Dal Codex aureus di Echternach |
XXV Domenica del Tempo Ordinario, “A”
Sei invidioso perché io sono buono?
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
Parola del Signore.
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Ancora una parabola sul regno dei cieli. Non siamo più nel contesto del discorso sulla vita della Chiesa (cap.
18), ma il messaggio è ancora per coloro che ne fanno parte. Gesù infatti si
rivolge ai discepoli, cioè tutti noi che oggi lo ascoltiamo.
Il racconto è incluso dentro la sentenza: “gli ultimi saranno primi e i primi ultimi.”.
Prima della parabola degli operai, con queste parole Gesù conclude la sua
risposta alla domanda di Pietro circa la ricompensa riservata a coloro che
hanno lasciato tutto per seguirlo.
Ciò che più ci incuriosisce di questo racconto è
il comportamento del padrone, soprattutto quando al momento della paga si
comporta in modo tanto paradossale. E’ assurdo che chi ha lavorato un’ora
soltanto, gli ultimi, siano ricompensati allo stesso modo di chi ha lavorato
tutto il giorno. Oppure sarebbe bastato rispettare l’ordine di chiamata al
lavoro e probabilmente nessuno si sarebbe accorto di nulla. Particolari che ci
fanno capire quanto Gesù volesse mettere in evidenza il comportamento del
padrone in tutta la sua assurdità.
Di fronte alle giuste rimostranze degli operai
delle prime ore, il padrone giustifica il proprio operato come espressione della
sua bontà: “Oppure tu sei invidioso
perché io sono buono?”. Alla fine del racconto ritroviamo il detto già
citato su i primi e gli ultimi.
Nel capitolo precedente Gesù è già entrato in
forte polemica con i farisei su altri temi come il divorzio e le ricchezze. Davanti
alla radicalità del comandamento di Dio si tendeva ad ammorbidirlo con
interpretazioni indulgenti, oppure suggerendo comportamenti che assecondavano
le debolezze umane. Essi poi si sentivano privilegiati davanti a Dio, rispetto
a tutti gli altri uomini, perché membri del popolo eletto.
Nella vigna
del Signore, immagine del regno dei
cieli, tutti possono entrare in qualsiasi momento e ciò che conta non sono
i diritti acquisiti, come per esempio essere arrivati primi, ma lavorare per il
padrone. Alla fine la ricompensa sarà giusta e generosa, perché Dio è buono e “non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la
giustizia, a qualunque nazione appartenga.” (At 10,34-35).
Nelle parole: “li hai trattati come noi” si intravede la sdegnosa accusa dei
farisei a Gesù che non riconosce loro i diritti e i privilegi derivanti dalla
speciale elezione, rispetto ai pagani e ai peccatori. Nel regno dei cieli invece
conta prima di tutto accogliere la chiamata di Dio ed operare di conseguenza.
Con questa parabola inizia la polemica tra la
Sinagoga, cioè Israele, il popolo dell’antica alleanza, e la Chiesa, il nuovo
popolo di Dio, “uomini di ogni tribù,
lingua, popolo e nazione” (Ap 5,9). Un conflitto non del tutto superato e
che spesso e volentieri per varie ragioni, spesso futili, torna di attualità.
D’altra parte, il fariseismo è una patologia che
ha contagiato anche la Chiesa: “Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è
in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e
proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere
completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”, sono le parole del
cardinal Ratzinger nella famosa Via Crucis al Colosseo del 2005, con cui
stigmatizzava i comportamenti gravemente scorretti di molti ecclesiastici. A
questo proposito nessuno può chiamarsi fuori.
Ma è più grave il fatto che oggi lo scontro si è
spostato addirittura dentro la Chiesa. In vista del prossimo Sinodo di Ottobre
già si parla apertamente di battaglia tra conservatori e progressisti. I primi
che vorrebbero mantenere l’attuale dottrina e prassi della Chiesa che nega l’Eucaristia
ai divorziati risposati, i secondi invece che sarebbero propensi ad ammetterli
ai Sacramenti. Dietro le questioni di carattere dottrinale e pastorale potrebbe
nascondersi una vera e propria lotta di potere. Se fosse così vuol dire che siamo
arrivati all’annunciata apostasia: “L’opera del diavolo si insinuerà anche nella Chiesa in una maniera tale
che si vedranno cardinali opporsi ad altri cardinali, vescovi contro vescovi. I
sacerdoti che mi venerano saranno disprezzati e ostacolati dai loro confratelli
… chiese ed altari saccheggiati; la Chiesa sarà piena di coloro che accettano
compromessi e il Demonio spingerà molti sacerdoti e anime consacrate a lasciare
il servizio del Signore. Il demonio sarà implacabile specialmente contro le
anime consacrate a Dio.” (Dal messaggio della terza e ultima apparizione della
Madonna
a Sr. Agnese Sasagawa, 13 ottobre 1973, Akita
– Giappone).
Quando si arriva al conflitto vuol dire che a entrambe
le parti è sfuggito qualcosa d’importante e che soprattutto non sono più in
sintonia con la misericordia di Dio.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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