mercoledì 13 aprile 2011

NUOVA EVANGELIZAZIONE /5

don Spritz, alias: don Marco Pozza
A PROPOSITO DI GIOVANI E CHIESA ...
Ieri sera, facendo zapping per riuscire ad addormentarmi, mi è capitato di vedere su MTV (Pif - Il testimone) un’intervista a don MARCO POZZA, un giovane prete della Diocesi di Padova, da alcuni anni trasferito a Roma, non so bene a far che. (Clicca sul link per guardare il video: http://video.google.it/videoplay?docid=-5115128879196399293#). Come definire don
Marco: un prete di frontiera? un prete d’assalto? o semplicemente un intelligente provocatore? Forse tutte queste cose insieme o forse nessuna di esse. Vedendolo ieri sera per la prima volta ho provato subito simpatia per lui. Per due ragioni in particolare: 1. mi sono venuti in mente i miei primi anni di ministero, vissuti sulla stessa falsariga,  senza le luci dei riflettori dei mass media, sotto i quali lui sembra stare bene; 2. per una strana coincidenza, è nato nello stesso anno in cui sono diventato prete, ed è stato ordinato quando celebravo i miei 25 anni di sacerdozio. Non mi interessa tanto il personaggio, quanto piuttosto il suo modo di testimoniare il Vangelo e Gesù Cristo. Il suo stile di vita e di ministero rappresentano un modo di essere Chiesa oggi, che definirei nei termini di una vera e propria sfida a questo mondo sempre più secolarizzato, alle sue regole, ai suoi miti e alle sue più o meno false sicurezze su cui si regge. Una sfida sintetizzata in una frase con cui ha concluso la sua ultima omelia in parrocchia a PD, prima di partire per Roma: "Non pretendo di cambiare il mondo, ma certamente questo mondo non cambierà me!". Insomma un tentativo di incarnare le famose parole dette da Gesù nella preghiera sacerdotale dell’ultima cena: Essi sono nel mondo, ma non sono del mondo (cfr Gv 17,11.14). Che dire? Con il poeta mi limito: Ai posteri l’ardua sentenza!  E voi che dite ...?

1 commento:

  1. Certo un provocatore questo prete d'assalto, pieno dell'entusiasmo, delle illusioni e della forza della giovane età.
    Se in poco tempo era riuscito a radunare a sé molti giovani è stato, forse, perché si confondeva con loro, parlava il loro linguaggio.
    Il suo modo di testimoniare il Vangelo, anche se rapportato ai nostri giorni lo trovo un po' esagerato nello stile non nei contenuti.
    Se pur testimoniando in modo moderno non avesse ecceduto, forse avrebbe potuto continuare la sua missione a Padova.
    Essere Chiesa oggi è difficile, rompere gli schemi sclerotizzati ancora di più, ma tutto l'agire, penso comunque , debba rimanere nei limiti, se pur allargati, consoni al ministero abbracciato da questo giovane prete.
    Trasferito a Roma, perché? Con quale incarico? Chiuso in un Ufficio dove non possa "nuocere"? In un luogo dove imparare ad inquadrarsi e a perdere il suo entusiasmo? Sarebbe interessante conoscere il destino programmato per lui.
    Se il " mondo non potrà cambiare lui", potrebbero essere i suoi "superiori" a imporgli altri atteggiamenti? In questo caso che cosa ne sarebbe di lui?

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