sabato 11 maggio 2024

Il Vangelo della salute del 12/05/2024

Benvenuto Tisi, detto il Garofano, Ascensione di Cristo, 1510. 

Solennità dell’Ascensione al cielo 

di N.S. Gesù Cristo “B”

Gesù è elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Dal Vangelo secondo Marco (16, 15-20)
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.

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Come ci ricorda san Luca nella 1° lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, quaranta giorni dopo la risurrezione Gesù è salito al cielo. L’Evangelista descrive l’evento parlando di una nube, di cielo e di uomini in bianche vesti, tutti elementi tipici di una teofania, cioè la forma letteraria con cui nella bibbia si rende la manifestazione della realtà stessa di Dio nella nostra dimensione terrena.

Marco invece nel brano del vangelo, con il suo stile sintetico e diretto, dice semplicemente: “fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio”. Detto in altri termini, Gesù ritorna a quella condizione divina che gli era propria prima dell’incarnazione e ‘seduto alla destra’ del Padre, raggiunge il vertice della sua glorificazione come ‘Signore dell’universo’, percorso iniziato con la passione: “Padre, glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho glorificato e lo glorificherò ancora!".” (Gv 12,28). Paradossalmente nel seguito del suo racconto, Marco non evidenzia una separazione, ma una nuova complicità di Gesù nella missione degli apostoli: essi “partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.

L’evento dell’Ascensione non va quindi interpretato come una perdita o un abbandono, ma come una esperienza di comunione ancora più forte nella missione di annunciare il Vangelo e di portare la salvezza di Dio a tutti gli uomini. Inoltre salendo al cielo, Gesù non si sbarazza del suo corpo, come se si trattasse di una inutile zavorra, ma lo porta con sé nella sua forma gloriosa per renderlo partecipe della stessa vita di Dio. La sua dimensione corporea è ciò che più lo unisce a noi, come ci ricorda San Paolo nella lettera ai Filippesi: “Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.” (2,7-8) ed anche ragione della nostra salvezza, secondo il principio teologico: caro cardo salutis (la carne, cardine di salvezza). La sua umanità gloriosa orienta il cammino di ogni uomo e di tutta umanità nel suo insieme verso il ritorno alla casa del Padre, quando saremo partecipi della vita stessa di Dio in Paradiso.

La festa dell’Ascensione è una buona opportunità per guardare al Paradiso, ne hanno parlato molti mistici nel corso dei duemila anni di storia della Chiesa, descrivendolo come una condizione di luce, di pace, di gioia, una beatitudine nella piena comunione con Dio e con i fratelli. Al di là della suggestione dei vari racconti, il Paradiso è la meta e il premio dei giusti, che hanno vissuto come il Signore ci ha insegnato, credendo e sperando in Lui. Pensare al Paradiso, non significa fuggire dalla concreta realtà per inseguire una illusione, ma dare forza al nostro impegno a favore della giustizia, della pace e dell’amore tra gli uomini. Quante volte di fronte a tanta arroganza, prepotenza, presunzione e superbia siamo stati tentati di lasciar perdere ogni sforzo per cambiare questo mondo nel segno del regno di Dio? La realtà del Paradiso ci fa capire che anche il minimo gesto non è inutile, perché tutto troverà un suo compimento, come dice bene Gesù nella parabola del giudizio universale: “tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ” (Mt 25,40). Guardare al Paradiso ci dà la forza necessaria per deciderci seriamente a seguire la via della santità. Senza questo orizzonte, la vita umana si riduce alla dimensione terrena e si trasforma in una lotta per la sopravvivenza ad ogni costo degli uni contro gli altri. Paradossalmente si può arrivare all’assurdo di una esperienza religiosa senza Dio, che sconfina nell’apostasia. Che Dio ci scampi da un simile abominio.

Intanto, con tutti gli Angeli e i Santi del Paradiso, glorifichiamo il Signore Gesù che è salito al cielo, ci ha aperto la via per il ritorno alla casa del Padre e ci accompagna e ci sostiene ogni momento nel nostro cammino terreno, fino al giorno in cui riceveremo anche noi in dono la beatitudine eterna.

Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

 


 



 

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