Raffaello sanzio, Ascensione. |
Solennità
dell’Ascensione “B”
Gesù
è elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Dal Vangelo secondo Marco (16, 15-20)In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.
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Quaranta giorni dopo la risurrezione, Gesù è salito al cielo, come
ci ricorda san Luca nella 1° lettura (cfr At 1,9ss). Descrive l’evento parlando
di una nube, di cielo e di uomini in bianche vesti, tutti elementi
caratteristici di una teofania, cioè la manifestazione della realtà stessa di
Dio. Marco, sempre più sintetico e più
diretto, dice: “fu
elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. Detto in altri termini, Gesù
ritorna a quella condizione divina che gli era propria prima dell’incarnazione
e sedendo alla destra del Padre, raggiunge il vertice della sua glorificazione.
Paradossalmente nel seguito del suo racconto
Marco non evidenzia una separazione, ma una nuova complicità nella missione tra
Gesù e gli apostoli. Essi “partirono
e predicarono dappertutto mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava
la Parola con i segni che la accompagnavano”. L’evento dell’Ascensione
non va quindi interpretato come una perdita o un abbandono, ma come una esperienza
di comunione ancora più forte. Prima di tutto nella missione di annunciare il
Vangelo e di portare la salvezza di Dio a tutti gli uomini. Inoltre salendo al cielo, Gesù non si
sbarazza del suo corpo, ciò che più lo unisce a noi secondo il principio
teologico: caro cardo salutis (la
carne, cardine di salvezza), come se si trattasse di una inutile zavorra, ma lo
porta con sé nella sua forma gloriosa per renderlo partecipe della stessa vita
di Dio. In questo modo orienta il cammino di ogni uomo, e di tutta umanità nel
suo insieme, verso il ritorno alla casa del Padre. Il traguardo della nostra
vita è la partecipazione alla vita intratrinitaria in Paradiso. La festa
dell’Ascensione è una buona opportunità per guardare al Paradiso. Ne hanno parlato
molti mistici nel corso dei duemila anni di storia della Chiesa, descrivendolo
come una condizione di luce, pace, gioia e piena comunione con Dio e con i
fratelli. Al di là della suggestione dei vari racconti, il Paradiso è la meta e
il premio dei giusti, che vivendo come il Signore ci ha insegnato, hanno
creduto e sperato in Lui. Pensare al Paradiso, non significa inseguire una
illusione per fuggire dalla concreta realtà, ma dare forza al nostro impegno a
favore della giustizia, della pace e dell’amore tra gli uomini. Quante volte di
fronte a tanta arroganza e prepotenza, superbia e violenza siamo stati tentati
di lasciar perdere ogni sforzo per cambiare questo mondo nel segno del regno di
Dio? Il pensiero del Paradiso ci fa capire che tutto troverà il suo compimento
e che anche il minimo gesto non è inutile, come dice Matteo: “tutto quello che avete fatto a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ” (25,40). Guardare al Paradiso ci dà
la forza necessaria per deciderci seriamente a seguire la via della santità.
Senza questo orizzonte la vita si riduce alla dimensione terrena e si trasforma
in una lotta per la sopravvivenza ad ogni costo degli uni contro gli altri.
Paradossalmente si può arrivare all’assurdo di una esperienza religiosa senza
Dio. Che Dio ci scampi da un simile abominio. Intanto anche noi, con tutti gli
Angeli e i Santi, glorifichiamo il Signore Gesù che è salito al cielo, ci ha
aperto la via del Paradiso e ci accompagna e ci sostiene ogni momento nel
nostro cammino terreno, fino al giorno in cui riceveremo anche noi in dono la
beatitudine eterna. Buona
Domenica! DON MARCO
BELLADELLI.
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