giovedì 10 maggio 2012

Il Vangelo della salute del 13/05/2012

Diego Velasquez, Crocifisso (particolare).
VI Domenica di Pasqua “B”
Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

Parola del Signore.
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Da oggi in poi, VI Domenica di Pasqua, la liturgia è un’invocazione continua allo Spirito Santo, in preparazione alla solennità di Pentecoste. La colletta oggi dice: “fa' che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni agli altri come lui ci ha amati”. E poiché nel vangelo non c’è nessun riferimento a questo evento, spetta alla prima lettura degli Atti degli Apostoli, nella quale si racconta della effusione dello Spirito sui pagani in casa di Cornelio alla presenza di Pietro, richiamare la Chiesa a disporsi ad accogliere il Dono di Dio, necessario per vivere in pienezza la fede cristiana. Il brano di oggi è la continuazione di quello della scorsa domenica. Siamo sempre durante l’ultima cena e, liturgicamente, nella seconda parte del tempo pasquale, orientato a rafforzare la nostra relazione con il Cristo risorto. Nella parabola della vite e dei tralci si dice che l’abbondanza dei frutti è il segno dell’autenticità della nostra unione con il Signore. Ora invece si mette in risalto il suo contenuto: “Come il Padre ha amato me,  anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Questo legame di amore tra il Signore Gesù ed il discepolo diventa il fondamento della novità di vita del cristiano: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”, fino alla sua massima possibilità: “dare la vita per i propri amici. Gesù ci dice: “Voi siete miei amici”. Evocando questa particolare relazione umana, conosciuta o conoscibile da chiunque, almeno per difetto, intende rappresentare il significato ed il valore del nostro rapporto con lui. “Amici” non in forza di una affinità psicologica, o per una particolare situazione di solidarietà o complicità, o per qualche altra ragione di stima, di gratificazione o di ossequio dovuti, ma unicamente e semplicemente perché egli ha dato la sua vita per noi. Ne consegue che anche noi dobbiamo cominciare a credere all’amore e a vivere per amore. Il centro di tutto il mistero cristiano è il “dare la vita” di Gesù “per i propri amici”. Non so se vi sia mai capitato che qualcuno vi abbia offerto la sua vita, fino al punto da poterne disporne in tutto e per tutto a piacimento (quindi non solo in parte o soltanto per certi aspetti o dimensioni o temporaneamente, ma totalmente per sempre); o magari il contrario, di offrirla voi a qualcuno a queste stesse condizioni. Evidentemente ci riferiamo a relazioni umane molto intense, profonde e coinvolgenti. In assoluto sono delle condizioni difficilmente realizzabili, perché anche nella più forte relazione umana qualcosa resta sempre fuori o che di fatto non viene dato. L’esempio dell’amicizia, pur nella sua dimensione utopistica, ci aiuta a capire di che cosa stiamo parlando. Ciò che è umanamente improponibile, lo ha fatto Dio per noi, perché diventassimo suoi amici. Siamo veramente al cuore del mistero cristiano. E, senza presunzione, mi pare di poter dire che siamo anche al centro del mistero della vita di ogni uomo e di tutta la storia umana. Credere all’amore e farsi in ogni momento della propria vita interpreti di questo amore, come ci ha detto Papa Benedetto nella sua prima enciclica, Deus Caritas Est, è per il cristiano l’esperienza e la scelta fondamentale della sua vita, che dà alla vita stessa un orizzonte del tutto nuovo e speciale, in quanto “risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro.” (DCE 1). Quando Gesù ci ha comandato “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”, ha voluto dirci che soltanto Dio, che ci ha amato e ci ama in un modo perfetto, può renderci capaci di amare allo stesso modo. E’ sufficiente che questo succeda una sola volta in vita, perché ci sentiamo veri uomini, liberi e contenti di amare e di farlo fino in fondo, senza riserve.
Buona Domenica!
 DON MARCO BELLADELLI.

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