Bernardino Luini, Madonna con Bambino e Angeli, 1525-1532, Museo diocesano - Udine. |
Il
Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Dal vangelo secondo Giovanni (1,1-18)
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.
Parola del Signore.
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La seconda Domenica di
Natale ci offre l’opportunità di approfondire ulteriormente il significato ed
il valore del mistero dell’incarnazione, e come nel giorno della solennità lo
facciamo meditando insieme il prologo del vangelo di San Giovanni.
Nella
sua riflessione, l’evangelista inizia presentandoci il protagonista della
storia della salvezza, il Verbo in Dio, la cui esistenza era prima della
creazione del mondo. Oltre alla
pre-esistenza fin dal principio, ci dice che il Verbo era presso Dio, perché
Dio come il Padre. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, perché in Lui era la
vita. E la vita è la luce del mondo. Il Verbo di Dio ci viene quindi descritto come
la condizione assoluta per l’esistenza di qualsiasi essere vivente e cosa e il
punto di partenza di ogni rivelazione, di ogni relazione, di ogni dialogo,
racconto e celebrazione. Senza di lui Dio rimarrebbe per noi un mistero ineffabile,
per sempre al di fuori della nostra portata; ma anche la realtà del mondo e
dell’uomo sarebbero avvolti dal non senso e dall’assurdo, come del resto accade
tutte le volte che Dio viene escluso dall’orizzonte della storia e della umana
esistenza.
Dopo
aver indicato Giovanni Battista come il testimone accreditato dall’alto di
questo mistero, fin da subito si palesa un contrasto tra la luce e le tenebre che
a lungo andare si trasformerà in un vero e proprio conflitto. Le tenebre sono
state sconfitte dalla luce nel momento della creazione, ma nel momento
dell’incarnazione, esse si prenderanno la loro rivincita opponendosi in tutti i
modi alla presenza del Verbo: “Venne fra
i suoi ma i suoi non l’hanno accolto, … A
quanti però l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” (v.11-12). I figli di Dio si
riconoscono perché sono stati generati da Dio. Vuol dire che come lui sono in
rapporto con Dio, sono portatori di vita e di luce: beati i puri di cuore perché vedranno Dio(Mt 5,8) e hanno un cuore
misericordioso come il suo: beati i
misericordiosi, perché troveranno misericordia(Mt 5,7).
Così
arriviamo a quella che è l’affermazione centrale di tutto il prologo:
E il Verbo si fece carne e venne ad
abitare in mezzo a noi.
Quando
il Verbo ha preso carne Dio ha cominciato ad abitare in mezzo a noi per sempre.
Pur attraverso i vari passaggi del disegno salvifico divino, la sua presenza in
mezzo a noi non si è interrotta. Prima di salire al cielo ha detto infatti ai
discepoli: “Ed ecco, io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20).
Dopo
il peccato originale l’uomo si è nascosto a Dio e in seguito si è sempre più
allontanato da lui, a cominciare dal fratricidio di Abele, per continuare con
il diluvio fino alla dispersione dei popoli a causa della torre di Babele. Per
fermare questa fuga Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi, perché accogliendo
la rivelazione del Verbo in parole ed opere potessimo ritornare all’armoniosa vita
del paradiso terrestre.
L’incarnazione
però è molto di più di una “buona relazione”. Attraverso l’incarnazione è la
vita stessa di Dio, quella con la “V” maiuscola, che ci viene donata. Non
soltanto donata, ancor di più: ci viene partecipata. Quello che ci viene donato
non è un “qualcosa” che aggiunge qualità alla nostra esistenza umana,
paragonabile, tanto per intenderci, ad un miglioramento socio-economico o
culturale che sia. Nel “Verbo che si fa
carne” ciascuno nella propria singolarità e tutti nel loro insieme sono
elevati alla dignità di figli di Dio,
nel senso che la generazione divina diventa prioritaria rispetto alla nostra
generazione umana biofisica.
Un
mistero, quello dell’incarnazione e della nostra rigenerazione, che per
comprenderlo va contemplato: noi abbiamo
contemplato la sua gloria. La contemplazione è una relazione fatta di un amore
umile ed oblativo, attraverso la quale si raggiunge una comprensione della
realtà che supera quella dell’esperienza sensibile, razionalmente elaborata. In
questa relazione di amore umile ed oblativo Dio e l’uomo trovano la comunione
di vita che avrà il suo compimento nella Gerusalemme celeste, quando Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15,28),
dove ogni diversità non sarà più ragione di conflitto e di emarginazione, ma si
trasformerà in un dono e in una ricchezza per tutti. La contemplazione è
l’amore che ti fa conoscere il mistero nascosto nei secoli e a noi rivelato per
mezzo del Figlio. Non si tratta quindi di una esclusività per iniziati, ma è
alla portata di tutti, se accogliamo quella abbondanza di grazia che si è
riversata su di noi con la presenza del Figlio da quando è venuto ad abitare in
mezzo a noi e che ci ha resi capaci di amare come ci ha amati lui. Questa è la
vera gioia. Tutto il resto è inganno, per ben che vada al massimo un surrogato
del vero Amore. Ancora Buon Natale!
don Marco Belladelli.
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