mercoledì 9 gennaio 2013

ANNO DELLA FEDE/1

 
Catechismo sì, catechismo no?
Domanda:  Mia figlia ha cominciato ad andare a catechismo.  Mio marito ed io ci siamo guardati in faccia e ci siamo chiesti se ci fidavamo, se eravamo convinti che la Chiesa di oggi fosse il testimone più autentico del messaggio cristiano.
Risposta:  Spesso capita di sentir parlare della Chiesa in modo pregiudiziale, una realtà da cui distinguersi, come se l’appartenervi rappresentasse uno svantaggio e non un dono. Si entra occasionalmente in rapporto con essa per uno bisogno, senza concedersi alla minima partecipazione e condividere poco o nulla di quello che essa è e rappresenta.
Se a cinquant’anni di distanza, questi sono i frutti del Concilio Vaticano II dobbiamo
preoccuparci seriamente. Vuol dire che è venuto meno qualcosa di importante nel rapporto della Chiesa con i fedeli. Una delle sue affermazioni più importanti del Concilio riguardava proprio la realtà della Chiesa, descritta non più modo piramidale, con al vertice la gerarchia ecclesiastica e alla base il Popolo di Dio, ma come il mistero di comunione di Dio con gli uomini per mezzo di Gesù Cristo, e segno dell’unità di tutta la famiglia umana. La Chiesa è e rimane fondamentalmente una realtà di tipo religioso, cioè che riguarda Dio e la trascendenza umana, e non una semplice agenzia di servizi religiosi e/o sociali. Le nostre legittime perplessità per le inadeguatezze umane di chi bene o male la rappresenta, non cambiano nella sostanza la sua natura umano-divina, e quindi la sua specificità religiosa.
Vale inoltre la pena ricordare che quando si chiede il Battesimo per i propri figli, ci si impegna pure ad essere per loro i primi educatori e testimoni della fede, e non di una generica cultura cristiana. Il catechismo non è altro che la conferma e il supporto a quel primo e fondamentale insegnamento ricevuto e condiviso in famiglia. Insomma posso pensare che i miei figli imparino inglese, anche se io non so pronunciare neppure una parola. La stessa cosa non vale per il catechismo, che fondamentalmente rimane un’esperienza di condivisone, comunione, testimonianza e di appartenenza di tutta una famiglia alla comunità cristiana. Se una qualsiasi azione educativa si propone di accompagnare i giovani verso una scelta personale, magari anche sofferta, attraverso la quale appropriarsi dei valori e dei significati del vivere, come potranno certi genitori aspettarsi dai propri figli l’acquisizione di quei valori che loro stessi a causa di un atteggiamento tanto confuso non hanno voluto o non hanno saputo acquisire per sé?
Al di là dei limiti umani, che dobbiamo mettere in conto per qualsiasi realtà di questo mondo, la Chiesa rimane sempre affidabile, quando la cerchiamo per quello che essa effettivamente è. Piuttosto, visti certi dubbi, siamo certi che la nostra sia davvero una fede cristiana?  

 

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