giovedì 14 marzo 2013

Il Vangelo della salute del 17/03/2013

Tiziano, Cristo e l'adultera, Glasgow.
V Domenica di Quaresima “C”.
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei.
Dal Vangelo secondo Giovanni  (8,1-11).
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro.
Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in

mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo.
Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani.
Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più».

Parola del Signore.
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L’approssimarsi delle feste pasquali richiede di raggiungere quel rinnovamento di vita che ci siamo proposti all’inizio della Quaresima. Bisogna intensificare la penitenza della preghiera, delle opere di carità e delle rinunce, per liberarci dai legami e dai compromessi con il male e disporci con il cuore aperto ad accogliere i doni di vita e di amore che Gesù ci offre con la sua passione, morte e risurrezione. D’altro canto spero abbiamo più chiaro in che cosa consista questo mistero di salvezza a cui siamo chiamati a partecipare.
L’episodio dell’adultera ci mostra come può cambiare la nostra vita, quando incontriamo Gesù, che non è venuto per condannare nessuno, ma per liberarci dal peccato.
Gli scribi e i farisei stanno cercando provocatoriamente argomenti di accusa nei confronti di Gesù. Siamo nel tempio di Gerusalemme, il luogo più sacro del mondo, scelto da Dio come sua abitazione in mezzo al suo Popolo e a tutti gli uomini, e dove Dio ha promesso che chiunque avesse invocato il nome del Signore, sarebbe stato ascoltato ed perdonato: “Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona”. (1Re, 8,30). I suoi interlocutori invece pretendono che proprio qui Gesù si trasformi in giudice di morte, perché “Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa”.
Gesù si mette a scrivere con il dito per terra. Come intendere questo suo strano comportamento? Gesù pare contrariato dall’ossessione con cui viene continuamente attaccato dai suoi avversari, evidente anche nell’insistenza con cui pretendono che si pronunci sul caso in questione. Allora dice: “Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. Una frase diventata proverbiale per ricordare che tutti siamo peccatori e che nessuno può farsi giudice di un altro uomo.
E’ curioso questo ritirarsi dei presenti, uno dopo l’altro, a cominciare dai più grandi, fino ai più giovani.  Quando Gesù rimane solo con l’adultera, si meraviglia che tutti se ne siano andati. Che sia riuscito a convincerli del loro essere peccatori? Del resto lui è l’unico senza peccato e per questo sarebbe in diritto di condannarla. Invece la sentenza di Gesù è: “Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più”. La salvezza consiste nel perdono dei peccati e l’unico che ce lo può ottenere è Gesù.
Che esperienza abbiamo del perdono dei peccati e più in genere del sacramento della penitenza? Papa Francesco I, nel suo primo giorno di pontificato, ai sacerdoti confessori di Santa Maria Maggiore ha ripetuto: “Siate misericordiosi!
L’incontro con Gesù, soprattutto lo stare davanti alla sua croce, ci rende consapevoli dei nostri peccati e della condizione di perdizione e di morte in cui cadiamo per causa loro, come abbiamo ascoltato Domenica scorsa nella parabola: “Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”.
C’è chi prova a vanificare il peccato con degli artifici culturali e psicologici. Altri invece,  manipolando la nostra coscienza, si persuadono che non esista. Ciascuno poi a modo suo è maestro nel soffocarla. Soltanto il sacramento ci dona la grazia necessaria per tornare ad essere uomini e donne veramente liberi, come figli di Dio.
Dobbiamo imparare a confessarci bene e tornare a confessarci più frequentemente, almeno una volta al mese.  Allora capiremo e sperimenteremo su noi stessi che cosa significano le parole di Gesù: “Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più”.
Buona fine Quaresima!
 don Marco Belladelli.

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