venerdì 6 settembre 2024

Il Vangelo della salute del 08/09/2024

Anonimo, Gesù guarisce il sordomuto, scuola veneta sec XVI. 

XXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”

Fa udire i sordi e fa parlare i muti

Dal Vangelo secondo Marco (7, 31-37).
In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E

subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore.

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Dopo averlo lasciato a Tiro, nel Libano, attraverso uno strano e lungo giro da nord a sud, nel quale evita di attraversare la Galilea, ritroviamo Gesù nel territorio della Decapoli, al di là del Giordano, a sud-est del mare di Tiberiade, oggi regno di Giordania. A seguito della polemica con gli scribi e i farisei sulla purezza rituale e la vera religione, Gesù ora è assolutamente incurante dei problemi di contaminazione, derivanti dagli inevitabili rapporti con le popolazioni pagane. La sua fama lo ha preceduto e la gente del posto gli porta un sordomuto. L’evangelista Marco aggiunge: “lo pregarono di imporgli la mano”, gesto abituale per i guaritori del tempo e, in certe situazioni, anche per lo stesso Gesù (cfr. Mc 6,5).

In questo caso però Gesù si comporta diversamente. Prima di tutto si apparta con la persona malata, per evitare che proprio la folla diventi un ostacolo alla guarigione che, come vediamo, è fisica e personale. Invece di imporre le mani come richiesto, tocca con le dita le orecchie del sordomuto e con la propria saliva la sua bocca. A questi gesti inusuali, alzando lo sguardo al cielo aggiunge una invocazione al Padre, emette un sospiro, sua partecipazione compassionevole che evoca l’azione dello Spirito, e infine, come nel caso della figlia di Giàiro (cfr. 5,41), ordina in aramaico: “Effatà”, imperativo che ricorda  gli esorcismi (cfr. Mc 9,25) nel quale si manifesta tutta la potenza della ‘Parola di Dio’.

Il risultato, neanche a dirlo, è ovviamente positivo: “subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente”. Ed è proprio la reazione della folla, tornata in scena per divulgare l’accaduto, nonostante la proibizione di Gesù, che ci guida alla comprensione dell’episodio: “pieni di stupore, dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!”. Una meraviglia caratteristica di chi riceve una rivelazione (cfr. Lc 2,48), in questo caso rafforzata dal ‘far bene ogni cosa’, che induce a pensare alla ‘perfezione divina’ già presente nell’atto creativo (cfr. Gen 1,31). Con il suo intervento terapeutico Gesù manifesta la volontà divina di prendersi cura dell’uomo e di mettere a sua disposizione la potenza creatrice del Padre e la forza vitale e rigenerante dello Spirito Santo. In Gesù si manifesta l’opera salvifica di Dio che ri-crea l’uomo, chiunque esso sia, riparando ai guasti del peccato. Nel caso specifico Gesù restituisce all’uomo l’udito e la parola, riabilitandolo non soltanto alle relazioni interpersonali, ma soprattutto al rapporto con Dio. Parola ed ascolto sono fondamentali nelle relazioni umane, ma anche nella relazione con Dio. Ora l’uomo può ‘udire e capire’ ciò che Gesù ha fatto come un segno della presenza di Dio in mezzo a noi e ‘proclamare’ le meraviglie divine che si manifestano nella sua opera. La persona guarita è un pagano che non ha mai ascoltato la Parola di Dio, né dialogato con Lui. Se, come diceva S. Ireneo di Lione: “l’uomo che vive è la gloria di Dio”, in questo episodio lo è soprattutto “l’uomo che ascolta e che parla”, e anche la ‘folla’ che annuncia e si fa testimone dell’opera di salvezza di Dio. Un ascolto che prelude all’obbedienza della fede, e quindi ad un incontro e ad una relazione personale con Dio, fondamento della vera religione, più dell’osservanza di precetti e tradizioni umane.

Gesù si è appartato con questo sordomuto, lontano dalla folla, così come si era appartato qualche tempo prima con gli Apostoli, perché la fede nasce da questo rapporto esclusivo con Dio, nel quale l’uomo viene a trovarsi a tu per tu con Dio, per formare con Lui un tutt’uno: “Qui è Dio, il Santo, e qui sono anch’io, quell’io della cui esistenza io sono responsabile, che non può essere rappresentato da nessun altro, anche se in tutta la sua povertà” (R. GUARDINI, Introduzione alla preghiera). Lasciamoci anche noi coinvolgere in questo rapporto personalissimo, perché si aprano le nostre orecchie e si sciolga la nostra lingua e liberi da tutti i condizionamenti, le dipendenze e le schiavitù in cui siamo costretti in questo nostro tempo dominato dalla “molteplice e opprimente offerta di consumo”, che relega l’uomo in  “una tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata.” (Papa Francesco Evangelii Gaudium 2), possiamo essere ricreati nel corpo e nello spirito da Gesù, che “ha fatto bene ogni cosa”.

Buona Domenica!

 don Marco Belladelli. 

 

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