Benedetto
colui che viene nel nome del Signore.
Dal vangelo secondo Marco (Mc 11,1-10)
Quando
furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli
Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di
fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale
nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà:
“Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà
qui subito”». Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada,
e lo slegarono. Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo
puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi
salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle
fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che seguivano,
gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!». Parola
del Signore.
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Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco (Mc 15,16-41).
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel
pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono
una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo:
«Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli
sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo
essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare
le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo
Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo.
Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli
davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte
su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo
crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei
Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua
sinistra.
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e
dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni,
salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con
gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e
non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce,
perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui
lo insultavano.
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del
pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?»,
che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo,
alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di
aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo:
«Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte
grido, spirò.
Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il
centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel
modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le
quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome,
le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che
erano salite con lui a Gerusalemme.
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La Domenica delle Palme inizia con la
benedizione dei rami d’ulivo e la processione che ricorda l’entrata trionfale
di Gesù a Gerusalemme, salutato dalla folle come il figlio di Davide, il Messia
atteso. Poi continua con la lettura del racconto della passione di uno dei tre
sinottici. Questa articolazione della liturgia è il risultato dell’incontro di
due tradizioni, quella di Gerusalemme nella quale si rivivevano passo, passo
gli ultimi giorni della vita di Gesù, e quella di Roma nella quale invece con
la proclamazione del racconto della passione si vuole mettere al centro delle
celebrazioni della settimana santa il sacrificio doloroso e scandaloso della
morte in croce di Gesù.
Sta per compiersi l’evento fondamentale per la
salvezza dell’umanità, la settimana santa è dominata dalla croce, nella quale
si riassumono tutti i momenti e gli aspetti della sofferenza di Gesù, dal
tradimento all’abbandono di tutti, dalle umiliazioni alle torture, dalla
crocifissione fino alla morte, sofferenze conseguenti al “se tradidit” di Gesù, cioè al suo consegnarsi nelle mani degli uomini
per essere ucciso, nella più assoluta fedeltà alla volontà del Padre, nella
quale si manifesta il grande gesto di amore di Dio, che non avremmo mai potuto
meritare, né tanto meno immaginare, come dice Gesù stesso nel Vangelo di
Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande
di questo: dare la sua vita per i propri amici.” (15,13).
Iniziamo la settimana santa con in mano i rami
d’ulivo, accompagnando Gesù fino al Calvario, cammino che si concluderà con la
sua risurrezione, perché sappiamo bene che in nessun altro c’è salvezza. Una
partecipazione che chiede anche a noi di disporci a condividere la stessa sorte
del Signore, come lui stesso ci ha più volte ricordato nel vangelo: “Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34).
Nel vangelo di Marco il momento della passione
si presenta come il vertice di tutto il suo racconto. Con molto realismo
seguiamo Gesù nel suo consegnarsi nelle mani degli uomini, da Giuda ai sommi
sacerdoti, da Pilato ai soldati che lo crocifiggono fino al momento della sua
morte, quando il centurione sotto la croce esclamerà: “Davvero quest’uomo era Figlio
di Dio!”. La fede di un pagano opposta alla volontà di coloro che,
invece di accoglierlo come il Messia atteso, lo hanno condannato a morte,
gridando alla “Bestemmia!” per la
stessa ragione, e cioè perché si è fatto Figlio di Dio.
Accanto a Gesù sono rimasti soltanto Maria, sua
Madre, alcune donne del gruppo, Giovanni, il più giovane degli apostoli e un
drappello di soldati romani, che dopo averlo crocifisso e visto morire in quel
modo, si convertirono. Pietro, impaurito dalle chiacchiere di una servetta, lo
ha rinnegato, tutti gli altri apostoli sono fuggiti e Giuda addirittura si è
compromesso a tal punto con satana fino al tradimento. Nella desolazione
generale, la fede del Centurione è la luce che squarcia le tenebre che
avvolgono la terra. Anticipa la fede di molti altri uomini che in ogni parte
del mondo seguiranno il suo esempio. Si realizza la parola profetica
pronunciata da Gesù, che abbiamo ascoltato la scorsa settimana: “Quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutti a me” (Gv 12,31).
Gesù è il dono più grande che Dio ci abbia
fatto, più grande della nostra stessa vita. Concludiamo il nostro cammino
quaresimale lasciandoci attrarre da Cristo. Prostrati davanti alla sua croce
apriamo i nostri cuori per accogliere questo dono d’amore e chiediamo
sinceramente perdono dei nostri peccati. Nella sincera conversione del cuore, come
nel giorno del Battesimo proclamiamo: “Questa
è la nostra fede, questa è la fede della Chiesa. E noi ci gloriamo di
professarla in Cristo Gesù, nostro Signore!”.
Buona
Settimana Santa!
don
Marco Belladelli. |
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