Libro d'Ore, Lombardia sec XV - Getty Museum |
III Domenica di Avvento, “C”
E noi che cosa dobbiamo fare?
Dal Vangelo secondo Luca
(3,10-18).
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo
fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha
da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo. Parola del Signore.
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In molte chiese questa Domenica vedrete il celebrante vestito di rosa, non per un cedimento ecclesiastico alla vanità, ma come segno liturgico dell’avvicinarsi del Natale. Il colore rosaceo evoca le sfumature dell’alba che precede la luce del giorno. La gioiosa esultanza per la prossimità del Signore della prima e della seconda lettura contrasta con la severità delle parole di Giovanni Battista. Per tre volte, gruppi diversi di persone gli chiedono: “Che cosa dobbiamo fare?”, e la sua risposta è sempre un fermo invito alla vera conversione, fatta di rottura con il passato, di scelte di vita coraggiose e di comportamenti morali secondo i comandamenti. In sintonia con i grandi profeti dell’Antico Testamento ci ricorda che la vera religione consiste in una vita retta, onesta e misericordiosa verso i poveri. Nessuno è escluso dal suo ammonimento, perché nessuno è senza peccato e tutti abbiamo ancora molto da cambiare nella nostra vita.
Tra la folla che va dal Battista ci sono categorie
sociali solitamente refrattarie alla religione, come i pubblicani e i soldati,
persone molto pragmatiche e senza scrupoli morali, segno della potenza dello
Spirito Santo che opera in lui. Anche noi ogni Domenica intorno all’altare del
Signore ci chiediamo che cosa dobbiamo fare per la nostra salvezza, perché l’incontro
settimanale con il Signore Gesù risorto, vivo e presente in mezzo a noi,
rappresenti una tappa significativa della nostra elevazione spirituale. Senza
dilungarci in analisi psico-sociologico e culturali, molto spesso inutili
all’individuazione di vere prospettive di speranza e novità di vita, la risposta
del Battista è la stessa da duemila anni, egli chiede a tutti giustizia e misericordia
verso i poveri e i bisognosi, integrità morale e sobrietà di vita, un paradigma
tutto sommato semplice e chiaro, ancora oggi valido e coniugabile in qualsiasi
contesto. Non ci è richiesto di diventare tutti eremiti come il Battista, ciascuno
rimanga quello che è, al suo posto, continuando a fare quello che ha sempre
fatto, ma lo faccia con rettitudine e misericordia. Finché continueremo a negare le nostre
responsabilità di fronte all’emergenza morale e spirituale dei nostri giorni,
dove i criteri che regolano le relazioni umane sono l’interesse economico e il
tornaconto personale, dove non c’è spazio per la misericordia, perché il povero
è una minaccia alla mia sicurezza e mi limito ad incontrarlo sui cartelloni
della Caritas, liquidandolo con una elemosina, che a me non sconvolge la
vita e a lui non risolve i problemi, vuol dire che il monito di Giovanni
Battista non ci ha nemmeno sfiorato. Qualche anno fa, in occasione del Giubileo
straordinario della Misericordia, Papa Francesco ci ricordava: “Forse per tanto tempo abbiamo dimenticato di
indicare e di vivere la via della misericordia … È il tempo del ritorno
all’essenziale per farci carico delle debolezze e delle difficoltà dei nostri
fratelli”.
Nonostante la folla fosse tentata di pensare il
contrario, il Battista è ben consapevole di non essere il Messia, per s. Luca
lui appartiene ancora all’antico ordine di salvezza, che sarà superato dal
Vangelo. Questo però non rende meno importante la sua missione di precursore,
che ci prepara ad accogliere il Messia, e soprattutto mi fa pensare ai tanti
carismatici, inviati dal Signore in soccorso della Chiesa nel corso dei secoli,
ed ancora oggi presenti tra noi, che con la stessa potenza dello Spirito del
Battista, aprono i cuori degli uomini alla conversione e alla misericordia
divina. La gioia liturgica di oggi è per coloro che attraverso il Battista di
turno si sono convertiti, hanno riconosciuto i segni della presenza del Signore
e sono pronti ad accoglierlo come “un salvatore potente” (Sof 3,17). Buona
Domenica!
don
Marco Belladelli.
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