L'imposizione delle ceneri |
MERCOLEDI' DELLE CENERI 2012 - LA CATECHESI DI BENEDETTO XVI
Cari fratelli e
sorelle, in questa Catechesi vorrei soffermarmi brevemente sul tempo della
Quaresima, che inizia oggi con la Liturgia del Mercoledì delle Ceneri. Si
tratta di un itinerario di quaranta giorni che ci condurrà al Triduo pasquale,
memoria della passione, morte e risurrezione del Signore, il cuore del mistero
della nostra salvezza. Nei primi
secoli di vita della Chiesa questo era il
tempo in cui coloro che avevano udito e accolto l’annuncio di Cristo
iniziavano, passo dopo passo, il loro cammino di fede e di conversione per
giungere a ricevere il sacramento del Battesimo. Si trattava di un
avvicinamento al Dio vivo e di una iniziazione alla fede da compiersi
gradualmente, mediante un cambiamento interiore da parte dei catecumeni, cioè
di quanti desideravano diventare cristiani ed essere incorporati a Cristo e
alla Chiesa.
Successivamente, anche i
penitenti e poi tutti i fedeli furono invitati a vivere questo itinerario di
rinnovamento spirituale, per conformare sempre più la propria esistenza a
quella di Cristo. La partecipazione dell’intera comunità ai diversi passaggi
del percorso quaresimale sottolinea una dimensione importante della
spiritualità cristiana: è la redenzione non di alcuni, ma di tutti, ad essere
disponibile grazie alla morte e risurrezione di Cristo. Pertanto, sia coloro
che percorrevano un cammino di fede come catecumeni per ricevere il Battesimo,
sia coloro che si erano allontanati da Dio e dalla comunità della fede e
cercavano la riconciliazione, sia coloro che vivevano la fede in piena
comunione con la Chiesa, tutti insieme sapevano che il tempo che precede la
Pasqua è un tempo di metanoia, cioè del cambiamento interiore, del pentimento; il tempo che
identifica la nostra vita umana e tutta la nostra storia come un processo di
conversione che si mette in movimento ora per incontrare il Signore alla fine
dei tempi.
Con una espressione diventata
tipica nella Liturgia, la Chiesa denomina il periodo nel quale siamo entrati
oggi «Quadragesima», cioè tempo di quaranta giorni e, con un chiaro
riferimento alla Sacra Scrittura ci introduce così in un preciso contesto
spirituale. Quaranta è infatti il numero simbolico con cui l’Antico e il Nuovo
Testamento rappresentano i momenti salienti dell’esperienza della fede del
Popolo di Dio. E’ una cifra che esprime il tempo dell’attesa, della
purificazione, del ritorno al Signore, della consapevolezza che Dio è fedele
alle sue promesse. Questo numero non rappresenta un tempo cronologico esatto,
scandito dalla somma dei giorni. Indica piuttosto una paziente perseveranza, una
lunga prova, un periodo sufficiente per vedere le opere di Dio, un tempo entro
cui occorre decidersi ad assumere le proprie responsabilità senza ulteriori
rimandi. E’ il tempo delle decisioni mature.
Il numero quaranta appare
anzitutto nella storia di Noè.Quest’uomo giusto, a causa del diluvio trascorre
quaranta giorni e quaranta notti nell’arca, insieme alla sua famiglia e agli
animali che Dio gli aveva detto di portare con sé. E attende altri quaranta
giorni, dopo il diluvio, prima di toccare la terraferma, salvata dalla
distruzione (cfr Gen 7,4.12;
8,6). Poi, la prossima tappa: Mosè rimane sul monte Sinai, alla presenza del
Signore, quaranta giorni e quaranta notti, per accogliere la Legge. In tutto questo
tempo digiuna (cfr Es 24,18).
Quaranta sono gli anni di viaggio del popolo ebraico dall’Egitto alla Terra
promessa, tempo adatto per sperimentare la fedeltà di Dio. «Ricordati di tutto
il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi
quarant’anni… Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non
si è gonfiato durante questi quarant’anni», dice Mosè nel Deuteronomio alla
fine di questi quarant'anni di migrazione (Dt 8,2.4).
Gli anni di pace di cui gode Israele sotto i Giudici sono quaranta (cfr Gdc 3,11.30),
ma, trascorso questo tempo, inizia la dimenticanza dei doni di Dio e il ritorno
al peccato. Il profeta Elia impiega quaranta giorni per raggiungere l’Oreb, il
monte dove incontra Dio (cfr 1 Re 19,8).
Quaranta sono i giorni durante i quali i cittadini di Ninive fanno penitenza
per ottenere il perdono di Dio (cfr Gn 3,4).
Quaranta sono anche gli anni dei regni di Saul (cfr At 13,21),
di Davide (cfr 2 Sam 5,4-5)
e di Salomone (cfr 1 Re11,41), i tre primi re d’Israele. Anche i Salmi riflettono sul
significato biblico dei quaranta anni, come ad esempio il Salmo
95, del quale abbiamo
sentito un brano: «Se ascoltaste oggi la sua voce! "Non indurite il cuore
come a Meriba, come nel giorno di Massa nel deserto, dove mi tentarono i vostri
padri: mi misero alla prova pur avendo visto le mie opere. Per quarant'anni mi
disgustò quella generazione e dissi: sono un popolo dal cuore traviato, non
conoscono le mie vie"» (vv. 7c-10).
Nel Nuovo Testamento Gesù, prima
di iniziare la vita pubblica, si ritira nel deserto per quaranta giorni, senza
mangiare né bere (cfr Mt 4,2):
si nutre della Parola di Dio, che usa come arma per vincere il diavolo. Le
tentazioni di Gesù richiamano quelle che il popolo ebraico affrontò nel
deserto, ma che non seppe vincere. Quaranta sono i giorni durante i quali Gesù
risorto istruisce i suoi, prima di ascendere al Cielo e inviare lo Spirito
Santo (cfr At 1,3).
Con questo ricorrente numero di
quaranta è descritto un contesto spirituale che resta attuale e valido, e la
Chiesa, proprio mediante i giorni del periodo quaresimale, intende mantenerne
il perdurante valore e renderne a noi presente l’efficacia. La liturgia
cristiana della Quaresima ha lo scopo di favorire un cammino di rinnovamento
spirituale, alla luce di questa lunga esperienza biblica e soprattutto per
imparare ad imitare Gesù, che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto insegnò
a vincere la tentazione con la Parola di Dio. I quarant’anni della
peregrinazione di Israele nel deserto presentano atteggiamenti e situazioni
ambivalenti. Da una parte essi sono la stagione del primo amore con Dio e tra
Dio e il suo popolo, quando Egli parlava al suo cuore, indicandogli
continuamente la strada da percorrere. Dio aveva preso, per così dire, dimora
in mezzo a Israele, lo precedeva dentro una nube o una colonna di fuoco,
provvedeva ogni giorno al suo nutrimento facendo scendere la manna e facendo
sgorgare l’acqua dalla roccia. Pertanto, gli anni trascorsi da Israele nel
deserto si possono vedere come il tempo della speciale elezione di Dio e della
adesione a Lui da parte del popolo: tempo del primo amore. D’altro canto, la
Bibbia mostra anche un’altra immagine della peregrinazione di Israele nel
deserto: è anche il tempo delle tentazioni e dei pericoli più grandi, quando
Israele mormora contro il suo Dio e vorrebbe tornare al paganesimo e si
costruisce i propri idoli, poiché avverte l’esigenza di venerare un Dio più
vicino e tangibile. E' anche il tempo della ribellione contro il Dio grande e
invisibile.
Questa ambivalenza, tempo della
speciale vicinanza di Dio - tempo del primo amore -, e tempo della tentazione –
tentazione del ritorno al paganesimo -, la ritroviamo in modo sorprendente nel
cammino terreno di Gesù, naturalmente senza alcun compromesso col peccato. Dopo
il battesimo di penitenza al Giordano, nel quale assume su di sé il destino del
Servo di Dio che rinuncia a se stesso e vive per gli altri e si pone tra i
peccatori per prendere su di sé il peccato del mondo, Gesù si reca nel deserto
per stare quaranta giorni in profonda unione con il Padre, ripetendo così la
storia di Israele, tutti quei ritmi di quaranta giorni o anni a cui ho
accennato. Questa dinamica è una costante nella vita terrena di Gesù, che
ricerca sempre momenti di solitudine per pregare il Padre suo e rimanere in
intima comunione, in intima solitudine con Lui, in esclusiva comunione con Lui,
e poi ritornare in mezzo alla gente. Ma in questo tempo di "deserto"
e di incontro speciale col Padre, Gesù si trova esposto al pericolo ed è
assalito dalla tentazione e dalla seduzione del Maligno, il quale gli propone
una via messianica altra, lontana dal progetto di Dio, perché passa attraverso
il potere, il successo, il dominio e non attraverso il dono totale sulla Croce.
Questa è l'alternativa: un messianesimo di potere, di successo, o un messianesimo
di amore, di dono di sé.
Questa situazione di ambivalenza
descrive anche la condizione della Chiesa in cammino nel "deserto"
del mondo e della storia. In questo "deserto" noi credenti abbiamo
certamente l’opportunità di fare una profonda esperienza di Dio che rende forte
lo spirito, conferma la fede, nutre la speranza, anima la carità; un’esperienza
che ci fa partecipi della vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte mediante
il Sacrificio d’amore sulla Croce. Ma il "deserto" è anche l’aspetto
negativo della realtà che ci circonda: l’aridità, la povertà di parole di vita
e di valori, il secolarismo e la cultura materialista, che rinchiudono la
persona nell’orizzonte mondano dell’esistere sottraendolo ad ogni riferimento
alla trascendenza. E’ questo anche l’ambiente in cui il cielo sopra di noi è
oscuro, perché coperto dalle nubi dell’egoismo, dell’incomprensione e
dell’inganno. Nonostante questo, anche per la Chiesa di oggi il tempo del
deserto può trasformarsi in tempo di grazia, poiché abbiamo la certezza che
anche dalla roccia più dura Dio può far scaturire l’acqua viva che disseta e
ristora.
Cari fratelli e sorelle, in
questi quaranta giorni che ci condurranno alla Pasqua di Risurrezione possiamo
ritrovare nuovo coraggio per accettare con pazienza e con fede ogni situazione
di difficoltà, di afflizione e di prova, nella consapevolezza che dalle tenebre
il Signore farà sorgere il giorno nuovo. E se saremo stati fedeli a Gesù
seguendolo sulla via della Croce, il chiaro mondo di Dio, il mondo della luce,
della verità e della gioia ci sarà come ridonato: sarà l’alba nuova creata da
Dio stesso. Buon cammino di Quaresima a voi tutti!
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