venerdì 25 aprile 2025

LA VOCE DI MANTOVA/103


 In morte di Papa Francesco

di Marco Belladelli

Coordinatore della Pontificia Commissione per le attività del settore sanitario delle Persone Giuridiche Pubbliche della Chiesa

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Travolti dall’emozione, universalmente diffusa, generata dalla notizia della morte di Papa Francesco, che in queste ore sta facendo il giro del mondo, proviamo anche noi a mettere insieme alcuni pensieri sulla sua persona e sul suo pontificato. Prima di tutto non va dimenticata la particolare congiuntura che ha determinato la sua elezione dodici anni fa, e cioè le dimissioni di Benedetto XVI, un evento a suo modo ancor più eccezionale e improbabile di quanto lo sia la stessa morte, nella sua dimensione naturale. Ricordo ancora lo smarrimento di quei giorni, insieme alle molte domande su che cosa avesse determinato una tale decisione in Papa Ratzinger. Nell’omelia della S. Messa che precedette il Conclave

del 2013, il Cardinal Angelo Sodano, allora decano del Sacro Collegio dei Cardinali, evocò la figura del Buon Pastore, come profilo del futuro Pontefice: ”L’atteggiamento fondamentale di ogni buon Pastore è dunque dare la vita per le sue pecore (cfr. Gv 10,15). Questo vale soprattutto per il Successore di Pietro, Pastore della Chiesa universale. Perché quanto più alto e più universale è l’ufficio pastorale, tanto più grande deve essere la carità del Pastore”.

Per superare lo shock delle dimissioni del Pontefice, la Chiesa si affidò al Cardinal Jorge Bergoglio, che già nella scelta del nome, Papa Francesco, manifestò fin da subito la sua volontà di cambiare le cose. In questi anni ci sono state tante “prime volte” per molte situazioni del tutto nuove, rispetto al clichè abituale, a cui ci si è adeguati tutto sommato senza particolari patemi d’animo, se si esclude il clamore dei media che alla fine lascia il tempo che trova. Era la prima volta di un Papa latinoamericano, per di più gesuita, scelto “dalla fine del mondo”, che appena eletto al balcone di S. Pietro chiese la benedizione del popolo e decise di vivere a Santa Marta e non nel Palazzo Apostolico. Nei suoi viaggi nazionali e internazionali ha scelto mete improbabili, a cominciare dal primo sorprendente viaggio a Lampedusa per denunciare la tragedia dei migranti, e poi in Svezia per i 500 anni della riforma protestante, in l’Iraq, paese martoriato da oltre trent’anni di guerra, in Mongolia, una periferia della Chiesa dove ci sono soltanto qualche migliaia di cattolici, e per finire con un viaggio estenuate come quello del Settembre scorso a Singapore, Indonesia, Timor est e Papua Nuova Guinea. E’ stato anche il primo ad inaugurare un Anno Santo, quello straordinario della Misericordia del 2016, aprendo la Porta Santa a Bangui, in Centr’Africa e non in San Pietro. Del resto, la misericordia è stata il vero filo conduttore di tutto il suo Pontificato, a cominciare dalla insistenza con cui ha sollecitato il dovere di assistere e sostenere i migranti, alla condanna della cultura dello scarto, nella quale sono comprese tutte le forme di povertà e di marginalità che contraddistinguono le società dei nostri giorni, per finire con l’ultima visita al carcere romano di Regina Coeli” di giovedì scorso. Nella “Evangelii gaudium” il documento programmatico del suo ministero apostolico dice: “La Chiesa “in uscita” è la comunità di discepoli missionari che … vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia, frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (n.24). Cominciando dalla riforma della Curia Romana, nel suo zelo di buon pastore in questi dodici anni Papa Francesco ha avviato tanti processi innovativi dentro e fuori la Chiesa, di cui in questo momento è difficile elencarli tutti, come pure penso sia altrettanto arduo per chiunque individuare quali avranno un loro concreto sviluppo e quali no. Grati per la indefessa dedizione con cui ha perseguito il bene della Chiesa e per l’impegno profuso a favore della pacifica convivenza tra i popoli, lo affidiamo al Giudice celeste che non mancherà di accoglierlo tra i misericordiosi, come si conviene: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi” (Mt 25,34-36).       

 

        (pubblicato su La Voce di Mantova on line il  22/04/2025).

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