Raffaello Sanzio, Predica del Battista, 1505, già pala Ansidei (PG), National Gallery - Londra |
III Domenica di Avvento, “C”
E noi che cosa dobbiamo fare?
Dal Vangelo secondo Luca
(3,10-18).
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo
fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha
da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte
altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Parola del Signore.
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Questa Domenica in molte Chiese vedrete il celebrante indossare paramenti di colore rosa. Non è un cedimento alla vanità dei tempi, ma un segno liturgico dell’avvicinarsi del Natale. Il rosaceo evoca il colore dell’alba che precede la luce del giorno.
La gioiosa esultanza della prima e della seconda lettura per la prossimità del Signore, contrasta con la severità delle parole del Giovanni Battista. Per tre volte diversi gruppi di persone gli chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”. La sua risposta è sempre un fermo invito alla vera conversione, fatta di rottura con il passato e di scelte di vita coraggiose nell’ordine della giustizia, dell’onestà e del rispetto degli altri. In sintonia con i grandi profeti dell’Antico Testamento ci ricorda che la vera religione si manifesta in una vita retta, virtuosa e misericordiosa verso i poveri. Nessuno è escluso da un tale ammonimento, perché tutti abbiamo qualcosa da cambiare e migliorare nella nostra vita.
Sorprende che gli interlocutori del Battista siano categorie solitamente refrattarie alla religione come i pubblicani e i soldati, persone disincantate e senza scrupoli morali, ma attratti dalla potenza dello Spirito Santo che opera in lui, carisma purtroppo non altrettanto presente nelle proposte pastorali delle nostre parrocchie e diocesi.
In questo tempo d’Avvento ci raccogliamo attorno all’altare del Signore per essere aiutati a vivere la nostra elevazione spirituale come una tappa significativa della nostra salvezza. Da duemila anni il Battista ci indica sempre la stessa strada: integrità morale, sobrietà di vita e misericordia verso poveri e bisognosi. Che cosa ci impedisce di coniugare questo paradigma? Dobbiamo forse diventare tutti degli eremiti come lui? E poi chi manda avanti il mondo?
Non è il momento né il luogo per approfondite analisi psico-sociologico e culturali, più utili per un esercizio intellettuale, che all’individuazione di vere prospettive di novità di vita e di speranza. Torna allora la domanda già rivolta al Battista: che cosa dobbiamo fare?
Finché continueremo a negare le nostre responsabilità di fronte all’emergenza morale dei nostri giorni, dove quello che conta è soltanto il tornaconto personale e l’interesse economico, quale unico criterio e regola delle relazioni umane, dove non c’è spazio per la misericordia, perché il povero è una minaccia alla mia sicurezza e mi limito ad incontrarlo sui cartelloni della Caritas, liquidandolo con una offerta, che a me non sconvolge la vita e a lui non risolve i problemi, vuol dire che il monito di Giovanni Battista non ci ha nemmeno sfiorato.
Qualche tempo fa,
parlando con S. Ecc. Monsignor Henryk Hoser, già Vescovo di Varsavia-Praga e Visitatore
Apostolico di Medjugorie, scomparso l’Agosto scorso, a proposito della
situazione attuale del mondo e della Chiesa, disse molto semplicemente che
senza l’intervento diretto di Dio, noi uomini, da soli, non saremo mai in grado
di porre rimedio ai mali del nostro tempo.
Una considerazione che mi trova pienamente d’accordo. Questo significa che non è sufficiente la consapevolezza dei problemi e la buona volontà a porvi rimedio. Come duemila anni fa, per preparare la venuta di Gesù nel mondo, Dio ha mandato il Battista, pieno di Spirito Santo, così oggi per riparare ai problemi che attanagliano la Chiesa e l’umanità c’è bisogno di un nuovo e potente intervento dello Spirito Santo, l’unico capace di cambiare il cuore dell’uomo e di riportarlo all’incontro amichevole con il Dio misericordioso di Gesù Cristo.
La festa gioiosa annunciata oggi dalla liturgia è per coloro che si sono lasciati trasformare dallo Spirito Santo, hanno riconosciuto i segni della presenza del Signore e sono pronti ad accoglierlo come “un salvatore potente” (Sof 3,17). Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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