Giovanni Belbello da Pavia, Il re Davide orante, Messale di Barbara di Brandeburgo (MN) |
I
Domenica di Avvento “B”
Vegliate: non sapete quando il padrone di casa ritornerà.
Dal Vangelo secondo Marco (13, 33-37)
In quel tempo, Gesù
disse ai suoi discepoli:
«Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un
uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi
servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare.
Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!». Parola del Signore.
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Inizia un nuovo anno liturgico e nel ciclo annuale
delle celebrazioni il mistero di Cristo morto e risorto s’incontra con il
mutare della nostra esistenza e di tutta la storia umana per una rinnovata
esperienza di salvezza, di fronte alle sfide personali e sociali che ostacolano
la naturale tensione verso la pienezza della vita di ciascuno di noi, la
pacifica convivenza e il futuro stesso dell’umanità. Basta pensare che cosa hanno
significato negli ultimi anni l’irrompere della pandemia, delle guerre, delle diverse
crisi sociali ed economiche, unite alle trasformazioni culturali del nostro
tempo incentrate soltanto sul “proprio io e
le sue voglie” (Card. Ratzinger).
L’atto liturgico non
è mai qualcosa di puramente casuale o di estemporaneo, ma è contemporaneamente
azione di Dio e azione della Chiesa. E’ grazia di Dio, cioè segno efficace del
suo continuo operare per la salvezza di tutta l’umanità, che incide
profondamente sulla nostra persona, innestando (cfr. Rom 11,19) in chi vi
partecipa un’energia trasfigurante ad immagine dell’umanità del Cristo, con
tutti i suoi significati e i valori, di luce che dirada le tenebre, di forza nella
debolezza, di sollievo nella sofferenza, di Speranza che non delude (Rom 5,5), caparra
della liberazione definitiva da ogni male e da ogni limite. Un insieme di buone
ragioni, se mai ce ne fosse bisogno, per indurci a partecipare in modo vivo e
assiduo alla S. Messa festiva e, perché no, anche a qualche celebrazione
feriale.
Il nostro cammino
ricomincia sempre dall’Avvento, che comprende le quattro domeniche che precedono il 25
Dicembre. Due segni caratteristici di questo particolare periodo liturgico sono
il colore violaceo dei paramenti e la
corona dell’avvento, che troviamo
ormai anche in luoghi profani. Formata da rami di sempreverde intrecciati, su
cui sono fissate quattro candele, in genere di colore rosso, da accendere progressivamente
di domenica, in domenica, scandisce le tappe di avvicinamento al Natale.
Nell’antifona d’ingresso della prima Domenica
d’Avvento, la Chiesa prega:
“A te, Signore, elèvo l'anima mia, Dio mio, in te confido: che io non
sia confuso”,
un invito ad elevarsi interiormente,
per non rimanere schiavi di noi stessi e della vita terrena. La Chiesa dipende
da Dio, essa vive unicamente e totalmente per Lui, e l’Avvento è per eccellenza
il tempo nel quale si manifesta l’importanza radicale di questo particolare
rapporto dell’uomo con Dio, sopra ogni altra cosa, è il tempo per fissare lo
sguardo e tutto il proprio essere unicamente su di lui. Nella contemplazione
del mistero della venuta di Gesù nell’umiltà della carne e dell’attesa del suo
ritorno glorioso alla fine dei tempi, la Chiesa riscopre la propria origine, la
propria natura umano/divina e la propria missione universale. In una attenta
vigilanza, vissuta nella preghiera e nell’ascolto della Parola di Dio, ci
prepariamo all’incontro con il Signore, coniugando elevazione e glorificazione, così come Gesù ha coniugato umiliazione e gloria. Tutti attendiamo lo “Sposo”,
colui cioè che sa soddisfare il nostro profondo desiderio di comunione, approdo
vitale a cui tutti tanto aneliamo per la nostra felicità, ma che il più delle
volte si risolve in delusioni e frustrazioni.
Lasciamo Matteo per il
vangelo di Marco e cominciamo a leggerlo non dall’inizio, ma dall’ultima parola
pronunciata da Gesù prima della passione: “Vegliate!”,
un monito imperativo rivolto a tutti e ripetuto tre volte. Tanta insistenza, perché
il ritorno del Signore è una certezza, non è come il Godot che non arriva mai. Come
per il padrone di casa del vangelo, che ha lasciato per un breve periodo la
propria abitazione alla responsabilità dei servi, è sicuro il rientro, e sono altrettanto
certi l’inizio e la fine della nostra vita terrena, lo è anche il ritorno del
Signore. L’attesa deve essere un atteggiamento spirituale costantemente
presente nell’animo di ogni discepolo del Signore e si caratterizza per una
fede affettuosa, una sequela consapevole e la contemplazione continua della
persona di Gesù. L’attesa è causa di crescita dell’uomo, una tensione che lo stimola
a trascendere se stesso per ritrovarsi figli del Padre comune che sta nei
cieli, come sua creatura, e per noi cristiani soprattutto per la grazia
battesimale, che ci rende figli nel Figlio.
Nel tempo d’Avvento
la Chiesa rivive il mistero dell’incarnazione del Signore Gesù per riconoscere nel
presente i segni del suo futuro ritorno in mezzo a noi. Se abbiamo dubbi circa
la sua venuta, perché non abbiamo ancora fatto l’esperienza della sua viva
presenza tra noi, se abbiamo il cuore pieno di delusioni, perché ci siamo
complicati la vita in inutili percorsi che si sono rivelati dei vicoli ciechi, se
abbiamo seguito falsi maestri, tanto da non distinguere più il bene da male,
allora è venuto il tempo di vegliare! Vegliamo nella
preghiera, nella lettura della Parola di Dio e in una vita fraterna di
comunione, così il Signore al suo ritorno ci troverà svegli e pronti ad
aprirgli la porta, quando busserà (Ap. 3,20). Buon cammino d’Avvento!
don Marco Belladelli
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