Cimabue, Crocifisso (particolare), 1250 chiesa di S. Domenico - Arezzo. |
VI
Domenica di Pasqua “B”
Nessuno
ha un amore più grande di questo:
dare
la vita per i propri amici.
Dal Vangelo secondo Giovanni
(15, 9-17)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi
discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio
amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto
queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Parola del Signore.
-----------------------------------------------
Da oggi
fino a Pentecoste la liturgia si trasforma in una continua e incessante
invocazione alla venuta dello Spirito Santo. Nella colletta di oggi si
dice: “fa' che nel tuo Spirito impariamo ad amarci gli uni agli altri come
lui ci ha amati”. Nella prima lettura, dagli Atti degli Apostoli, in cui si
racconta della effusione dello Spirito sui pagani in casa di Cornelio alla
presenza di Pietro, si ricorda alla Chiesa di disporsi allo stesso modo per
accogliere lo Spirito Santo e vivere in pienezza la fede cristiana. Il brano
evangelico e la seconda lettura fanno riferimento al frutto più grande
dell’opera dello Spirito, e cioè ad amare come Gesù, fino a dare la vita per i
propri amici.
Il
brano di oggi è la continuazione di quello della scorsa domenica. Siamo sempre
nel contesto dell’ultima cena e, liturgicamente, nella seconda parte del tempo
pasquale, caratterizzato dal tema della nostra relazione feconda con il Cristo
risorto. Nella parabola della vite e dei tralci si è detto che il segno
dell’autenticità di questa unione sono i frutti abbondanti di vita evangelica.
Ora invece si dà risalto al suo contenuto: “Come il Padre ha amato me,
anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. Questo legame di amore tra
il Signore risorto ed il discepolo è opera dello Spirito Santo. E’ lui che
trasforma così profondamente la natura umana da renderla capace di un amore,
simile a quello di Gesù: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli
uni gli altri, come io vi ho amati”, fino a diventare ‘vita donata’: “nessuno
ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Evocando
la particolare relazione umana dell’amicizia: “Voi siete miei amici se fate
ciò che io vi comando”, conosciuta o conoscibile da chiunque, almeno per
difetto, Gesù intende
rappresentare il significato ed il valore del nostro rapporto con lui. “Amici” non per una affinità psicologica,
affettiva o di altra natura, ma unicamente e semplicemente perché egli ci ama
come il Padre ha amato lui (cfr. Gv 15,9), rapporto che lo ha reso capace di
dare la sua vita per noi. L’amico, pur essendo altro, è ‘il simile’ perché vive
della reciprocità e della solidarietà di cui gode. Attraverso l’amicizia di Gesù
e con lui siamo personalmente coinvolti a crescere in intensità e verità fino a
convergere a lui. Questa è la via per la quale anche noi cominceremo a credere
all’amore e a vivere per amore. Ciò che umanamente è difficile da realizzarsi,
anche in una relazione intensa qual è quella coniugale tra uomo e donna, Dio lo
ha reso possibile per noi, perché diventassimo suoi amici. Siamo veramente al
cuore del mistero cristiano e, senza presunzione, mi pare di poter dire che
siamo anche al centro del mistero della vita di ogni uomo e di tutta la storia
umana. L’orizzonte non è quello moralistico di fissare dei criteri o dei limiti
massimi o minimi, quali per esempio il “quanto?” o il “fino dove?”. Quello che
Gesù ci ha comandato: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”,
lo celebriamo e ci viene partecipato nell’Eucaristia per perpetuarlo nella
storia, portando a compimento la missione di Gesù. Nella docilità allo Spirito
Santo anche la Chiesa, e ciascuno di noi come sue membra, diventiamo corpo
donato e sangue versato. Ciò che si proclama con la bocca è creduto dalla
mente, amato dal cuore, per diventare ‘norma di vita’. Nella celebrazione
eucaristica, attraverso il sacramento della Parola e del Pane di vita,
maturiamo quei sentimenti profondi di una mentalità di fede, sufficienti perché
una verità tanto sublime venga accolta nella nostra vita per grazia, più che
per volontà, per sentirci veri uomini, liberi di volersi soggetti capaci di
amore “come io vi ho amati”. Buona
Domenica!
don Marco Belladelli.
Nessun commento:
Posta un commento