L’equivoco cattolico
In questi giorni ricorre il decimo anniversario del G8 di Genova. Molti ricorderanno le immagini trasmesse in diretta TV dei disordini che lo accompagnarono. Una città messa letteralmente a ferro e fuoco dai cosiddetti Black bloc; la morte del giovane Carlo Giuliani, immortalato pochi istanti prima con un estintore in mano, mentre lo sta lanciando contro una mezzo dei Carabinieri; l’irruzione della Polizia nella scuola ‘Diaz’, con tutti gli strascichi giudiziari del caso arrivati fino ai nostri giorni. E delle decisioni degli 8 Grandi del mondo, che dovevano discutere come aiutare i paesi in via di sviluppo a risolvere il loro debito che né stato? Nessuno se ne ricorda. Del resto anche i No Global che contestarono quel vertice sono scomparsi dalla scena mondiale. Leggo su un quotidiano on line (http://www.labussolaquotidiana.it/) d’ispirazione cattolica, in un articolo di
padre Piero Gheddo, missionario del PIME (Pontifico Istituto Missione Estere), giornalista e scrittore di fama mondiale, che la maggioranza di quei 200.000 manifestanti presenti a Genova sotto le bandiere dei “No Global”, guidati dai vari Casarini e Agnoletto, erano cattolici. Gli stessi, provenienti da gruppi parrocchiali, associazioni, movimenti e istituti religiosi, anche missionari, il 7 Luglio di quell’anno avevano firmato un Manifesto ai leaders del G8, nel quale appariva evidente la loro sudditanza ideologica ai gruppi di contestazione di origine marxista e laicista. Padre Gheddo, che parla da testimone diretto e non per sentito dire, era anche lui a Genova in quei giorni e dice di aver tentato di dialogare con quei cattolici che erano andati ad infoltire le fila dei “No Global”, ma fu irriso. Nell’articolo segue una documentata rassegna stampa dei giorni successivi al G8, nella quale, citando persone e situazioni, si accusavano i cattolici di aver fatto da reggicoda a una grande razionalizzazione borghese, perpetuando così lo stesso errore del ’68, quando la buona fede, l’idealità e la generosità giovanili furono strumentalizzate da chi pensava di salvare il mondo con i dogmi della sociologia marxista e non con la forza del Vangelo.
Non più tardi di un mese fa, dopo la vittoria referendaria dei “SI’”, alcuni giornali, soprattutto di area cattolica, sbandieravano il contributo decisivo di questa componente culturale e sociale del Paese per il successo finale di quella battaglia, vantandosi del fatto che parrocchie e movimenti erano scesi in campo soprattutto per dire “NO” al nucleare e alla privatizzazione dell’acqua. Lasciando da parte le mie personali perplessità sull’opportunità di ricorrere allo strumento referendario e circa la sua efficacia per la risoluzione di problemi tanto complessi e tanto importanti per il futuro del nostro Paese, e non solo, mi resta sempre il dubbio se sia davvero cristiano quell’impegno che si confonde in tutto e per tutto con un’azione sociale. Prima di me e insieme a me se lo chiede anche padre Gheddo, uomo di missione, che ha speso tutta la sua vita a favore dei poveri dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina: “I cattolici dovrebbero sapere che l’unica vera e decisiva rivoluzione che salva l’uomo e l’umanità l’ha compiuta Cristo duemila anni fa. L’esperienza dei missionari conferma che il contributo essenziale della Chiesa alla crescita di un popolo e alla sua liberazione da ogni oppressione non è l'aiuto materiale o tecnico, quanto l'annunzio di Cristo: una famiglia, un villaggio, diventando cristiani passano da uno stato di passività, negligenza, divisione, ad un inizio di cammino di crescita e di liberazione”. Citando poi un omelia del Cardinal Martini di quasi 20 anni fa, conclude dicendo: “Ridateci lo stupore del primo annunzio del Vangelo, ridatelo alle nostre comunità, … perché questo stupore riscaldi il cuore di tutti”. Non è forse proprio di questo stupore di cui hanno soprattutto bisogno le nostre comunità cristiane oggi prima di qualsiasi altra cosa?
don Marco Belladelli
per LA VOCE DI MANTOVA
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