mercoledì 15 febbraio 2012

TESTIMONI/5 - LA VOCE DI MANTOVA/73

Celentano a Sanremo 2012
L'apocalisse di Adriano

La tanto attesa performance di Adriano Celentano alla prima serata del festival di Sanremo 2012 mi ha fatto tenerezza. A farmi tenerezza è
soprattutto lui. Celentano non è più un giovincello, ha già superato abbondantemente i settant’anni. Nonostante la penombra nella quale si è mosso, gli impietosi primi piani delle telecamere evidenziano sul suo volto i segni del tempo che passa e che inesorabilmente apre davanti a chiunque nuovi orizzonti. Quegli stessi segni li ritroviamo poi nelle sue parole. Regge la scena per quasi un’ora, ma ha continuamente bisogno di bere. Gli si secca la gola. Per chi lo ascolta, i suoi silenzi non sono più imbarazzanti, come quelli di una volta. Sono silenzi di chi ha bisogno di pensare a quello che deve dire. E quando le cose non gli escono come desidera, provocando sul pubblico quell’effetto di sorpresa che non lascia via di scampo, ci gira attorno, si ripete a scapito della forza comunicativa. La sua apparizione sul palco dell’Ariston è quella di un redivivo che si rialza in mezzo ad un mucchio di cadaveri, rimasti a terra dopo la tempesta di bombe che ha introdotto la sua entrata in scena. Come se si trattasse di un’anima tornata dall’Aldilà per ammonire i vivi sui loro errori, recenti e passati, su ciò che li attende, su che cos'è la vera vita. Giocando sui cattivi impianti di amplificazione che ci sono in tante chiese d’Italia, ha cominciato prendendosela con i preti che non parlano agli ultimi e delle ultime cose. Non ci dicono la vera ragione per cui siamo venuti al mondo. Per andare in Paradiso! dopo esserci scrollati di dosso la polvere che ci si è appiccicata addosso negli anni della nostra vita terrena. Non se la prende più con l’inquinamento, o con la cementificazione selvaggia delle periferie urbane. E’ come se si fosse arreso ad un mondo per il quale non c’è più niente da fare, se non lasciarlo andare per la sua strada. L’unica salvezza è il Paradiso. Se la prende con quelli che sono gli organi ufficiali della Chiesa cattolica italiana, rimproverandoli di parlare troppo poco di Dio e della sua bellezza, soprattutto ai malati terminali che, ben consapevoli di ciò che li aspetta, hanno bisogno di speranza. Non è più il Celentano “rock” di qualche anno fa. E’ un Celentano “lento” quello che chiede a Montezemolo di organizzargli un accelerato, non un treno ad alta velocità, per gustare e bellezze dell’Italia. Quell’Italia che gli passa davanti e poi scappa mortificata da ciò che gli hanno fatto gli Italiani. Passando oltre la polemica contro la Consulta per la bocciatura del referendum sulla legge elettorale, alla fine il Celentano del 2012 non è più il solito presuntuoso a cui siamo abituati. Sa di provocare polemiche infinite e le anticipa in un gioco delle parti non tanto retto bene dal piccolo Pupo di turno. Tra un tema e l’altro ci scappano pezzi di canzoni. La musica serve a rimettere tutti d’accordo e a ricordarci chi è prima di tutto Adriano Celentano, un cantante e, nel bene e nel male, un pezzo di storia d’Italia.Ma anche in questo caso i suoi scatti da molleggiato non sono più quelli di una volta. Forse allora, quello che ha dato fastidio ai suoi detrattori di oggi non sono tanto le cose in sé che ha detto, quanto il messaggio apocalittico di fine prossima ventura e di speranza in un Dio risorto, presente neanche troppo sotto traccia in tutta la sua performance. Capisco come tutto questo possa dare tanto fastidio a chi non vuol pensare a queste cose e tanto meno sentirsele dire in televisione, dal servizio pubblico. Per quanto mi riguarda, meglio Celentano, piuttosto del politicamente corretto di tanti altri super coccolati imbonitori televisivi di turno. Bravo Adriano!
don Marco Belladelli.

2 commenti:

  1. Caro Marco,
    sono anni che non vedo il Festival perché trovo siano soldi buttati in un paese di sprechi, dove c'è ormai solo da fare un buco nel fondo; hanno raschiato anche quello! Non mi meraviglia che Celentano, un personaggio fondamentale per noi sessantenni, abbia parlato di Dio e del Paradiso e di tutte le critiche che possa aver icevuto. Soltanto mi chiedo? Chi lo avrebbe potuto ascoltare? Cosa può mai interessare a quelli che assistono e vivono certe unutili trasmissioni che ormai non sono più neanche un fatto di costume popolare! Stiamo alla canna del gas e dovremmo essere tutti più preoccupati. E poi parlare di speranza, dell'unica Speranza che è Dio e parlarne unendola a discorsi sulla Chiesa Cattolica, che purtroppo ormai e troppo Cattolica per ricordasi di essere la Casa di noi tutti poveri CRISTIANI! E allora se qualcuno che mi legge mi capisce, al di là delle parole uniamoci in un abbraccio di Pace e di Solidarietà con i tanti, i troppi malati, lasciati soli da un'indifferenza che ormai dovrebbe farci paura. La Chiesa di Cristo è piena di tanti poveri preti che vivono questo dolore sulla loro carne. un abbraccio nel Signore, anche a chi non crede. T.S.

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  2. Caro Toni, pur nella contraddittorietà del personaggio e del contesto, mi pare un segno dei tempi che qualcuno abbia il coraggio di indicare come unica via oggi aperta davanti a noi quella del Dio di Gesù Cristo. Un segno che va nella direzione di quel grande abbraccio di pace e di solidarietà con i tanti ultimi di questo nostro tempo. Grazie sempre dell'attenzione. Ciao! dM.

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