Il nuovo beato, padre Clemente Vismara |
Il beato Clemente Vismara, protettore dei bambini
Il 26 Giugno scorso, in piazza Duomo a Milano, è stato beatificato padre Clemente Vismara, missionario del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere). Nato nel Settembre del 1897 ad Agrate Brianza (MI), a otto anni rimane orfano di padre e di madre. Dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, nel
1920 entra nel PIME. Tre anni dopo è ordinato sacerdote e viene subito inviato nell’allora Birmania, oggi Myanmar, regione del sudest asiatico, recentemente assurta all’attenzione dei media per la protesta dei monaci buddisti contro la dittatura della giunta militare al potere e per le azioni repressive della stessa nei confronti del premio Nobel per la pace, San Suu Kyi.
A quel tempo, in quelle terre non c’era nessuna presenza cristiana. Bisognava cominciare dal nulla. Nonostante le ostilità dell’ambiente, il clima malsano e la miseria economica e culturale che lo circonda, con la sua tenacia padre Clemente dopo pochi anni riesce a fondare 4 distretti missionari, con oltre 2000 battezzati. Inizia con l’offrire agli indigeni un’occupazione gratificante. Ma il problema che gli stava più a cuore era la situazione e la condizione degli orfani. Nel 1931 aveva già aperto due orfanatrofi, uno maschile e l’altro femminile. Nel 1955 viene inviato a circa 250 km di distanza, in una regione dal clima più salubre, ma dove non c’era nulla ed era necessario ricominciare tutto da capo. Agli inizi degli anni 60 aveva già costruito prima di tutto l’orfanatrofio, e poi la Chiesa. Nel 1966 con l’indipendenza e il nuovo regime di ispirazione socialista viene anche l’espulsione di tutti gli stranieri, missionari compresi. Riaperte le frontiere, ritorna in Birmania e continua il suo lavoro, fondando nuovi distretti missionari, fino alla sua morte, avvenuta nel Giugno del 1988, quando era ormai prossimo alla veneranda età di 91 anni, di cui ben 65 vissuti in missione. Al suo funerale accorrono numerosi sia i buddhisti che i mussulmani.
Padre Clemente è stato soprattutto un educatore. Lui, che aveva vissuto sulla sua pelle l’esperienza di perdere i genitori ancora in tenera età, è diventato il padre di centinaia di orfani. Era sempre circondato da ragazzi, tanto che in una lettera scriveva: “Se aveste ad entrare nella casa del missionario, che trovereste? Un prete circondato da ragazzi. Se aveste ad imbattervi su pei monti nella carovana in cerca di fortuna tra villaggi pagani, chi sarebbero i componenti di questa carovana apostolica? Dei ragazzi circondanti il prete. È così in tutte le ore del giorno, in tutti i luoghi, in tutte le occupazioni del missionario”. Alcuni bambini addirittura li ha comprati per strapparli a volte alla miseria, altre volte invece alle famiglie distrutte dal consumo di oppio. Questo strano commercio, che agli occhi di noi occidentali può suscitare scandalo e addirittura indignazione, è ciò che più di ogni altra cosa ci svela il significato di questo particolare aspetto della vita di padre Clemente. Un aneddoto ci aiuta a capire lo spirito che lo animava. Negli atti del processo di beatificazione leggiamo la testimonianza di un amico buddhista, che gli diceva: “Padre Vismara, tu dai da mangiare a tanti bambini, ma quando diverranno grandi, loro non ti daranno niente”, al quale lui rispondeva: “Io faccio queste cose non per me, ma solo per Dio. Io lavoro per Dio. A me basta amarli come li ama Dio. E se se ne andranno, non importa. Basta che siano brave persone, che credono in Dio, che pregano e cercano di essere buoni”. Egli ci insegna a dare la priorità ai bambini. Padre Clemente ha fatto esattamente il contrario di quello che avviene oggi nella nostra società, dove presi dall’ebbrezza per la libertà individuale, abbiamo finito per sovrapporre le generazioni, le une alle altre come gli strati di una zuppa inglese, relegando così i giovani a se stessi e per abbandonarli al loro destino. Perfino nella Chiesa non c’è più tempo per i bambini. Capita che molti di essi arrivino alla prima Comunione o alla Cresima senza aver mai incontrato un prete come padre spirituale, se non fugacemente o per ragioni puramente organizzative. Ben venga un nuovo patrono per i bambini che li protegga dal nostro egoismo e disinteresse per loro.
Don Marco Belladelli.
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