venerdì 17 gennaio 2025

Il Vangelo della salute del 19/01/2025

Paolo Veronese,  Le nozze di Cana, 1563, Louvre - Parigi. 

II Domenica del Tempo Ordinario “C”

Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea.

Dal Vangelo secondo Giovanni  (2,1-12).  

In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela».

Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono.
Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua
– chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora».
Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. Parola del Signore.

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Oggi nel vangelo ascolteremo il racconto delle nozze di Cana, episodio che insieme con l’adorazione dei Magi e il battesimo di Gesù al Giordano fa parte dei tre momenti in cui si articola la celebrazione dell’Epifania. Infatti, a conclusione del racconto, l’evangelista Giovanni interpreta il segno dell’acqua cambiata in vino come la manifestazione della gloria di Gesù, a cui fa seguito la fede dei discepoli: “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Cambiare l’acqua in vino a Cana di Galilea durante un banchetto nuziale sembra essere un miracolo un po’ gratuito, perché offrire vino buono e in abbondanza a chi ha già bevuto molto?

Nei matrimoni ebraici uno degli invitati dalla parte dello sposo aveva il compito di procurare il vino per tutta la durata del banchetto. L’intervento di Maria: “Non hanno vino”, ci fa pensare che questo incaricato fosse proprio Gesù. La risposta quasi irriguardosa del Signore verso la Madre e la raccomandazione della stessa ai servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, ci fa invece capire che Gesù sapeva bene quello che aveva fatto, non procurando vino a sufficienza per tutta la durata della festa, e pure ciò che stava per fare, come è accaduto in altre occasioni evangeliche (cfr. Gv 6,6). Attraverso il segno dell’acqua cambiata in vino, operato nel contesto di un banchetto nuziale, Gesù si manifesta come lo “Sposo” dell’umanità, immagine spesso evocata dai profeti per rappresentare la venuta del Messia (cfr. Os 2,16ss; Is 62,4-5). La presenza di Gesù tra gli uomini è presenza stessa di Dio, per mezzo di lui l’uomo ritrova la via della comunione con Dio, rappresentata con l’immagine del matrimonio. Il commento finale di Giovanni, secondo cui Gesù “manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui” significa che Gesù si fece conoscere per il Figlio di Dio, come già era accaduto per il battesimo, è l’inizio dell’opera di salvezza divina. Il vero significato del segno dell’acqua cambiata in vino è la ritrovata comunione di vita tra l’uomo e Dio, nell’immagine sponsale che rappresenta tale unione, si manifesta pure il mistero della Misericordia, cioè quell’amore tenace di Dio che non viene mai meno anche davanti al rifiuto o a qualsiasi forma di opposizione, perché nessuno vada perduto (cfr Gv 6,39), fino a quando non avrà riportato all’ovile anche l’ultima delle sue creature smarrite (cfr. Mt 18,12ss; Lc 15,4ss).

Tutta la missione terrena di Gesù, che si prolunga nel tempo attraverso la missione della Chiesa, è manifestazione della sua ‘gloria’ in attesa del suo ritorno alla fine del mondo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita . Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30).

L’intervento di Maria, che sembra quasi costringere un Gesù reticente a fare un miracolo contro voglia, è un atto di discernimento che indica il momento storico in cui questo mistero di salvezza doveva manifestarsi. Informando il figlio della mancanza del vino e raccomandando ai servi: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”, si evidenza lo speciale compito di mediatrice di Maria a nostro favore, che verrà esplicitato da Gesù stesso sotto la croce (cfr. Gv 19,26-27). La presenza di Maria tra di noi è sempre un invito ad incontrare Gesù e a vivere il Vangelo con fedeltà ed umiltà, per non correre il rischio che nel frattempo venga  meno questo rapporto di salvezza, come è  venuto a mancare il vino nel banchetto nuziale di Cana, una realtà che ai nostri giorni è per molti “di fatto assente, in tutto o in parte, dall’esistenza e dalla coscienza umana”, tanto da non avere più forza ed  energie spirituali per il presente ed essere del tutto disorientati per il futuro. Non è mia intenzione fare del terrorismo psicologico, ma credo sia opportuno fermarsi a riflettere sui tempi che stiamo vivendo e sui segni che li caratterizzano, per discernere, aiutati da Maria, quale sia la volontà di Dio per ciascuno di noi e più in generale per la Chiesa e per tutta l’umanità oggi. Siamo prossimi ad una sua svolta storica importante, caratterizzata da una nuova manifestazione della gloria di Dio; alle straordinarie difficoltà di oggi, seguirà un tempo di grazia come non si è mai visto prima. Prepariamoci allora a partecipare al banchetto di nozze dell’Agnello: “Beati gli invitati al banchetto di nozze dell'Agnello!” (Ap. 19,9).

Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

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