Vincent Van Gogh, Il Seminatore |
XV Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Il seminatore uscì a seminare.
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare.
Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un ’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un ’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungola strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi
e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi,
non ascoltino con gli orecchi
e non comprendano con il cuore
e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo
Parola del Signore.
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Dopo la festa del Corpus Domini, abbiamo terminato il ciclo delle celebrazioni dei misteri principali della fede e siamo tornati al “Tempo Ordinario”. Lo individuiamo dal colore verde dei paramenti del celebrante e si caratterizza per la celebrazione del mistero di Cristo nell’ordinarietà del quotidiano, con tutte le sfaccettature di una routine fatta di gioie e speranze, angosce e dolori, nella quale si realizza la progressiva assimilazione della Chiesa a questo mistero. Per un approfondimento del valore e del significato di questo tempo liturgico, rimando al blog di P. Matias Augè: http://liturgia-opus-trinitatis.over-blog.it/article-27775520.html. Il 23/01 u.s. ho presentato in modo sintetico la struttura del vangelo di Matteo, con i suoi cinque grandi discorsi. Oggi iniziamo l’ascolto del terzo, quello delle parabole. Lo scopo dei vari racconti di questo capitolo 13 è quello di illustrare le caratteristiche del Regno dei cieli, cioè di quel nuovo ordine delle cose che è venuto ad inaugurare e ad instaurare il Signore Gesù. Si comincia con una delle più famose, quella del seminatore, che nella versione del primo evangelista sarebbe meglio intitolare la storia del seme. Provo a dire in poche parole che cosa è una parabola. Si tratta di un genere letterario caratterizzato da un racconto che prende spunto dall’esperienza comune per facilitare l’attenzione degli ascoltatori, nella cui trama il narratore introduce elementi paradossali, se non addirittura assurdi, inseguendo i quali si arriva al messaggio specifico che si vuole comunicare. Nel nostro caso, per esempio, si comincia con l’immagine di un uomo che semina, molto familiare in un ambiente agricolo, quale era quello palestinese di duemila anni fa. Il paradosso è evidente nel fatto che i tre quarti del lavoro di questo seminatore sono improduttivi, mentre la quarta parte risulta straordinariamente feconda. Dal confronto tra il seme che dà frutto e quello invece che non dà frutto ricaviamo il messaggio specifico della parabola. Come dice il profeta nella 1° lettura, la Parola porta sempre frutto, la sua fecondità garantita giustifica un impegno sempre più forte nell’evangelizzazione.
Nelle folle di Galilea Gesù ha davanti a sé tutta l’umanità. Egli conosce i cuori di ciascuno e sa chi sono quelli che credono e quelli che non credono. Ieri, come oggi, la differenza tra questi due gruppi sta nel modo con cui si accoglie la Parola di Dio. Ed è proprio su questo che si concentra la parabola, dando risalto soprattutto agli ostacoli che impediscono la sua accoglienza feconda. La comprensione del messaggio tra l’altro è facilitata dalla spiegazione di Gesù stesso, il quale, congedata la folla, si ritrova solo con i discepoli, che gli chiedono ragione dell’uso delle parabole. Risponde, dicendo: “Parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono”. Che senso ha parlare per non essere compresi? Sembra faccia apposta a rendersi incomprensibile. Per giustificarsi cita il profeta Isaia, che in sostanza dice: “Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire”. Chi non ascolta e non accoglie nel suo cuore la Parola di Dio, per metterla in pratica, è perché pregiudizialmente ritiene che Dio non parli, non agisca e alla fine gli risulta anche indifferente il fatto che esista o non esista.
Veniamo ora al significato della parabola. Come abbiamo già detto sopra, il seminatore causa due situazioni contrapposte, quella del seme improduttivo e quella del seme produttivo, rispettivamente articolate al loro interno in tre ulteriori contingenze diverse. Nella spiegazione che segue viene esplicitato il significato di ciascuna situazione. Il seme caduto sulla strada e mangiato dagli uccelli, rappresenta l’opera del maligno il cui fine è sempre quello di contrastare l’opera di Dio e separarci da Lui, fino a negarne l’esistenza e cadere così schiavi dei suoi inganni. (Non mancherà occasione di soffermarci a considerare questo aspetto della nostra vita spirituale e di tutte le sue conseguenze). Il secondo caso riguarda il seme caduto sul terreno sassoso, che sta ad indicare la difficoltà di accettare di pagare il pezzo della fedeltà a Dio, alla sua Parola, alla sua volontà, un prezzo fatto di tribolazioni e persecuzioni. Insomma chi è fedele al Vangelo non è ben visto, incontrerà sulla propria strada tanti ostacoli, dovrà sopportare sofferenze e prepararsi ad affrontare vere e proprie ostilità. Infine abbiamo il seme caduto tra le spine, che rappresenta coloro che sono frenati da “la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza” Quante volte ci siamo sentiti ripetere: “ Il mio regno non è di questo mondo; … siete nel mondo, ma non siete del mondo; … va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e poi vieni e seguimi;” e nonostante questo continuiamo ad essere non soltanto attratti, ma addirittura sedotti dalla logica del mondo: piacere, ricchezza e potere. A queste tre situazioni negative, sono contrapposte altre tre situazioni positive, in cui il seme “dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno”. Non tutti possiamo essere dei grandi catalizzatori di folle, come Madre Teresa di Calcutta o Padre Pio, ma là dove c’è una fede sincera e aperta accoglienza della Parola di Dio, fino al metterla in pratica, essa certamente non mancherà di portare frutto abbondante. Ora, non solo siamo avvisati che è possibile seguire il Signore Gesù senza credere in lui, ma con questa parabola ci viene anche offerto uno strumento di auto-analisi autorevole ed efficace per capire qual è la natura della nostra specifica difficoltà, individuarla e ovviamente rimuoverla. Insieme al solito augurio di una buona Domenica, unisco oggi anche quello di un buon esame di coscienza che ci disponga ad accogliere docilmente la Parola di Dio, perché produca anche in noi frutti abbondanti.
Don Marco Belladelli.
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