Anonimo, Gesù guarisce il sordomuto, scuola veneta sec XVI. |
XXIII Domenica del Tempo Ordinario, “B”
Fa udire i sordi e fa parlare i muti
Dal Vangelo secondo Marco (7, 31-37).
In quel tempo, Gesù, uscito
dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in
pieno territorio della Decàpoli.
Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli
E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!». Parola del Signore.
------------------------------------------------
Dopo
averlo lasciato a Tiro, nel Libano, attraverso uno strano e lungo giro da nord
a sud, nel quale evita di attraversare la Galilea, ritroviamo Gesù nel
territorio della Decapoli, al di là del Giordano, a sud-est del mare di
Tiberiade, oggi regno di Giordania. A seguito della polemica con gli scribi e i
farisei sulla purezza rituale e la vera religione, Gesù ora è assolutamente incurante
dei problemi di contaminazione, derivanti dagli inevitabili rapporti con le
popolazioni pagane. La sua fama lo ha preceduto e la gente del posto gli porta
un sordomuto. L’evangelista Marco aggiunge: “lo pregarono di imporgli la mano”, gesto abituale per i guaritori
del tempo e, in certe situazioni, anche per lo stesso Gesù (cfr. Mc 6,5).
In
questo caso però Gesù si comporta diversamente. Prima di tutto si apparta con
la persona malata, per evitare che proprio la folla diventi un ostacolo alla
guarigione che, come vediamo, è fisica e personale. Invece di imporre le mani
come richiesto, tocca con le dita le orecchie del sordomuto e con la propria
saliva la sua bocca. A questi gesti inusuali, alzando lo sguardo al cielo aggiunge
una invocazione al Padre, emette un sospiro, sua partecipazione compassionevole
che evoca l’azione dello Spirito, e infine, come nel caso della figlia di
Giàiro (cfr. 5,41), ordina in aramaico: “Effatà”, imperativo che ricorda gli esorcismi (cfr. Mc 9,25) nel quale si
manifesta tutta la potenza della ‘Parola di Dio’.
Il
risultato, neanche a dirlo, è ovviamente positivo: “subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua
e parlava correttamente”. Ed è proprio la reazione della folla, tornata in
scena per divulgare l’accaduto, nonostante la proibizione di Gesù, che ci guida
alla comprensione dell’episodio: “pieni
di stupore, dicevano: Ha fatto bene ogni cosa; fa udire
i sordi e fa parlare i muti!”. Una meraviglia caratteristica di chi riceve
una rivelazione (cfr. Lc 2,48), in questo caso rafforzata dal ‘far bene ogni cosa’, che induce a
pensare alla ‘perfezione divina’ già presente nell’atto creativo (cfr. Gen
1,31). Con il suo intervento terapeutico Gesù manifesta la volontà divina di prendersi
cura dell’uomo e di mettere a sua disposizione la potenza creatrice del Padre e
la forza vitale e rigenerante dello Spirito Santo. In Gesù si manifesta l’opera
salvifica di Dio che ri-crea l’uomo, chiunque esso sia, riparando ai guasti del
peccato. Nel caso specifico Gesù restituisce all’uomo l’udito e la parola,
riabilitandolo non soltanto alle relazioni interpersonali, ma soprattutto al
rapporto con Dio. Parola ed ascolto sono fondamentali nelle relazioni umane, ma
anche nella relazione con Dio. Ora l’uomo può ‘udire e capire’ ciò che Gesù ha
fatto come un segno della presenza di Dio in mezzo a noi e ‘proclamare’ le
meraviglie divine che si manifestano nella sua opera. La persona guarita è un
pagano che non ha mai ascoltato la Parola di Dio, né dialogato con Lui. Se,
come diceva S. Ireneo di Lione: “l’uomo che vive è la gloria di Dio”, in questo episodio lo è
soprattutto “l’uomo che ascolta e che parla”, e anche la ‘folla’ che annuncia e si fa testimone
dell’opera di salvezza di Dio. Un ascolto che prelude all’obbedienza della
fede, e quindi ad un incontro e ad una relazione personale con Dio, fondamento
della vera religione, più dell’osservanza di precetti e tradizioni umane.
Gesù
si è appartato con questo sordomuto, lontano dalla folla, così come si era
appartato qualche tempo prima con gli Apostoli, perché la fede nasce da questo
rapporto esclusivo con Dio, nel quale l’uomo viene a trovarsi a tu per tu con
Dio, per formare con Lui un tutt’uno: “Qui
è Dio, il Santo, e qui sono anch’io, quell’io della cui esistenza io sono
responsabile, che non può essere rappresentato da nessun altro, anche se in
tutta la sua povertà” (R. GUARDINI, Introduzione
alla preghiera). Lasciamoci anche noi coinvolgere in questo rapporto
personalissimo, perché si aprano le nostre orecchie e si sciolga la nostra
lingua e liberi da tutti i condizionamenti, le dipendenze e le schiavitù in cui
siamo costretti in questo nostro tempo dominato dalla “molteplice e opprimente offerta di consumo”, che relega l’uomo
in “una tristezza individualista che
scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri
superficiali, dalla coscienza isolata.” (Papa Francesco Evangelii Gaudium 2), possiamo essere
ricreati nel corpo e nello spirito da Gesù, che “ha fatto bene ogni cosa”.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
Nessun commento:
Posta un commento