Ilario da Viterbo, Annunciazione (particolre), 1393, Porziuncola - Assisi (PG). |
IV
Domenica di Avvento “B”
Ecco concepirai un figlio e lo darai alla luce.
Dal Vangelo secondo Luca (1, 26-38).
In quel tempo, l’angelo
Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una
vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La
vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di
grazia: il Signore è con te».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. Parola del Signore.
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Riascoltiamo il racconto dell’annunciazione a
Maria, già proposto dalla liturgia nella festa dell’Immacolata Concezione. La
preghiera della colletta mette però in relazione la fecondità di Maria con
quella della Chiesa, perché sul suo esempio anch’essa diventi ‘Madre’ di una
stirpe santa, fecondità che dipende unicamente dalla qualità del nostro
rapporto con Dio: “Dio grande e
misericordioso, … concedi alla tua Chiesa la fecondità dello Spirito, perché
sull'esempio di Maria accolga il Verbo della vita e si rallegri come madre di
una stirpe santa e incorruttibile”.
L’attualizzazione del mistero dell’incarnazione,
compiutosi con il “Sì” di Maria e nel
quale Dio realizza il suo disegno di salvezza per tutta l’umanità, ovviamente coinvolge
la Chiesa, per essere oggi e sempre “madre
di una stirpe santa e incorruttibile”, e noi con lei, come Maria, siamo
chiamati ad abbandonarci a Dio nella fecondità nello Spirito.
La prima lettura, nella quale si evidenzia come
la stabilità della casa e del regno di Davide fosse di origine divina, ci
orienta a prestare attenzione all’opera di Dio, piuttosto che concentrarci su noi
stessi, e con Maria ci chiediamo come sia possibile che si realizzi anche per
noi un incontro simile al suo? Secondo quali modalità? Con quali conseguenze
concrete?
Ci viene in aiuto il Concilio Vaticano II che al
n. 22 della Costituzione pastorale sul mondo contemporaneo, comunemente nota
come “Gaudium et Spes” recita:
“In realtà solamente nel mistero del Verbo
incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. Adamo, infatti, il primo uomo,
era figura di quello futuro (Rm 5,14) e cioè di Cristo Signore. Cristo, che è
il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela
anche pienamente l'uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione.
… Egli è «l'immagine dell'invisibile Iddio » (Col 1,15) è l'uomo perfetto che
ha restituito ai figli di Adamo la somiglianza con Dio, resa deforme già subito
agli inizi a causa del peccato. Poiché in lui la natura umana è stata assunta,
senza per questo venire annientata per ciò stesso essa è stata anche in noi
innalzata a una dignità sublime.
Con l'incarnazione il Figlio di Dio si è unito
in certo modo ad ogni uomo.”.
Tre sono le affermazioni importanti di questo
testo conciliare:
1. Prima di tutto che Gesù
Cristo, nuovo Adamo, rivelatore del mistero del Dio uno e trino, ‘svela anche pienamente l'uomo a se
stesso’.
2.
In
lui la natura umana non è annientata, ma “innalzata a una dignità sublime”.
3.
Ancora
più sorprendente è l’affermazione di Gesù che in un certo modo “ha unito a sé ogni uomo”.
Ancora una volta, nella sua onnipotenza
misericordiosa, Dio ci stupisce, e la fecondità dello Spirito invocata per la
Chiesa consiste quindi nel mettere da parte tutte le nostre resistenze e
fraintendimenti per accogliere con cuore aperto Gesù che si unisce a ciascuno
di noi, salvezza e modello di ogni uomo. Soltanto se scendiamo a questa
profondità per lasciarci innalzare all’incontro con Dio saremo sottratti dal
rischio di vivere un Natale banale e inquinato dal consumismo, ridotto ad una sagra
dei buoni sentimenti, maschera di un egoismo che rimane intatto, se non ancora
più forte. Come non provare grande e vera gioia nel profondo dell’anima di
fronte a tanta grazia? Vista la coincidenza di questa Domenica con la vigilia,
possiamo già augurarci: Buon Natale! Che sia un vero incontro con Cristo.
don Marco Belladelli
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