venerdì 8 marzo 2024

IV Domenica di Quaresima “B”

Dio ha mandato il Figlio perché il mondo si salvi per mezzo di lui.

Dal Vangelo secondo Giovanni   (3,14-21).
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio». Parola del Signore.

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La quarta Domenica di Quaresima è detta anche “Domenica laetare” (leggi letare), cioè della letizia, dalla prima parola latina dell’antifona d’ingresso: “Rallegrati, Gerusalemme, (Laetáre, Jerúsalem,) e voi tutti che l’amate, riunitevi. Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione.” (Is 66,10-11).

La ragione dell’esultanza è data dal fatto che siamo ormai giunti a metà del nostro cammino penitenziale, la Pasqua è più vicina e con essa anche la certezza della salvezza di tutta l’umanità. Come segno dell’attenuarsi del rigore quaresimale, dove è possibile, il celebrante indossa paramenti rosacei, un colore più tenue rispetto al mortificante violaceo quaresimale, per indicare la prossimità dell’irruzione della luce del risorto.

Per noi oggi “l’abbondanza della nostra consolazione” non dipende da una particolare vittoria sul nemico di turno, ma dall’essere al centro dell’amore misericordioso di Dio Padre. Ce ne parla san Paolo nella seconda lettura, che partendo dalla comune condizione di morte di pagani e giudei a causa dei loro peccati, evoca l’atto redentivo di Dio, che ci ha fatti rinascere in Cristo: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati,  da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.” (Ef 2,4). Nella ricchezza della divina Misericordia abbiamo il perdono dei peccati, la salvezza dell’anima e del corpo e soprattutto il dono della vita divina. 

San Giovanni nel vangelo riprende il tema in modo piuttosto sorprendente: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna”. Un’affermazione che fa parte del dialogo notturno avvenuto a Gerusalemme tra Gesù e Nicodemo (Gv 3,1-21). Vista la difficoltà del suo interlocutore a comprendere la possibilità di una nuova nascita dall’acqua e dallo Spirito Santo, Gesù afferma che la ragione ultima per credere è l’amore di Dio, che ha tanto amato il mondo fino a sacrificare il proprio Figlio, perché chi crede in lui abbia la vita eterna. Abitualmente Gesù parla del mondo come di una realtà contrapposta a Dio e in un atteggiamento di odio verso tutto ciò che lo rappresenta: “Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo”. (Vedi anche Gv 15,18-19; 1Gv 3,13). Che cosa significa allora questo amore infinito di Dio per il mondo, , se non l’onnipotenza con cui Dio, attraverso il sacrificio del Figlio sulla croce, riesce a volgere a sé l’orientamento del mondo, nel rispetto della libertà umana, perché chiunque crede non muoia, ma abbia la vita eterna. Un rapporto assolutamente inconcepibile dallo spirito mondano, quello di Dio con il mondo, il quale pur mantenendo tutta la propria libertà di autodeterminazione fino alla propria perdizione, non riesce a sottrarsi alla “ineffabile carità di Dio in Cristo superiore a ogni conoscenza” (Ef3,19).

Nella croce di Cristo, nel suo totale abbandono e nella sua discesa agli inferi, Dio si rivela quello che è sempre stato, cioè amore eterno. In quanto uno e trino, Dio è talmente amore eterno, che all’interno di questa vita anche la morte e la perdizione infernale della creatura, se accettate con amore, possono essere trasformate in un’espressione d’amore” (H. U. vov Bathasar, Perché sono ancora cristiano, Queriniana – BS 1971/2005).

Il percorso spirituale della Quaresima ci costringe ancora una volta a confrontarci con l’evento fondamentale della nostra salvezza, il mistero della passione, morte e risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, per accoglierlo come il più grande atto di amore di cui siamo stati oggetto. Prima ancora di essere dottrina, questo atto di infinita misericordia da parte di Dio è grazia che salva e rigenera la vita dell’uomo e di tutto l’universo.

Non posso assolutamente dimenticare le parole di fra Elia degli Apostoli di Dio che un Venerdì santo, al culmine della sua sofferenza, quando rivive annualmente il mistero della passione morte e risurrezione di Gesù sul suo corpo, disse a tutti coloro che erano raccolti attorno al suo letto di dolore: “Voi non potete neppure immaginare quanto Dio ci voglia bene, quanto grande sia il suo Amore”. E’ con la forza dell’amore che Dio ci riconquista a sé, a prezzo della vita del suo Figlio Unigenito. Ecco che cosa significa confrontarsi con questo grande mistero nel quale si manifesta tutta la misericordia di Dio.

Papa Benedetto XVI con la sua prima enciclica Deus caritas est, intendeva suscitare nel mondo un rinnovato dinamismo di impegno nella risposta umana all'amore divino”. L’esistenza cristiana si riassume essenzialmente nell’aver creduto all’amore di Dio, il cristianesimo è l’amore di Gesù che irrompe nella nostra vita non con la prepotenza di chi si impone in modo arrogante, ma con l’umile tenacia di chi non si dà per vinto di fronte a qualsivoglia ostacolo o rifiuto, perché superiamo le nostre paure, diffidenze, resistenze e via dicendo. Insieme con l’annuncio sorprendente della grandezza dell’amore di Dio, c’è anche l’annuncio della salvezza del mondo, cioè che niente andrà perduto. Il traguardo della nostra penitenza, e non soltanto di quella quaresimale, è la nostra resa incondizionata all’AMORE di Dio. Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

 

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