Pietro Perugino, Primato di Pietro (particolare), 1481/2 Cappella Sistina - Città del Vaticano. |
XXI Domenica del Tempo Ordinario, “A”.
Tu
sei Pietro, a te darò le chiavi del regno dei cieli.
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (16,
13-20).
In
quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi
discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero:
«Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei
profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il
Cristo, il Figlio del Dio vivente».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. Parola del Signore.
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Dopo il rimprovero ricevuto da Gesù stesso due
Domenica fa: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?” (Mt 14,31), oggi la fede
di Pietro viene esaltata come il modello a cui deve rifarsi chiunque voglia
mettersi seriamente al seguito di Gesù, e addirittura questa sua confessione
diventa la base granitica su cui il Signore intende fondare la ‘sua Chiesa’, capace di resistere contro qualsiasi
avversità e potenza nemica che le si opponga, per una durata che ha come
orizzonte la stessa fine dei tempi. Un cambiamento, quello di Pietro, non
giustificato da “carne o sangue”,
come dice il testo evangelico, cioè da ragioni umane, ma avvenuto per
rivelazione diretta del “Padre mio che è
nei cieli” (Mt 16,17).
Attraverso questo episodio, comunemente noto come ‘la confessione di Cesarea di Filippo’,
l’evangelista Matteo esplicita nel suo racconto che Gesù è il Figlio di Dio nel
senso proprio del termine e cioè Dio come il Padre, al di là di ogni possibile
fraintendimento o equivoco, e che questo atto di fede è e sarà il fondamento
della Chiesa di ogni tempo. La novità cristiana di ieri, di oggi e di domani
dipende totalmente da questa fede pasquale, la stessa che ci vede qui riuniti a
celebrare l’Eucarestia, nella certezza della viva presenza del Signore risorto
in mezzo a noi, il Figlio del Dio vivente.
A Cesarea di Filippo, fuori dai confini d’Israele
nella regione della Traconitide, oggi corrispondente alle alture del Golan, la
catena montuosa che divide la Siria da Israele, in questo luogo lontano dalla
folla che, come abbiamo visto negli ultimi episodi, lo insegue dovunque senza
lasciargli tregua, Gesù interroga i discepoli prima su che cosa pensa la gente
di lui e poi rivolge la stessa domanda a loro: “Ma voi, chi dite che io
sia?”.
Nonostante la forte attrazione esercitata da Gesù
sulla folla, tanto da precederlo a sua insaputa dovunque egli si recasse (cfr.
Mt 14,13), per la maggior parte della gente non è ancora chiaro chi egli
davvero sia, tanto da confonderlo con uno dei profeti dell’antico testamento.
Ma Gesù è molto più interessato alla risposta dei
discepoli, la loro fede in lui è fondamentale per superare lo scandalo della
croce, quando a Gerusalemme dovrà affrontare la passione e la morte, prima
della risurrezione. In diverse occasioni abbiamo visto i discepoli in
difficoltà, comportarsi da persone sprovvedute e impreparate a vivere l’evento
di cui sono protagonisti insieme al Signore. Il loro modo di pensare e di agire
è quello di chi non ha ancora capito fino infondo con chi hanno a che fare. Lo
abbiamo visto quando Gesù li ha raggiunti a piedi, mentre loro erano sulla
barca in mezzo al mare di Tiberiade in tempesta e lo hanno scambiato per un
fantasma (cfr. 14,26).
Questa volta nessuna delusione, anzi Pietro risponde a
nome di tutti in modo sorprendente: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. La risposta del Principe
degli Apostoli va ben al di là delle attese di Gesù, tanto che egli stesso
reagisce replicando a Pietro con una benedizione solenne, nella forma della
beatitudine: “Beato sei tu, Simone,
figlio di Giona!”
La prima parte della risposta è certamente un passo
avanti rispetto a quanto pensava la gente.
Affermare che Gesù è “il Cristo”
equivale a dire che egli è il “Messia”,
cioè l’inviato da Dio, promesso e annunciato dai profeti, il re potente, il
figlio di Davide che salverà il popolo dall’umiliazione dell’oppressione che da
secoli subisce come castigo per i suoi peccati. Fin qui siamo dunque in linea
con il cosiddetto ‘messianismo’ del
popolo, e cioè con tutte quelle riflessioni attraverso le quali gli Ebrei
cercavano di tenere vive nel tempo le antiche promesse fatte ai Padri d’Israele,
di cui troviamo traccia anche nel cantico del Magnificat, quando Maria dice: “Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come
aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre” (Lc
1,54-55), provando anche a capire e a spiegare come si sarebbero compiute.
Ciò che invece più sorprende è la seconda parte della
risposta di Pietro, quando egli afferma: “Tu sei il Figlio del Dio
vivente”.
Come abbiamo già anticipato, si tratta di una formula in cui si riconosce la
divinità di Gesù e che sintetizza quella che sarà ed è la fede pasquale della
Chiesa di ogni tempo, a cui si sarebbe pervenuti soltanto dopo gli eventi della
risurrezione.
Per questo Gesù, dopo l’esultanza e la beatitudine
indirizzata a Pietro, svela che la fede dell’Apostolo non è semplicemente
l’espressione del suo sentire religioso, né tanto meno il risultato di una
approfondita analisi della sua esperienza vissuta accanto al Signore, ma che si
tratta di una illuminazione che viene direttamente dal Padre, e cioè è dono di
Dio, come del resto lui stesso aveva previsto al di là di ogni ragionevole
dubbio, quando disse: “Tutto è stato dato a me
dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il
Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.” (Mt 11,27).
La ragione umana è di per sé in grado di conoscere
Dio, ma non nella peculiarità in cui si è rivelato a noi nella persona del
Signore Gesù. Quando Pietro dice: “Tu sei il Figlio del Dio vivente”, riconosce e accoglie
tutto il mistero della persona di Gesù, e cioè la sua divinità incarnata e
sacrificata per la nostra salvezza, una presenza di Dio in mezzo a noi uomini
che non ha avuto eguali nella storia e nelle altre religioni, né mai ne avrà.
Davanti ad una manifestazione di fede tanto
importante, Gesù rivela quello che sarà il progetto di Dio, oltre la sua
presenza terrena. A Simone, il figlio di Giona, cambia il nome in ‘Kefa’, che noi abitualmente traduciamo
con ‘Pietro’, perché in aramaico, la
lingua parlata da Gesù, il sostantivo ‘pietra’
è maschile. Un variazione che riassume quella che sarà la missione del Principe
degli Apostoli all’interno della ‘sua’
Chiesa. Pietro, con la sua fede, sarà la roccia su cui il Signore edificherà la
nuova Comunità formata da coloro che crederanno in lui. Parole che ci fanno
pensare ad un’altra immagine usata da Gesù per descrivere la ‘sua’ Chiesa, quella di “una città che sta sopra un monte” (Mt 5,14) che non può
rimanere nascosta, ma soprattutto contro cui nulla possono i suoi nemici.
Il progetto di Dio prevede anche altro per Pietro,
come si capisce dalla consegna delle chiavi: “A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che
legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra
sarà sciolto nei cieli” (16,19). Sempre in forza della sua fede, a Pietro, e
attraverso di lui a tutta la Chiesa, viene conferito il potere di fare entrare
gli uomini nella vita eterna, un potere che nell’accogliere o nell’escludere,
impegna l’autorità stessa di Dio. Questa è dunque la missione che la Chiesa ha
compiuto, compie ancora oggi e che continuerà a compiere fino alla fine del
mondo, certi che nonostante tutti gli ostacoli, le difficoltà e le fragilità
interne ed esterne, i suoi nemici non prevarranno contro di essa.
Buona Domenica!
don Marco Belladelli
GRAZZZIE Don , immenso
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