VII
Domenica del tempo Ordinario “A”
Amate i vostri nemici
dal vangelo secondo matteo (5, 38-48)
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: ‘Occhio
per occhio e dente per dente’. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi,
se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra, e a
chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il
mantello. E se uno ti costringe ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui
fanne due. Dà a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare
le spalle.
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Gesù continua il suo
discorso sulla nuova legge del regno dei cieli con altre due antitesi sul tema
dei rapporti interpersonali, sempre nella prospettiva del compimento e non
dell’abolizione. La novità è presente nella parte introdotta dal “ma io vi dico”, con cui Gesù, investito dell’autorità
stessa di Dio, propone una giustizia superiore a quella degli scribi e dei
farisei, superando la casistica in cui l’avevano costretta le scuole
rabbiniche, universalmente valida e orientata alla carità, come lui stesso ci
ha insegnato: “amatevi gli uni gli altri come io ho
amato voi”
(Gv 15,12).
Nella prima parte non si
tratta propriamente di una antitesi, ma di una serie di precetti, quali: “non opporsi al malvagio e il porgere l’altra guancia”, attraverso
i quali si vuole superare la legge del taglione dell’ “occhio per occhio e dente
per dente”, antico principio con cui si cercava di evitare il
ricorso alla vendetta privata, e affermare un etica, che rinuncia a qualsiasi
rivalsa giuridica, per dare priorità alla volontà di Dio e al suo amore che va
oltre il diritto di difendersi.
Nella seconda parte, con
nostra somma sorpresa, ci viene addirittura proposto di amare i nemici: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che
vi perseguitano”. Di fronte all’altro, fosse anche il nostro peggior nemico, e di
fronte alla violenza ed al sopruso, Gesù chiede ai suoi discepoli una
generosità e una arrendevolezza al limite dell’eroismo. Nel suo argomentare
Gesù arriva addirittura a chiedere ai suoi discepoli la perfezione stessa di
Dio. Chi vorrà attenersi al principio di giustizia, dando a ciascuno secondo il
suo merito, e cioè amore a chi fa il bene e vendicarsi di chi ci fa il male,
viene paragonato ai pubblicani (pubblici peccatori) e ai pagani, cioè a chi non ha conosciuto il Dio
di Gesù Cristo: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da
Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è
amore”
(cfr. 1Gv 4,7-8). Siamo di fronte ad esigenze che non possono essere umanamente
soddisfatte, se non per una elevazione dell’uomo al livello stesso di Dio, come
ci ricorda S. Giovanni nella sua prima lettera: “Carissimi, noi fin da ora
siamo figli di Dio, ma
ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.”(1Gv 3,2).
Davanti a noi ci sono due
percorsi interpretativi. Quello della dotta esegesi che spacca il capello in
quattro e attraverso confronti culturali autorevoli e accattivanti citazioni
auto giustificatorie riesce a polverizzare il dettato evangelico fino a renderlo
innocuo, se non addirittura vano. Oppure, sulla scorta della chiave interpretativa
indicata da Benedetto XVI nell’introduzione del 1° volume del suo libro Gesù di Nazaret: “Io ritengo che proprio
questo Gesù, - quello dei Vangeli – sia una figura sensata e convincente”, quello di sederci ai
piedi di Gesù per ascoltarlo, come fece Maria quando lo accolse in casa sua (Lc
10,39), fino a lasciarci trasformare in “figli del Padre che è nei
cieli”.
Nella nuova legge del regno
dei cieli è presente una dinamica evolutiva propria della critica profetica,
che amplia il messaggio di Gesù per i necessari sviluppi storici personali e
sociali, a garanzia della dignità umana e a imitazione di Dio stesso. Questo
significa che non possiamo accontentarci del grado di moralità raggiunta, ma
che dobbiamo sempre metterci in discussione dalla parola di Gesù, fin quando
non abbiamo raggiunto la perfezione stessa di Dio.
Quando Gesù dice: “Amate i vostri nemici” parla prima di tutto di
sé e del suo sacrifico sulla croce con cui ci ha rigenerati. Senza questo suo
Amore, tutto il Vangelo resta un’utopia irrealizzabile per chiunque. Ogni volta
che ci riuniamo per l’Eucaristia facciamo l’esperienza della riconciliazione,
da nemici ad amici di Dio. Questa è l’unica sorgente a cui possiamo attingere
per avere la forza di amare i nostri nemici, pregare per loro e diventare “figli del Padre vostro che
è nei cieli, che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni”. Quando per primi abbiamo
fatto l’esperienza di un Amore più forte di qualsiasi inimicizia, niente sarà
più impossibile, anche amare i nemici, porgere l’altra guancia e sopportare il
sopruso di turno. Buona Domenica!
don Marco Belladelli
Buona domenica anche a te grazie
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