V
Domenica di Quaresima “B”
Se il
chicco di grano caduto in terra muore, produce molto frutto.
Dal
Vangelo secondo Giovanni (12,20-33)
In quel tempo, tra quelli che
erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi
si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono:
«Signore, vogliamo vedere Gesù».
Venne allora una voce dal cielo: «L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!».
La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato». Disse Gesù: «Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me». Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. Parola del Signore.
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Nel brano del Vangelo di oggi si fa
continuamente riferimento alla morte di Gesù e soprattutto al suo valore
salvifico. Dopo il suo ingresso trionfale a Gerusalemme, Gesù sente avvicinarsi il momento della sua
passione e morte e ne parla alla folla con animo molto turbato: “Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami
da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica
il tuo nome”. Un episodio che evoca la stessa situazione narrata
da Matteo, Marco e Luca nella scena dell’agonia al Getsemani, quando Gesù percepisce
che le sorti dell’umanità dipendono da lui, dalla sua accettazione della
volontà del Padre, fino al sacrifico della sua vita.
Il turbamento è il sentimento che invade
l’animo umano quando si trova davanti alla morte e all’esperienza di perdizione
che essa porta con sé. E’ la percezione, tutta
insieme e tutta in una volta, di non essere padroni di noi stessi, della
precarietà costitutiva della nostra vita, accompagnata da un senso di
inquietudine esistenziale per la consapevolezza ineluttabile del proprio nulla.
Il termine greco usato per esprimere il sentimento del turbamento evoca il moto
perpetuo dell’acqua del mare, sempre in movimento, anche quando apparentemente
sembra immobile, come una tavola.
Il brano inizia con l’apostolo Filippo
che, insieme ad Andrea, si fanno interpreti presso Gesù della richiesta di un
gruppo di proseliti di origine greca (cioè pagani che riconoscevano il Dio
d’Israele come unico vero Dio) di volerlo incontrare. Gesù risponde dicendo che
“È venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia
glorificato”, intendendo con questo il suo prossimo
sacrificio sulla croce, una risposta apparentemente illogica, rispetto alla
domanda. Gesù sposta l’attenzione sugli eventi prossimi della sua passione,
morte e risurrezione, con cui si conclude la sua vita terrena e nello stesso
tempo si realizza la salvezza del mondo, attraverso i quali tutti capiranno che
sia veramente Gesù. La gloria è
naturalmente il suo ritorno al Padre, passaggio che però si realizza mediante
la passione e la morte di croce. Segue la piccola parabola del seme che muore e
porta molto frutto, contrariamente a quello che invece non muore e rimane solo,
una similitudine che richiama la situazione descritta nella parabola del
seminatore (cfr. Mc 4,3-20 e parr), dove soltanto il seme caduto sul buon
terreno porta molto frutto. L’immagine
del seme che muore e porta molto frutto ci fa capire che la morte di Gesù non è
il suo fallimento, ma la via per il successo della sua opera di redenzione nel
mondo. La logica del perdere la vita per guadagnare la vita eterna vale anche
per i discepoli di ieri e di oggi. La salvezza del mondo realizzata da Gesù
significa anche la sconfitta definitiva di satana e l’instaurazione della
signoria di Dio nel mondo, che si affermerà attirando tutti a sé tutta
l’umanità.
Siamo ormai giunti alla fine del nostro
cammino penitenziale della Quaresima, il cui scopo era di rinnovarci nella fede
per accogliere più autenticamente Gesù Cristo nella nostra vita. L’efficacia di
questo cammino spirituale dipende dalla capacità di fare nostra il percorso di
glorificazione del Signore Gesù, seguendo la falsa riga della parabola del seme
che porta frutto, superando tutte le resistenze che ci impediscono di lasciarci
attrarre dalla croce di Cristo, per generare attorno a noi frutti di vita, di
comunione, di vera fraternità, perché “chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita
eterna”.
Buona
Domenica!
don Marco Belladelli.
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