giovedì 7 marzo 2013

Il Vangelo della salute del 10/03/2013

Rembrandt, Il figliol prodigo.
IV Domenica di Quaresima “C”.
Questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita.
Dal Vangelo secondo Luca  (15,1-3.11-32)
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse

al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore. 
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Come vogliamo chiamarla, parabola del Figliol prodigo o del Padre misericordioso? Chi è il  vero protagonista del racconto?
Luca descrive Gesù circondato da “tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo”. Sono tutte persone di dubbia reputazione, eppure sono fortemente attratti da lui e dalla sua Parola. Gesù tra l’altro non si limita a riceverli, ma  mangia con loro”. Condividere il pasto è segno di una comunione umano/spirituale non casuale, ma più profonda. Gli scribi e i farisei, che non si ritenevano peccatori come gli altri, si mantengono a distanza, tanto da farne, paradossalmente la ragione della loro ostilità nei confronti di Gesù.
Questa scena è il contesto, il pretesto ed anche la chiave interpretativa di tutto il racconto.
E’ facile riconoscere nella figura dei due figli della parabola i due gruppi appena descritti. Una cosa li accomuna, l’assoluta non conoscenza del mistero del Padre e della sua misericordia, che alla fine sorprenderà entrambi. Prima di tutto il figlio minore che al suo ritorno si vede accolto e riabilitato ben oltre qualsiasi criterio di umana giustizia e compassionevole comprensione. Poi il figlio maggiore che, chiuso nel suo rancoroso risentimento nei confronti del Padre per una festa tanto sproporzionata e assolutamente ingiustificata in onore di un figlio dissoluto, non si era mai accorto accanto a chi era vissuto per tanto tempo e quale dono di grazia rappresentasse questa vita di comunione:
Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo”.
Nella parabola riconosciamo l’immagine e la realtà della Chiesa. Tutte le volte che ci riuniamo per celebrare l’Eucaristia si ripropone lo stesso contesto umano, fatto nel suo insieme di peccatori più o meno consapevoli e di benpensanti, che invece fanno più affidamento sulla loro buona coscienza. Gli uni e gli altri si incontrano e mangiano insieme con Gesù, vivo e presente in mezzo a noi. Anzi condividono Gesù, che si fa nostro cibo e bevanda di vita eterna. Tutti abbiamo bisogno in ugual misura della misericordia di Dio. Sia chi per fragilità o per volontà trasgredisce a uno o a tutti e dieci i comandamenti; sia coloro che invece vivono nell’orgoglio della loro inappuntabile moralità. Tutti abbiamo peccato contro il Cielo e non sono più degni di essere figli di Dio. Il peccato è descritto come “morte e perdizione”. Il perdono e l’accoglienza della misericordia di Dio è invece definita come “un ritorno alla vita e un essere ritrovato”.
Allora, chi è il vero protagonista del racconto?
La nostra Quaresima, quella vera della nostra vita, non quella liturgica, si compirà nel momento in cui faremo la sorprendente esperienza della misericordia di Dio. In cielo sono tutti pronti per organizzare la grande festa della nostra conversione. Mi auguro e vi auguro che accada quanto prima.
Per avere la forza di richiamare, fino a muoverli alle lacrime, coloro che incalliti nei loro peccati hanno reso il loro cuore duro come una pietra, come pure coloro che invece pensano di farla franca, come sono sempre riusciti ad aggiustare le cose a loro favore davanti agli uomini, continuando così a vivere impunemente nei loro vizi come se niente fosse, la Chiesa oggi deve abbandonarsi totalmente alla potenza della misericordia di Dio.
Buona Quaresima!
 don Marco Belladelli.

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