mercoledì 2 novembre 2016

LA VOCE DI MANTOVA/90


Morte ed eternità
(pubblicato su LA VOCE DI MANTOVA del 02/11/2016).
Al mese di Novembre è tradizionalmente legata l’annuale  commemorazione dei defunti, che come tutti sanno cade al giorno due, ricorrenza caratterizzata dal mesto pellegrinaggio di molte persone sulle tombe dei loro cari.
Anche coloro che si sottraggono a questa tradizione in questi giorni non possono fare a meno di lasciarsi sfiorare dalla nostalgia per chi non è più tra noi e di abbandonarsi, magari semplicemente con il fugace pensiero di qualche istante, all’onda mesta dei ricordi che bene o male, nel silenzio attonito della coscienza, costringe a fare i conti con il mistero della morte.
Il contesto socio-culturale fortemente secolarizzato dei nostri giorni ha intaccato anche queste tradizioni, introducendo costumi e comportamenti che più o meno esplicitamente veicolano idee della morte in contrasto con il sentire cristiano. Per questo Martedì 25 Ottobre scorso la Congregazione per la Dottrina della Fede, più comunemente nota come l’ex Sant’Ufficio, ha pubblicato una breve Istruzione: “Ad resurgendum cum Christo” circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, allo scopo ‘di ribadire le ragioni dottrinali e pastorali per la preferenza della sepoltura dei corpi e di emanare norme per quanto riguarda la conservazione delle ceneri nel caso della cremazione’, per evitare “ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista” legato alla dispersione delle ceneri o alla loro trasformazione in oggetti.
Dopo aver ricordato che la cremazione è approvata dalla Chiesa Cattolica fin dal 1963, a condizione che questa pratica non sia voluta come negazione dei dogmi cristiani dell’immortalità dell’anima e della risurrezione dei corpi, e che la risurrezione di Cristo, per la quale anche noi siamo destinati alla vita eterna e alla risurrezione, è il mistero essenziale della fede cristiana, seguano le direttive per i fedeli. La Chiesa continua a preferire la sepoltura alla cremazione. Laddove si scelga quest’ultima forma, le ceneri del defunto vanno conservate in un luogo sacro per essere oggetto di rispetto e di preghiera, allo stesso modo dei corpi sepolti, perché attraverso la memoria si rinnova e si prolunga quel particolare vincolo tra vivi e morti che la Chiesa chiama ‘la comunione dei santi’ e si rafforza la speranza nelle realtà eterne. E’ così proibita la conservazione delle ceneri in casa, la loro dispersione nella natura e ancor di più la loro trasformazione in oggetti, quale per esempio la ‘diamantizzazione’, dove a fronte di una spesa di circa 3.500 €, si ottiene un oggetto dal valore dieci volte superiore. Tutte pratiche che palesano il disagio dell’uomo moderno di fronte alla morte, come il più grande tabù della nostra società secolarizzata. Comunque essa si presenti, resta sempre l’ospite sgradita e un assurdo assolutamente inconciliabile con la vita umana. Pur affermando la necessità di dare dignità al morire, si vanno affermando comportamenti che si propongono la sua totale rimozione dall’orizzonte dell’esistenza umana. Soprattutto la pratica della dispersione delle ceneri nasconde il goffo tentativo di esorcizzare la drammaticità della morte, riducendola al livello del determinismo ciclico naturale, e così sottrarsi al dovere di darle un senso, cioè di rispondere al perché del suo accadere storico, nella prospettiva di un destino aperto all’eternità, in cui tutto verrà purificato e rinnovato.
Marco Belladelli.

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