La mano di un lebbroso |
VI
Domenica del tempo Ordinario “B”.
La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Dal
Vangelo secondo Marco (1, 40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non
dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua
purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. Parola del Signore.
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Dopo l’intensa giornata di Cafarnao, Marco ci
racconta la guarigione di un lebbroso. Non sappiamo dove e quando è avvenuta. Ciò
che interessa è il fatto in sé. La lebbra infatti non era una malattia come le
altre. Oltre a sfigurare e deturpare chi ne era colpito in modo orribile, fino a disgregarne
le membra come cera al sole, essa era il segno di una punizione divina, come
accadde a Maria, la sorella di Mosè, diventata improvvisamente lebbrosa per la
sua superbia (cfr. Num. 12,10). Ancora ai tempi di Gesù, l’unico rimedio consisteva
nell’isolare i lebbrosi lontano dai centri abitati, in luoghi deserti, per evitare
il diffondersi del contagio. Il lebbroso era considerato peggio di un pubblico
peccatore. Quando si aggirava vicino alle città o ai villaggi doveva gridare: “Impuro!”. Guarire dalla lebbra era praticamente
impossibile, se non per un miracolo, come nel caso del generale siriano Naamàn
(cfr. 2Re 5,1-14). Spettava al sacerdote costatare l’eventuale guarigione. Gesù
compie un gesto clamoroso: prima dà ascolto al lebbroso e poi addirittura gli
tende la mano, fino a toccarlo. Non si tratta di un azzardo provocatorio, ma di
una precisa volontà: “Lo voglio, sii
purificato!”. Gesù, non soltanto guarisce i corpi e le anime, come abbiamo
visto nella giornata di Cafarnao, ma riscatta anche da ogni forma di marginalità
e discriminazione. La “purificazione”
va intesa non soltanto come una semplice reintegrazione umana e sociale. Essa
consiste in qualcosa di più profondo e radicale che ha a che fare con la
dimensione religiosa dell’uomo, una realtà, come dice Sant’Agostino, più intima
di quanto io lo sia a me stesso. Gesù riabilita l’uomo al rapporto con Dio. Viene
in mente la beatitudine di Matteo: “Beati
i puri di cuore perché vedranno Dio” (5,8). Il rapporto con Dio è il
fondamento della vera dignità dell’uomo. Se, per grazia di Dio, almeno qui in
Occidente non corriamo più il pericolo del contagio fisico, tra noi rimane
molto diffusa la lebbra del cuore. Nell’immaginario collettivo il lebbroso oggi
individua una persona socialmente pericolosa, da tenere a debita distanza per
il pericolo di contagio. Mi riferisco a tutte le forme di discriminazioni e di
emarginazioni, spesso anche motivate religiosamente, che la storia ci ha fatto conoscere
e tutt’altro che superate. In una società senza Dio, più si afferma il principio di uguaglianza di tutti
gli esseri umani e più si vanno affermando forme di discriminazioni sempre
nuove e sempre più umilianti. Alla fine del racconto di Marco, colpisce l’ammonimento
di non dire niente a nessuno, se non ai sacerdoti che dovevano accertare l’avvenuta
guarigione, con cui Gesù lo congeda l’ormai ex lebbroso. La divulgazione di
certi fatti, basata soltanto sul sensazionale e non sulla fede in Gesù Figlio
di Dio, alla quale l’evangelista ci sta guidando, si trasforma in un boomerang
e impedisce a Gesù di svolgere la sua missione pubblicamente, come è accaduto
invece a Cafarnao. Coloro che avevano gli strumenti per capire che cosa stava
succedendo attraverso i segni compiuti da Gesù, erano proprio i sacerdoti. Oggi
questa testimonianza è per noi, perché crediamo che Gesù è il Figlio di Dio e
accogliamo il regno di Dio, presente in mezzo a noi.
Buona Domenica! don Marco Belladelli
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