Solennità del Natale
di nostro Signore Gesù Cristo.
S.
Messa della Notte
Oggi
è nato per voi il Salvatore
Dal
Vangelo secondo Luca (2,1-14).
In quei giorni un decreto di
Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla
città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia
di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.
Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una
mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama». Parola del Signore.
La
liturgia del giorno di Natale si sviluppa in quattro celebrazioni diverse:
della vigilia, della notte, dell’aurora e del giorno. Tralasciamo quella della
vigilia e cominciamo con il commento della S. Messa della notte.
La
famosa canzone di S. Alfonso Maria de’ Liguori “Quanno nascette Ninno”,
da cui fu tratta la più popolare Tu
scendi dalle stelle, attesta l’antica la tradizione di recarsi in chiesa
nel cuore della notte per celebrare il mistero della nascita di Gesù, da cui
per iniziativa di San Francesco ha avuto origine anche la tradizione del
presepe che quest’anno celebra gli 800 anni della prima rappresentazione di
Greccio (RI). Quella notte - dice S.
Alfonso - era così luminosa che “pareva miezojuorno...”. Anche noi
continuiamo a uscire di casa nel cuore della notte, sfidando le tenebre, per
accogliere la luce del “mistero
nascosto da secoli, ma ora manifestato ai suoi santi” (Col 1,26).
Seguiamo
Giuseppe, che in ossequio al bando imperiale del famoso censimento, secondo il
quale ognuno doveva farsi registrare nella sua città di origine, “dalla
città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata
Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta”.
Cesare Augusto, che con la sua decisone ha determinato le condizioni della nascita
di Gesù, però in tutta la sua grandezza e potenza non si è accorto di nulla, e
cioè che in quell’oscuro e lontano angolo dell’impero romano si stava realizzando
l’evento più grande che la storia abbia mai conosciuto. In quella nascita,
apparentemente comune a quella di tanti uomini, si compivano le promesse dei
Profeti tanto attese dal popolo d’Israele.
L’Evangelista
Luca descrive la nascita di Gesù con una semplicità disarmante: “Maria
… diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in
una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.”. Tre
frasi di cronaca apparentemente incapaci di rivelare un mistero tanto grande.
Quante risorse si sprecano oggi, nell’era della comunicazione di massa, per dare
visibilità ad eventi che lasciano il tempo che trovano. Fari accesi e microfoni
aperti con frotte di cronisti in stato d’assedio per suscitare curiosità
morbosa, qualche momentanea emozione e poco più di nulla. Avanti il prossimo …
Da parte di
san Luca invece nessuna enfasi, né retorica, ma semplicemente il mistero di
Maria che ha partorito suo figlio,
“Il primogenito” di tutta la creazione (Col 1,15), come dirà S.
Paolo, colui che era prima di me (Gv 1,30), come ci ha detto il Battista nelle
Domeniche di Avvento, colui che era fin dal principio (Gv 1,1), come dice oggi
l’evangelista Giovanni nel suo prologo nella S. Messa del giorno. Insomma, non
un uomo qualsiasi, ma il Figlio di Dio.
Un neonato
non può provvedere a se stesso e le fasce servono per proteggerlo. Nella sua
fragilità ha bisogno di essere nutrito, lavato e soprattutto amorevolmente custodito. Anche il Figlio di
Dio ha bisogno di tutto questo. Quelle fasce sono anche annuncio del sudario e delle
altre bende che avvolgeranno il suo cadavere dopo la morte in croce, dalle
quali sarà liberato non per mano di uomo.
In attesa
di farsi cibo di vita eterna per tutta l’umanità (Gv 6,51), dorme nella
mangiatoia, in un anfratto di quella grotta, dove Maria e Giuseppe hanno
trovato rifugio per un evento tanto importante. Per terra avrebbe corso il
rischio di essere calpestato dagli animali. In quella mangiatoia il Figlio di
Dio però sta sospeso a mezz’aria, tra cielo e terra, perché per lui e i suoi
genitori “non c’era posto nell’alloggio”.
Un segno dell’ostilità terrena che fin da ora lo circonda e lo minaccia. Come
non ha trovato posto neanche nella più malandata locanda della terra, così
anche oggi il Figlio di Dio che viene in mezzo a noi deve fare i conti con
tanta indifferenza ed ostilità. Le guerre in corso e tutte le violenze che
improvvisamente esplodono dentro la nostra convivenza civile, sono il segno del
rifiuto di Dio da parte degli uomini di oggi.
Gli Angeli
indicano ai pastori proprio le fasce e la mangiatoia come segni per riconoscere
il “salvatore, il Cristo Signore”. Fragilità e ostilità restano anche per noi i
segni attraverso i quali riconoscere l’Emanuele,
il Dio con noi.
Nella luce
di questo evento Cielo e terra si congiungono, ma soprattutto Dio e l’uomo si
uniscono molto di più di quanto lo siano stati fin dall’inizio della creazione.
Affrettiamoci anche noi, cari amici, e guardiamoci bene intorno, perché anche
oggi là dove c’è fragilità e ostilità ingiustificata contro il Bene troveremo
il Dio fatto uomo, il nostro Salvatore. Allora il buio della notte si
trasformerà nella luce splendente di mezzogiorno!
Buon Natale cari amici,
con tutto il cuore !!!
don Marco Belladelli
Il mio augurio di buon Natale 🎄 che Dio nasca dentro di noi e ci doni la sua stessa vita
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