Mons. Pompeo Piva preside la solennità del Corpus Domini a Casaloldo (MN) nella primavera 2008. |
NEL TERZO ANNIVERSARIO DELLA MORTE
Il prossimo 6 febbraio ricorre il 3° anniversario della morte dell'Amico e Maestro don Pompeo Piva. Insieme con gli Amici e tutti coloro che lo ricordano con affetto celebrerò una S. Messa in suo suffragio Domenica 05/02 alle ore 10 nella rinnovata chiesa parrocchiale di Casaloldo. Anche in questa occasione,
come negli anni precedenti, pubblico un suo inedito, una meditazione tratta dagli esercizi spirituali predicati alle Suore orsoline di Asola nel Luglio 1998, per evidenziare la sua fede e la sua spiritualità. Buona lettura! dM.
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“CHIUNQUE CREDE CHE GESÙ É IL CRISTO, É NATO DA
DIO"
(1Gv 5,1)
Nella nostra vita spirituale cristiana siamo sempre
preceduti dall’iniziativa di Dio. Chiamo "fatto previo" l’autocomunicazione di Dio per mezzo di
Cristo nella potenza dello Spirito Santo, per cui siamo creature nuove in Cristo. La via del
cristiano è Gesù Cristo, che nella potenza dello Spiri-to santo illumina e
vivifica il singolo e la comunità, li inizia alla vita nascosta in Dio, li
guida alla pienezza della verità negli atteggiamenti di ogni giorno. Ecco un testo significativo di Paolo:
“L’amore di Cristo ci
spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti. Ed
egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi,
ma per colui che è morto e risuscitato per loro. Cosicché ormai noi non
conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo
secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è
creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”[i].
A questo annuncio fa eco il pensiero del Concilio
Vaticano II. Leggiamo nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium e in quella pastorale Gaudium et Spes:
“É venuto il Figlio,
mandato dal Padre, il quale, prima della fondazione del mondo, in lui ci ha
eletti e ci ha predestinati ad essere adottati in figli, perché in lui si
compiacque di ricapitolare tutte le cose. Perciò Cristo, per adempiere la
volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ce ne ha
rivelato il mistero, e con la sua ubbidienza ha operato la redenzione”[ii].
“La sacra Scrittura
insegna che l’uomo è stato creato a immagine di Dio, capace di conoscere e di
amare il proprio Creatore, e che fu costituito da lui sopra tutte le creature
terrene quale signore di esse (cfr Gen 1, 26; Sap 2, 23), per governarle e
servirsene a gloria di Dio (cfr Eccli 17, 2-10). Che cos’è l’uomo, che tu ti
ricordi di lui? O il figlio dell’uomo che tu ti prenda cura di lui? Lo hai
fatto di poco inferiore agli angeli, l’hai coronato di gloria e di onore, e
l’hai costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai sottoposto ai suoi
piedi”[iii].
I Padri conciliari
hanno ritenuto incompleta quella descrizione. Infatti, in un altro passo della
stessa Gaudium et Spes, precisano con
molta chiarezza il pensiero cristiano:
“In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova luce il
mistero dell’uomo. Adamo, il primo uomo, era figura di quello futuro (cfr Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore.
Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo
amore svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima
vocazione (...). E ciò non vale solamente per i cristiani ma anche per tutti
gli uomini di buona volontà, nel cui cuore lavora invisibilmente la grazia.
Cristo infatti è morto per tutti (cfr Rm 8, 32) e la vocazione ultima dell’uomo
è effettivamente una sola, quella divina; perciò dobbiamo ritenere che lo
Spirito santo dia a tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio
conosce, con il mistero pasquale. Tale e così grande è il mistero dell’uomo,
che chiaro si rivela agli occhi dei credenti, attraverso la rivelazione
cristiana”[iv].
1. RIVESTIRE
L’UOMO NUOVO SECONDO DIO
Per la fede l’uomo entra nel regno di Dio. Per pura
grazia si realizza in lui una profonda e radicale trasformazione: diventa una creatura nuova. Nell’uomo ha termine
qualcosa per dare inizio a qualcosa d’altro di totalmente nuovo: la fine e
l’inizio sono partecipazione a quella fine e a quell’inizio che si sono
avverati con l’ingresso di Cristo nella storia umana. Questo è il fatto previo. In che cosa consiste? Un
testo di S. Paolo lo dice con chiarezza:
"Anche voi
eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo
viveste alla maniera di questo mondo (…) , seguendo il principe delle potenze
dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli. Nel numero di
quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri
della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo
per natura meritevoli di d'ira, come gli altri. Ma Dio, ricco di misericordia,
per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i
peccati, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati
salvati. Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatto sedere nei cieli, in
Cristo Gesù, per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della
sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per questa grazia
infatti siete stati salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono
di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti
opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto
perché noi le praticassimo"[v].
Due
fatti balzano all'attenzione: 1) la condizione di peccato in cui tutti gli
uomini si trovano entrando in questo mondo; 2) l'unica possibilità di salvezza
è offerta dalla infinita misericordia di Dio, che ha deciso di venire in nostro soccorso per mezzo di Cristo, morto e
risorto. Questa è la novità cristiana. Voglio ripercorrere alcune pagine della
Scrittura per individuarne il mistero.
1.1. L’evento della novità
cristiana
L’Antico
Testamento descrive l’epoca
messianica come caratterizzata da una mirabile ed inaspettata novità: Dio
stringerà un’alleanza nuova e definitiva con Israele e con tutta l'umanità;
darà una legge nuova, non scritta su tavole di pietra ma scolpita nei cuori;
infonderà negli uomini uno spirito nuovo[vi]. Il
profeta Isaia, riferendosi ai tempi futuri, presenta così il tema della novità:
“Io faccio una cosa
nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete? Aprirò anche nel deserto una
strada, immetterò fiumi nella steppa. Mi glorificheranno le bestie selvatiche,
sciacalli e struzzi, perché avrò fornito acqua al deserto, fiumi alla steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto. Il popolo che io ho plasmato per me
celebrerà le mie lodi”[vii].
Sempre in riferimento ai tempi futuri, lo stesso
profeta descrive la trasformazione di Gerusalemme, della terra promessa, del
mondo intero con questi accenti:
“Infatti io creo
nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in
mente, poiché si goderà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, e farò
di Gerusalemme una gioia, del suo popolo un gaudio. Io esulterò di Gerusalemme,
goderò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di
angoscia. Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio
che dei suoi giorni non giunga alla pienezza”[viii].
Il profeta Gioele,
dal canto suo, annuncia lo spirito divino che sarà riversato in abbondanza
sugli uomini, divenendo il creatore di una nuova stirpe:
“Dopo questo, io
effonderò il mio spirito sopra ogni uomo e diverranno profeti i vostri figli e
le vostre figlie; i vostri anziani faranno sogni, i vostri giovani avranno
visioni. Anche sopra gli schiavi e sulle schiave, in quei giorni, effonderò il
mio spirito. Farò prodigi nel cielo e sulla terra, sangue, fuoco e colonne di
fumo. Il sole si cambierà in tenebre e la luna in sangue, prima che venga il
giorno del Signore, grande e terribile. Chiunque invocherà il nome del Signore
sarà salvato, poiché sul monte Sion e in Gerusalemme vi sarà la salvezza, come
ha detto il Signore, anche per i superstiti che il Signore avrà chiamati”[ix].
Il Nuovo Testamento porta a compimento la profezia dell’Antico. Gesù
Cristo è l’uomo nuovo, per mezzo del quale l’umanità ha il suo nuovo
principio storico, divenendo in Lui
umanità rinnovata. Il messaggio di novità viene presentato dai vangeli secondo
diverse modalità. Ne indico soltanto due: il simbolo del panno nuovo e quello
del vino nuovo posto in otri vecchi[x]. Queste
simbologie ricordano che il Vangelo di Gesù non è una semplice rimessa a nuovo
del giudaismo, ma uno spirito radicalmente nuovo[xi]. M. P.
Lagrange pensa che queste parole costituiscano “l’infrastrutura teoretica di
tutta la dottrina di Paolo riguardante la nuova vita”[xii]. Gesù
stesso proclama che è giunto il tempo della nuova ed eterna alleanza, in cui si
stabilisce il regno di Dio.
“Dopo che Giovanni fu
arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva: Il
tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”[xiii].
Il sangue sparso di Cristo suggella il nuovo e
definitivo patto. Ad ogni uomo, per la fede e la conversione, è donata la reale
possibilità di entrare a far parte del regno di Dio[xiv]. Il
tema della novità cristiana è ampiamente presente in S. Paolo. Cristo è l’uomo
nuovo. Adamo, il primo uomo, è figura di quello futuro: Gesù Cristo, definito
l’ultimo Adamo.
“Se c’è un corpo
animale, vi è anche un corpo spirituale, poiché sta scritto che il primo uomo,
Adamo, divenne un essere vivente, ma l’ultimo Adamo divenne spirito datore di
vita. Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, poi lo
spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene
dal cielo. Quale è l’uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale
il celeste, così anche i celesti. E come abbiamo portato l’immagine dell’uomo
di terra, così porteremo l’immagine dell’uomo celeste. Questo vi dico, o
fratelli: la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò
che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità”[xv].
In questa
prospettiva, l'Apostolo presenta l’opera di Gesù Cristo come rinnovazione,
rigenerazione, creazione nuova: “Non è la circoncisione che conta né la non
circoncisione, ma l’essere nuova creatura”[xvi].
Anche il battesimo è presentato nell'ottica della novità: opera infatti una
radicale trasformazione dell’uomo, facendolo passare dall’ingiustizia alla
giustizia, dal peccato e dalla morte alla vita, dalle tenebre alla luce, dalla
schiavitù alla libertà.
“Quando però si sono
manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini,
egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per
sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello
Spirito santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Cristo
Gesù, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo
eredi, secondo la speranza, della vita eterna”[xvii].
L’evangelista Giovanni presenta il tema della novità
cristiana con insistenza e chiarezza. Ecco un testo dell’Apocalisse.
“Vidi poi un nuovo
cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e
il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme,
scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adornata per il suo sposo.
Udii allora una voce potente che usciva dal trono: Ecco la dimora di Dio con
gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà
il Dio con loro. Tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,
né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. Colui
che sedeva sul trono disse: Ecco, faccio nuove tutte le cose; e soggiunse:
Scrivi, perché queste parole sono certe e veraci”[xviii].
S. Pietro definisce la nuova vita come rigenerazione,
legandola alla Parola di Dio, seme incorruttibile, e alla risurrezione di Gesù
Cristo[xix]. Per
questo sottolinea che la vita morale del battezzato costituisce una novità di
vita, in attesa di “nuovi cieli e (di) una terra nuova, nei quali avrà stabile
dimora la giustizia”[xx]. Ho
evidenziato il fatto della novità cristiana. Quali sono i suoi contenuti?
[i] 2Cor
5,14-17. Cfr H. D. WENDLAND, Le Lettere ai Corinzi, Paideia, Brescia 1976, pp. 372-386.
[ii] LG 3. Cito,
d’ora in poi, lo Enchiridion Vaticanum.
Documenti. Il Concilio Vaticano II. Testo ufficiale e traduzione italiana a cura
del Centro Dehoniano, Dehoniane, Bologna 1971...
[iii] GS 12.
[iv] GS 22.
[v] Ef 2,1-10.
[vi] Propongo
per la lettura i due testi classici dell'Antico Testamento: Ger 30-31;33; Ez
36-37.
[vii] Is 43,16-21. Cfr C. WESTERMANN, Isaia (40-66), Paideia, Brescia
1988, pp. 156-170.
[viii] Is 65,17-20. Cfr C. WESTERMANN, o. c., pp. 213-264.
[ix] Gl 3,1-5.
Cfr P. G. RINALDI, I profeti minori. Gioele, Marietti, Torino 1979, pp. 156-168, in un contesto più
ampio.
[x] Matteo 9,
14-17 pone la simbologia all'interno della disputa sul digiuno con i discepoli
di Giovanni e i farisei: "Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un
vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma
uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il
vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri
nuovi". Cfr J. GNILKA, Il vangelo di Matteo, Parte Prima,
Paideia, Brescia 1990, pp. 491-497.
A p. 494 scrive l'Autore citato: "Il duplice detto
figurato della toppa e del vino, intende proclamare l'inconciliabilità del
nuovo con l'antico e parla in termini positivi della dinamica del nuovo. Dopo
la domanda sul digiuno, questo sembra notevolmente limitato. Non sono
contrapposti digiuno e non digiuno, ma due diversi intendimenti (...). La
novità del digiuno cristiano è in pratica il suo riferimento alla croce".
E a p. 496 aggiunge: "Il vino è simbolo del tempo della salvezza. Il nuovo
va identificato soprattutto con il regno di Dio, che mette in questione
l'antico e quanto è durato finora".
[xi] Cfr L. SABOURIN, Il Vangelo di Matteo. Teologia
ed esegesi, vol. 2, Fede ed Arte, Marino (Roma) 1977, pp. 546-554. Per il
testo parallelo di Luca cfr J. ERNST, Il Vangelo secondo Luca, vol. 1, Morcelliana,
Brescia 1988, pp. 265-274
[xii] M. P. LAGRANGE, Évangile selon Saint Luc, Gabalda, Paris 1948, pp. 170-174.
[xiii] Mc 1,14-15.
Cfr R. PESCH, Il
Vangelo di Marco. Parte prima, Paideia, Brescia 1980, pp. 178-190.
[xiv] Cfr Mt 26,26-46. Per uno studio approfondito
della pericope citata e dei i passi paralleli vedi: J. GNILKA, Il Vangelo di Matteo, Parte seconda, o.
c., pp. 456-480; SABOURIN L., Il Vangelo di Matteo, vol. 2, o.
c.; X. L. DUFOUR,
I Vangeli e la storia di Gesù, Paoline, Milano 1969, pp. 618-620. Cfr anche
Mt 18,3-5; Mc 12,28-34; Gv 14,14-24. Per l'esegesi cfr J. GNILKA, Il Vangelo di Matteo, Parte seconda, o. c., pp. 234-267; L.
SABOURIN, o. c., vol. 1, pp. 802-815; J.
PESCH, Il Vangelo di Marco, Parte
seconda, o. c., pp. 355-375; R. SCHNACKENBURG, Il Vangelo di Giovanni, Parte terza, Paideia, Brescia 1981, pp.
117-146.
[xv] 1Cor
15,45-50. Come introduzione al pensiero di Paolo su questo tema si può leggere
l'interessante studio di B. REY, Creati
in Cristo Gesù. La nuova creazione secondo S. Paolo, A.V.E., Roma 1988, soprattutto alle pp.
49-84. Per l’esegesi vedi H. D.
WENDLAND, Le Lettere ai Corinzi, o.
c., pp. 289-304. Importante è il passo di Rm 5,12-21: cfr H. SCHLIER, La Lettera ai
Romani, Paideia, Brescia 1982, pp. 270-321.
[xvi] Gal 6,15.
Vedi anche Gal 2,15-21; 5,6; 2Cor 5,17; Ef 2,1-10; Col 3,9-11. Oltre i
commentari già indicati, cfr J. BLIGH, Lettera ai Galati, Paoline, Roma 1972,
pp. 348-393 e p. 868ss; H. D. WENDLAND, Le
Lettere ai Corinzi, o. c., pp.
380-425; R. SCHNACKENBURG, La vita
cristiana. Esegesi in progresso e in mutamento, Jaca Book, Milano 1977, pp.
263-316; P. ALTHAUS, Lettera ai Romani,
Paideia, Brescia 1970, pp. 111-126.
[xvii] Tt 3,4-7. Cfr
J. JEREMIAS-H. STRATHMANN, Lettere a Timoteo e a Tito. Lettera agli
Ebrei, Paideia, Brescia 1983, pp. 123-126.
[xviii] Ap
21,1-5. Cfr E. LHOSE, L’Apocalisse di Giovanni, Paideia, Brescia 1974, pp. 184-187.
Vedi anche le osservazioni di E.
CORSINI, Apocalisse prima e dopo, S.E.I., Torino 1988, pp. 515-543.
[xix] Cfr 1Pt 1,3;
1,23. Cfr K. H. SCHELKLE, Le Lettere di Pietro. Lettera di Giuda,
Paideia, Brescia 1981, pp. 70-77; 106-109.
[xx] 2Pt 3,13: cfr K. H. SCHELKLE, o. c., pp.
347-360.
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