venerdì 23 settembre 2022

Il Vangelo della salute del 25/09/2022

Domenico Fetti, Il ricco epulone e il povero Lazzaro, 1618 National Gallery - Washington

 XXVI del tempo Ordinario “C”

Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali;

ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.

Dal vangelo secondo Luca (16,19-31)

In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.

Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”. Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”». Parola del Signore.

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Con la parabola del  ricco epulone e del povero Lazzaro Luca torna ancora sul tema della ricchezza e lo sviluppa fino alle estreme conseguenze, cioè le fiamme dell’inferno per il ricco innominato. L’avidità per le ricchezze è stata la rovina del figliol prodigo, del gretto fratello maggiore e lo può essere ancora per tutti coloro che ne diventano schiavi. L’amministratore disonesto, per la sua avidità, ha rischiato di trovarsi sul lastrico, abbandonato da tutti, senza nessuno che lo accolga. I guai che derivano dall’opulenza sono una esagerata concentrazione su se stessi, tanto da non accorgersi neppure del povero Lazzaro e ancor meno di Dio. L’opulenza è la ricchezza sfacciata, che mi ricorda l’immagine di zio Paperone che nuota nell’oro e piange miseria. Per restare nella realtà, è la differenza che esiste tra l’occidente economico,  il 20% dell’umanità, e tutti gli altri Paesi che abitualmente indichiamo come “terzo o quarto mondo”, l’altro 80%, nei quali invece c’è abbondanza di sottosviluppo e miseria di ogni genere. Qualche anno fa visitando il Borneo indonesiano, oggi Kalimanta, per indicare il livello economico raggiunto da quella popolazione il sacerdote che mi accompagnava mi disse: “Qui nessuno muore di fame”.

La ragione ultima del pericolo della ricchezza non è dato dalla misura sproporzionata dei beni posseduti, quanto dalla durezza di cuore che ne deriva di fronte a Dio e ai fratelli. La ricchezza può innescare un senso di auto-sufficienza, a volte di onnipotenza, molto deleterio. Recita il salmo: “Lo stolto pensa Dio non c’è.(Sal 14,1). Come ricordavo la scorsa Domenica, i farisei deridevano di Gesù: “I farisei che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui”, e Gesù li ammonì: “Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole.” (Lc 16,14-15). Misurare tutto unicamente con criteri economici secondo una mentalità materialista significa collocarsi esattamente all’opposto del modo di pensare di Dio.  

Il racconto è una risposta alla contrapposizione tra Dio e la ricchezza, da cui deriva la più assoluta indifferenza di fronte alla impressionante miseria in cui vivono tanti uomini. Una durezza di cuore che non viene scalfita né dalla divina Parola di Gesù, né tanto meno dalla voce di Dio che ci parla nella coscienza. Il non vedere i poveri equivale a non vedere Dio e al vivere come se Dio non esistesse e la conseguenza finale è l’inferno! Sì, perché soltanto nell’altra vita ci si renderà conto della realtà, quando vedremo tutti i Lazzaro del mondo, in cui nome significa Dio lo aiuta, nella beatitudine del Paradiso, e i ricchi senza nome irrimediabilmente perduti.  Buona Domenica!

don Marco Belladelli. 

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