Caravaggio, Vocazione di Andrea e Pietro, 1603-06, Londra. |
Dal Vangelo secondo Giovanni (1,35-42)
In quel tempo Giovanni stava
con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse:
«Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così,
seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa
cercate?». Gli
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro. Parola del Signore.
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Terminate le celebrazioni natalizie con la festa
del Battesimo di Gesù, siamo entrati nella prima parte del tempo Ordinario fino
al 17 Febbraio prossimo, Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima. Descrivendoci
l’incontro di Gesù con quelli che saranno il suoi primi apostoli, Andrea,
Giovanni e Pietro, il brano del Vangelo di questa Domenica ci prepara al
ministero pubblico di Gesù. La prima lettura ci orienta a interpretare questo
incontro come una ‘chiamata’, cioè una vera e propria “vocazione”, come accadde nel santuario di Silo al giovane Samuele
che “fino allora non aveva ancora
conosciuto il Signore” (1Sam 3,7), sul modello delle numerose chiamate
divine descritte nell’antico testamento.
Il testo di Giovanni si apre con il Battista che
indica ai suoi discepoli Gesù come “l’agnello
di Dio”, titolo giustificato da ciò che era successo in precedenza, quando
il figlio di Elisabetta aveva visto lo Spirito Santo posarsi su di lui (cfr. Gv
1,32), riconoscendolo così come “il Figlio
di Dio” (Gv 1,34). Nel quarto vangelo la missione del Battista consiste nell’essere
il testimone accreditato da Dio del Messia presente in mezzo al popolo e, come descrive
il nostro brano oggi, nel condurre Israele verso di lui, con il massimo
disinteresse per se stesso e oltre ogni egoismo autoreferenziale, dando inizio
così alla nuova era, quella de: “la grazia e la verità vennero per mezzo
di Gesù Cristo”
(Gv 1,17).
L’espressione usata dal Battista richiama l’immagine messianica dell’agnello condotto
al macello di Isaia (cfr. 53,7). Giovanni e Andrea seguirono Gesù
e “videro dove egli dimorava e quel
giorno rimasero con lui”. Successivamente confermeranno la testimonianza
del profeta, proclamando apertamente: “Abbiamo
trovato il Messia” come dice Andrea al fratello Simone.
La breve descrizione dell’incontro fatta dall’evangelista
Giovanni è un paradigma di fede. Con la sua domanda: “Che cosa cercate?”, Gesù vuole verificare le intenzioni di coloro
che lo seguono: la loro è pura curiosità o sono sinceramente alla ricerca di
Dio? Il “dove abiti” dei discepoli
evoca l’affermazione centrale del prologo: “E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14) ed esprime
il profondo desiderio dell’uomo di incontrare Dio e di vivere in comunione con
lui, al quale Gesù non si sottrae invitandoli: “Venite e vedrete”. In Giovanni il “vedere” va ben al di là del semplice atto sensibile, per coloro che
sanno riconoscere i segni di Dio rappresenta il punto di partenza di un cammino
di fede, che raggiungerà il suo apice nella contemplazione del Verbo di Dio: “e
noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.” (Gv 1,149; “Quello
che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto
con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del
Verbo della vita” (1Gv 1,1), dove trova compimento la chiamata di Gesù a
diventare discepoli del regno di Dio.
Oggi Gesù rivolge a noi lo stesso invito di Andrea
e Giovanni, “Venite e vedrete”. Insieme
con loro siamo qui per imparare a “rimanere”
con lui per riconoscere i segni che Dio oggi compie per la nostra salvezza. Una
chiamata che ha come presupposto un rapporto interpersonale di amicizia. Il
Concilio Vaticano II ci ricorda che attraverso Gesù Dio parla a noi uomini come
con degli amici (cfr. Dei Verbum 2). Per
intrattenersi con noi, Dio ha scelto la forma affettuosa dell’amicizia. Durante
il suo ministero Gesù ne ha fatto il punto di partenza di ogni suo rapporto con
uomini che ha incontrato, una premessa per quella che, come nel caso di Pietro,
si evolverà in una chiamata a seguirlo, implicitamente presente nel nuovo nome
che gli attribuisce: “Fissando lo sguardo su di lui, Gesù
disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" -
che significa Pietro.” (1,42).
Il dono della salvezza è prima di tutto uno
stare amichevole con Dio, che poi si trasforma in una chiamata, il momento nel
quale Dio ti chiede di mettere tutto te stesso nelle sue mani per diventare un
suo fedele servitore come lo furono i primi apostoli e il giovane Samuele: “Samuele crebbe e il Signore fu con lui,
né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole” (1Sam 3,19).
Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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