Antonello da Messina, Salvator mundi, 1465. |
VI Domenica del tempo Ordinario “A”
Così fu detto agli antichi: ma io dico a voi ...
dal vangelo secondo matteo (5, 17-37).
In
quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad
abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno
compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra,
non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia
avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà
agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi
invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei
cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno». Parola del Signore.
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Con le prime tre antitesi del
discorso
della montagna: “Avete inteso che fu detto agli antichi … ma io vi dico … ”, relative ai comandamenti:
“non
uccidere, non commettere adulterio, non dire il falso”, proposte oggi dal testo
evangelico, Gesù illustra la novità del regno di Dio. Le tre affermazioni che le
introducono mettono in guardia da un possibile fraintendimento degli
insegnamenti del Signore, che è venuto non per abolire, ma “a dare pieno compimento” alla legge, che per la
sua origine divina, continuerà ad avere una sua importanza anche nel regno dei
cieli: “Chi dunque
trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare
altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li
osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli”, regno in cui si dovrà
tendere ad una vera giustizia interiore, contrapposta a quella formale e
ipocrita degli scribi e dei farisei. Le tre affermazioni guardano allo sviluppo
futuro della fede cristiana e al rapporto della nuova comunità dei discepoli di
Gesù con l’antico testamento e con il popolo ebraico in generale, nella
prospettiva del compimento e non dell’abolizione, una novità fondata sul “ma io vi dico …” espressione con cui Gesù attacca e supera la legge
antica, in nome dell’autorità divina di cui è investito. Il compimento delle
promesse antiche consiste nell’accogliere il Vangelo di Gesù e non nell’abrogazione
di qualcosa che ha fatto il suo tempo. La storia del popolo d’Israele e il
relativo patrimonio spirituale di fede e di vita che lo caratterizza rimangono
una ricchezza anche per il nuovo popolo di Dio, fino alla fine dei tempi, con il
valore che vi aggiunge Gesù, venuto non per annacquare il messaggio dei dieci
comandamenti, ma per darci l’opportunità di viverlo in pienezza, rendendolo
universale attraverso il comandamento nuovo dell’amore: “Come
io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Per capire che cosa s’intende
per ‘compimento’, vi consiglio di
leggere l’autobiografia di Eugenio Zolli
(Prima
dell’alba. Autobiografia autorizzata. Ed. San Paolo, 2004 MI), già rabbino capo della sinagoga
di Roma, nella quale descrive il suo percorso spirituale, che lo ha portato ad
abbracciare la fede cristiana (si è battezzato il 13/02/1945), non tanto come
il ripudio dell’ebraismo, ma come il riconoscimento e l’accoglienza di Gesù come
il Messia atteso, cioè colui che ha realizzato le promesse antiche. L’insegnamento
di Gesù, che esige di non trasgredire neanche il minimo dei precetti delle
legge, deriva dal superamento del ristretto ambito familiare ed etnico a cui
faceva riferimento il pio israelita nel suo impegno morale, per un orizzonte
universale, dove il tuo fratello (5,22) diventa chiunque incontri sul tuo cammino (cfr.
Benedetto XVI, Gesù di Nazareth, vol.
1°, pagg. 125-140). Anche la terza affermazione, sulla necessità di tendere ad
una giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei, vuole andare oltre
l’osservanza formalmente corretta e puntuale del comandamento, per dare la
priorità all’atteggiamento interiore che lo ispira e lo anima. Se, come è stato
detto, noi siamo il sale della
terra e la luce del
mondo (Mt 5,13-14), lo siamo in forza del dono dello Spirito Santo, che
ci rende capaci di una tale giustizia superiore.
Nel discorso della montagna Gesù tratteggia il profilo
della nuova
umanità,
plasmata dallo Spirito Santo, a sua immagine e somiglianza e capace di fare
proprie le esigenze del regno. Fuori da questa orizzonte inevitabilmente ricadiamo
nell’errore commesso dagli scribi e dai farisei, per i quali era sufficiente sentirsi
a posto in coscienza. Come dice San Paolo nella lettera ai Galati, la Legge non
è servita alla salvezza, ma a mettere in evidenza la pochezza umana: “Se infatti fosse stata
data una Legge capace di dare la vita, la giustizia verrebbe davvero dalla
Legge; la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il
peccato, perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù
Cristo”
(3,21-22).
Dopo aver accolto queste
premesse, entrando nel merito dei tre comandamenti presi in esame dalle
antitesi, possiamo chiaramente comprendere perché è sufficiente adirarsi con il
proprio fratello per contravvenire al comandamento del “non uccidere”, perché sia sufficiente un cattivo desiderio per
commettere adulterio, come pure non sia necessario nessun giuramento, quando si
attesta la verità con assoluta sincerità di cuore. Lascio a ciascuno dei miei
dieci lettori il compito di confrontarsi con i nuovi contenuti proposti da Gesù,
per sviluppare una approfondita riflessione sulla propria moralità riguardo ai
tre comandamenti presi in esame oggi dal testo evangelico. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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