Luca Signorelli, la risurrezione della carne (particolare), cappella di san Brizio, Duomo di Orvieto. |
XXXII Domenica del
tempo Ordinario “C”
Dio non è dei morti, ma dei viventi.
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che
non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto:
“Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello
prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque
sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la
prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette
morirono senza lasciare
figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di
chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie». Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui». Parola del Signore.
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Oggi la liturgia ci
invita a riflettere sulle realtà ultime. Sono i temi che nel Catechismo vanno sotto il nome di “novissimi”.
Quattro realtà, morte, giudizio, inferno e paradiso, riassunti negli articoli
del Credo riguardanti la risurrezione
della carne e la vita eterna. Sono verità importanti sulle quali si fonda la
Speranza cristiana, la terza virtù teologale insieme alla Fede e alla Carità. Avere
Speranza significa vivere la concretezza del quotidiano costantemente orientati
verso ciò che ci attende, fiduciosi che Dio realizzerà quanto ha promesso. Sostenuti
dai segni e dalle grazie che ogni giorno il Signore ci dona, viviamo nella
Speranza dei beni eterni. Ascoltiamo che cosa ha detto Gesù a proposito di ciò
che ci aspetta dopo la morte. Dopo il lungo viaggio, iniziato al cap. 9 del racconto di Luca, siamo finalmente arrivati a Gerusalemme. Gesù sceglie il tempio come luogo della sua predicazione nella città santa. Per gli Ebrei il tempio è il luogo più sacro della terra. E’ unico al mondo e soltanto nel Tempio era possibile celebrare i sacrifici prescritti dalla Legge in occasione delle feste ebraiche e delle varie circostanze della vita. Non va confuso con le sinagoghe, presenti dovunque ci sia una comunità ebraica, nelle quali ci si riunisce ogni sabato per pregare e ascoltare la lettura della Toràh, cioè la legge di Mosè, e dei Profeti. Il tempio era governato dai sacerdoti, i quali dopo il ritorno dall’esilio babilonese avevano gradualmente assunto anche la guida politica del popolo. La maggior parte di essi apparteneva al gruppo dei Sadducei, composto quasi esclusivamente dall’aristocrazia ebraica. Erano loro a trattare con i Romani per conto del popolo d’Israele. Al contrario dei Farisei, rispettavano soltanto la legge scritta e non seguivano i dettami della tradizione orale. Non credevano nella vita eterna e nemmeno nella risurrezione dei morti. Ritenuti i responsabili della disfatta di Israele, scomparvero quasi del tutto dopo la prima guerra giudaica, la famosa rivolta contro i Romani, conclusasi con la distruzione di Gerusalemme nel 70 dC, che fu anche una guerra civile, una resa dei conti tra le varie fazioni interne al popolo d’Israele.
Sono loro oggi ad interrogare Gesù. Non credendo nella risurrezione dei morti, gli sottopongono il caso della donna, moglie di sette mariti, un esempio al limite abitualmente usato nelle scuole rabbiniche. Una situazione paradossale da risultare secondo loro insolubile e quindi adatto per negare l’esistenza di una vita dopo a morte.
Gesù nel tempio non si confonde con i tanti maestri della legge, egli parla in nome di Dio e rivela le verità del Cielo. Nella sua risposta infatti non avanza ipotesi teologiche da dimostrare. La sua non è l’opinione di un esperto, ma la Verità di Dio. Egli parla per conoscenza diretta e le sue affermazioni ci aprono al mistero che ci attende.
Il primo insegnamento riguarda il superamento della diversità di genere, perché nell’al di là non è più necessario assicurare la continuità della specie, pur mantenendo ciascuno la propria identità personale: “Quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito”. Basta questo per smontare il castello costruito dai Sadducei a sostegno delle loro tesi.
Il secondo insegnamento riguarda la nuova condizione dei defunti: “Infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio ”. La morte ci introduce in una dimensione di immortalità ed eternità, come quella degli Angeli, nella quale si vive in pienezza l’essere figli di Dio. Gli Angeli sono entità personali, individuali e spirituali, la cui caratteristica consiste nello stare alla presenza di Dio per servirlo come fedeli messaggeri ed interpreti della sua volontà. Noi uomini invece abbiamo un rapporto filiale con Dio simile al rapporto di Gesù con il Padre, “figli nel Figlio”.
Gesù parla anche del ‘giudizio’ personale che segue subito dopo la morte: “Quelli che sono giudicati degni della vita futura …”, che consiste in un incontro faccia a faccia con il Signore Gesù nella sua autorità di Re e Giudice misericordioso, nel quale viene passata in rassegna tutta la vita terrena per decidere la nostra destinazione eterna, il paradiso cioè l’ammissione al regno di Dio, il purgatorio, dove c’è la necessità di una purificazione per espiare le pene che ci siamo meritati con i nostri peccati, e l’inferno, per coloro che volontariamente e consapevolmente hanno ignorato Dio e il suo volere o addirittura lo hanno avversato.
Alla fine Gesù ribadisce che Dio è il Dio dei viventi e non dei morti “perché tutti vivono per lui.”. Le sue affermazioni ci rivelano realtà sconosciute e inaccessibile, ma che riempiono di Speranza il nostro vivere, dando un senso e un fine all’esistenza terrena. L’alternativa è il vuoto, il nulla e la disperazione.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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