Caravaggio, Conversione della Maddalena, 1597; Detroit (USA). |
III
Domenica di Quaresima “C”.
Se
non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.
Dal Vangelo secondo Luca (13,1-9). In quel tempo si presentarono alcuni a riferire a Gesù il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone,
sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».
Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Tàglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”». Parola del Signore.
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Lungo
i secoli il cammino spirituale della Quaresima si è trasformato da itinerario
di iniziazione dei catecumeni, a tempo di penitenza e di rinnovamento
spirituale di tutti i battezzati. In un contesto pluralistico a tutti i livelli
come quello attuale, la Quaresima individua l’identità cristiana di un soggetto
o di un gruppo. Il cristiano è colui che a imitazione di Gesù Cristo fa della Parola di Dio la luce e
la forza della propria vita, per mezzo della
preghiera intensifica la propria comunione con Dio, agisce con carità, lotta
contro il male e, se necessario, non disdegna esercizi di penitenza per mettere
Dio al centro della propria esistenza. Insomma per vivere come Gesù ci ha
insegnato, con pensieri, sentimenti e azioni secondo il cuore di Dio è
necessaria una continua conversione, come ci raccomanda oggi Gesù: “se
non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”. Gesù, prendendo
spunto da due fatti di cronaca, confuta il luogo comune secondo cui chi è
vittima di tragici eventi, lo è per espiare le proprie colpe. La storia non è
il luogo del giudizio ultimo e definitivo di Dio sugli uomini. Dobbiamo invece
considerare la precarietà della vita come un monito a vivere nel miglior modo
possibile, con responsabilità e secondo la volontà di Dio. Gesù non è un
moralista. La conversione non consiste in un semplice aggiustamento di
comportamento scorretti, ma nel maturare un atteggiamento che abbia Dio come
interlocutore primo e fondamentale della mia vita. La pazienza di Dio, descritta
da Gesù nella parabola del fico infruttuoso, attende che abbiamo il coraggio di
metterci profondamente in discussione. In quel vignaiolo tanto fiducioso
di poter trarre frutti anche da un albero sterile, Gesù rappresenta se stesso
che si prende cura di noi. Non si stanca di parlarci, non si stanca di
inseguirci, non si stanca di attrarci a sé con la forza del suo amore, fin a quando
sapremo corrispondergli con altrettanto amore e dedizione.
La
liturgia di oggi ci mostra due esempi biblici, uno positivo e l’altro negativo.
La prima lettura (Esodo cap. 3) ci parla di Mosè completamente afferrato da
Dio, nell’esperienza del roveto ardente, al quale, nonostante tutte le
difficoltà presentate, non può dir di no, e tanto meno sottrarsi dalla missione
a cui lo ha destinato. Nella seconda lettura (1 Cor 10,1ss) l’apostolo Paolo
analizza l’esperienza del popolo d’Israele, che dopo la liberazione dalla
schiavitù egiziana, nonostante tutti i segni dati da Dio: la nube che li ha
protetti, il mare che si è aperto davanti a loro, il cibo dal cielo e l’acqua
dalla roccia, continuarono a mormorare contro di Lui.
Concludo
citando l’esperienza straordinaria di un uomo ai più sconosciuto: Eugenio
Zolli, Rabbino capo della sinagoga di Roma dal 1938 al 1944, anno in cui ricevette
il Battesimo. Nella sua autobiografia (Prima dell’alba, ed S. Paolo, MI
2004) a proposito della sua conversione, egli la definisce “una ricerca d’un
sentiero più confacente al tormento dell’anima propria … la conversione
è luce rinnovata, è rinnovato amore di Dio. Il convertito è un uomo morto e
risorto. L’uomo in genere conosce
il Creatore attraverso il Creato, Iddio attraverso la potenza delle opere Sue.”
(pp.117-118).
La
conversione è una sempre più profonda e straordinaria esperienza dell’Amore di
Dio. Auguriamoci che ci accada quanto prima!
Buona Quaresima!
don Marco Belladelli.
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