Benvenuto Tisi, detto il Garofano, Ascensione di Cristo, 1510. |
Solennità dell’Ascensione al cielo
di N.S. Gesù Cristo “B”
Gesù
è elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.
Dal Vangelo secondo Marco (16, 15-20)
In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro:
«Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà
e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi
saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome
scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se
berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e
questi guariranno».
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano. Parola del Signore.
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Come
ci ricorda san Luca nella 1° lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, quaranta
giorni dopo la risurrezione Gesù è salito al cielo. L’Evangelista descrive
l’evento parlando di una nube, di cielo e di uomini in bianche vesti, tutti
elementi tipici di una teofania, cioè la forma letteraria con cui nella bibbia
si rende la manifestazione della realtà stessa di Dio nella nostra dimensione
terrena.
Marco
invece nel brano del vangelo, con il suo stile sintetico e diretto, dice
semplicemente: “fu elevato in cielo e
sedette alla destra di Dio”. Detto in altri termini, Gesù ritorna a quella
condizione divina che gli era propria prima dell’incarnazione e ‘seduto alla destra’ del Padre, raggiunge
il vertice della sua glorificazione come ‘Signore dell’universo’, percorso iniziato
con la passione: “Padre,
glorifica il tuo nome". Venne allora una voce dal cielo: "L'ho
glorificato e lo glorificherò ancora!".” (Gv 12,28). Paradossalmente
nel seguito del suo racconto, Marco non evidenzia una separazione, ma una nuova
complicità di Gesù nella missione degli apostoli: essi “partirono e predicarono dappertutto mentre il Signore agiva insieme con
loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
L’evento
dell’Ascensione non va quindi interpretato come una perdita o un abbandono, ma
come una esperienza di comunione ancora più forte nella missione di annunciare
il Vangelo e di portare la salvezza di Dio a tutti gli uomini. Inoltre salendo
al cielo, Gesù non si sbarazza del suo corpo, come se si trattasse di una
inutile zavorra, ma lo porta con sé nella sua forma gloriosa per renderlo
partecipe della stessa vita di Dio. La sua dimensione corporea è ciò che più lo
unisce a noi, come ci ricorda San Paolo nella lettera ai Filippesi: “Dall'aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi
obbediente fino alla morte e a una morte di croce.” (2,7-8) ed anche
ragione della nostra salvezza, secondo il principio teologico: caro cardo salutis (la carne, cardine di
salvezza). La sua umanità gloriosa orienta il cammino di ogni uomo e di tutta
umanità nel suo insieme verso il ritorno alla casa del Padre, quando saremo partecipi
della vita stessa di Dio in Paradiso.
La
festa dell’Ascensione è una buona opportunità per guardare al Paradiso, ne
hanno parlato molti mistici nel corso dei duemila anni di storia della Chiesa,
descrivendolo come una condizione di luce, di pace, di gioia, una beatitudine
nella piena comunione con Dio e con i fratelli. Al di là della suggestione dei
vari racconti, il Paradiso è la meta e il premio dei giusti, che hanno vissuto come
il Signore ci ha insegnato, credendo e sperando in Lui. Pensare al Paradiso,
non significa fuggire dalla concreta realtà per inseguire una illusione, ma
dare forza al nostro impegno a favore della giustizia, della pace e dell’amore
tra gli uomini. Quante volte di fronte a tanta arroganza, prepotenza, presunzione
e superbia siamo stati tentati di lasciar perdere ogni sforzo per cambiare
questo mondo nel segno del regno di Dio? La realtà del Paradiso ci fa capire
che anche il minimo gesto non è inutile, perché tutto troverà un suo
compimento, come dice bene Gesù nella parabola del giudizio universale: “tutto quello che avete fatto a uno solo di
questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me ” (Mt 25,40). Guardare al Paradiso ci dà la forza necessaria per
deciderci seriamente a seguire la via della santità. Senza questo orizzonte, la
vita umana si riduce alla dimensione terrena e si trasforma in una lotta per la
sopravvivenza ad ogni costo degli uni contro gli altri. Paradossalmente si può
arrivare all’assurdo di una esperienza religiosa senza Dio, che sconfina
nell’apostasia. Che Dio ci scampi da un simile abominio.
Intanto,
con tutti gli Angeli e i Santi del Paradiso, glorifichiamo il Signore Gesù che
è salito al cielo, ci ha aperto la via per il ritorno alla casa del Padre e ci
accompagna e ci sostiene ogni momento nel nostro cammino terreno, fino al
giorno in cui riceveremo anche noi in dono la beatitudine eterna.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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