccato di Adamo. La realtà della vita divina si manifesterà in modo pieno e stabile oltre la dimensione storica. La sfida che attende la Chiesa nel prossimo futuro consiste nell’affermazione forte e chiara di questa dimensione fondamentale del cristianesimo, contra una cultura ad un'unica dimensione, quella terrena e materiale, che nega qualsiasi rapporto con il divino e il soprannaturale, che giorno per giorno si va sempre più insinuando anche all’interno della Chiesa stessa. Una sfida che si vince soltanto se siamo capaci di aiutare gli uomini e le donne di oggi ad aprire il loro cuore al Mistero del Dio fatto uomo e del Dio misericordioso. In questi giorni la Madonna a Medjugorie continua a ripetere: “figli miei, non abbiate paura di aprirmi i vostri cuori. Io li darò a mio Figlio ed Egli, in cambio, vi donerà la pace divina. Voi lo porterete a tutti coloro che incontrate, testimonierete l'amore di Dio con la vita e, tramite voi stessi, donerete mio Figlio. Maria, la Donna che in questi giorni tiene in braccio il Bambino Gesù a Betlemme, è la stessa che sotto la croce tiene sulle ginocchia il corpo esanime del Figlio. Ecco che cosa significa accogliere il Dio fatto uomo e la sua misericordia infinita per noi. L’augurio che faccio è che ciascuno si lasci attrarre e conquistare da questo grande Mistero.
Ancora: Buon Natale e Buon 2013 a tutti !!!
don MARCO BELLADELLI.

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