venerdì 27 maggio 2011

Il vangelo della salute del 29/05/2011

VI Domenica di Pasqua “A”
Pregherò il Padre e vi darà un altro Paràclito.
 Dal Vangelo secondo Giovanni    (14, 15-21)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.
Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Parola del Signore.
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La sesta domenica di Pasqua ci invoglia a guardare avanti, verso ciò che deve accadere. Dopo la sorprendente realtà della risurrezione, ci aspetta un altro evento altrettanto importante nella storia della salvezza, la Pentecoste, l’effusione dello Spirito Santo. L’esperienza cristiana è essenzialmente carismatica, nel senso che è tutta segnata dalla presenza e dall’opera dello Spirito Santo. Senza di Lui i discepoli sarebbero ancora chiusi nel cenacolo, prigionieri delle loro paure e la Chiesa non avrebbe visto la luce. Con il dono dello Spirito Santo ogni uomo, come un figliol prodigo, ha iniziato il proprio cammino di ritorno verso la casa del Padre, fino a riconoscimento di Dio come suo creatore e salvatore. Come ho detto la scorsa settimana, l’annuncio del distacco di  Gesù ha provocato nei discepoli un turbamento, come se tutto dovesse finire. Dopo averli esortati alla fede in lui, riaffermando così la validità dell’esperienza vissuta insieme come unica e concreta possibilità di salvezza per loro stessi e per tutta l’umanità, nel brano di oggi Gesù parla del dono dello Spirito Santo, un nuovo evento di salvezza, nel quale Dio è ancora pienamente coinvolto, tanto quanto lo è stato nella creazione e nell’incarnazione. Questa è la prima delle cinque volte in cui  Gesù, durante l’ultima cena, annuncia la venuta e illustra l’opera dello Spirito Santo. Egli prega il Padre perché mandi lo Spirito. In prima battuta viene chiamato Paràclito. Si tratta dell’esatto contrario del satana, l’avversario. Mentre quest’ultimo dopo averci insidiato con le tentazioni, ci accusa davanti a Dio della nostra infedeltà, il Paràclito si comporta esattamente al contrario. Egli viene “per rimanere con voi per sempre”, cioè prende il posto di Gesù. Ecco che cosa significa “Non vi lascerò orfani”. Poi ci soccorre nelle nostre debolezze e infermità e prende le nostre difese davanti a Dio, fino a farsi garante della nostra fedeltà alla volontà del Padre, come lo fu lo stesso Gesù. In un secondo momento Gesù lo chiama “lo Spirito della verità”. Anche in questo caso è l’opposto del diavolo, la cui caratteristica è quella di essere il principe della menzogna e della falsità. Le sue attività preferite sono l’inganno, la mistificazione e lo stravolgimento del senso della realtà. Questa è anche la ragione per cui il mondo non può né ricevere lo Spirito di Dio, né vederlo e tanto meno riconoscerlo. Mentre per noi credenti sarà possibile riconoscerlo, per l’esperienza che abbiamo di Gesù. Egli, lo Spirito, oltre a dimorare in noi e non ci farà sentire orfani di Gesù, anzi ce lo mostra vivo, ci introduce nella vita di comunione piena con il Figlio e con il Padre. Dalla vita di comunione deriva la capacità di accogliere i comandamenti di Gesù, cioè di amare come lui ci ha amato.
Mi viene in mente un incontro fatto quando ero in Ospedale qualche anno fa, nella quale ho avuto modo ancora un volta di toccare con mano che cosa significa che  lo Spirito di verità sta con noi. Si chiamava Marco e non aveva ancora trent’anni. Era di famiglia e di cultura modesta. Come tanti altri ragazzi della sua età, non aveva più frequentato la Chiesa dall’adolescenza. Ha vissuto le sue esperienze secondo i canoni di questo nostro tempo: interessi, amicizie, lavoro, relazioni a dimensioni europee. E poi, improvvisamente ecco il male da cui non si guarisce. Due interventi chirurgici a distanza di poco tempo non sono sufficienti. Neanche il tempo di rendersi conto di quel che sta succedendo e non c’è più niente da fare. L’ho frequentato in quest’ultimo tratto di strada della sua vita. E’ lui che mi ha cercato. Mi accoglie con una gioia che mi imbarazza, come se fossi Gesù Cristo in persona. Neanche il migliore degli amici mi ha mai accolto così! Non riesce più a parlare. Scrive su qualsiasi pezzo di carta gli capiti in mano. Il dialogo si fa subito intenso. Mi chiede di aiutarlo ad incontrare Dio e nient’altro, di metterlo in comunione con Lui. Ha capito, forse troppo tardi dice lui, che è l’unica realtà che da valore alla vita, sempre e comunque, l’unica cosa che gli dà pace. Accano a lui c’è la sua compagna, la sua famiglia, gli amici. Intanto la vita continua. Continua soprattutto la sua passione, fino all’inverosimile, fin che c’è un briciolo di energia da succhiare. Lo vado a trovare presso un hospice, dove è stato trasferito e a mala pena lo riconosco, tanto è trasfigurato. Bisogna bere quel calice amaro fino all’ultima goccia. Eppure gli sono ancora tutti intorno e pendono da quelle labbra, che non si aprono più, neanche per bere un sorso d’acqua. Da dove gli è venuta tanta forza? E tanta sapienza? Chi lo ha ispirato? Chi lo ha reso capace di amare fino a quel punto? Vieni Santo Spirito!
Buona Domenica!
Don Marco Belladelli.

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