venerdì 22 ottobre 2021

Il vangelo della salute del 24/10/2021

Maestro della raccolta della manna, Il cieco di Gerico, 1475. 

XXX Domenica del Tempo Ordinario, “B”.

Rabbunì, che io veda di nuovo!

Dal Vangelo secondo Marco (10, 46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».

Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. Parola del Signore
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Nel suo viaggio verso Gerusalemme Gesù è costretto ad un’altra fermata del tutto imprevista. Questa volta è il cieco Bartimeo di Gerico a chiedere il suo aiuto. Finora Gesù era stato interrotto e ostacolato nel suo cammino da dubbi e difficoltà di chi alla fine non lo ha seguito, fatta eccezione dei due Apostoli. Prima i farisei con la questione del divorzio, poi il giovane ricco, che non se l’è sentita di rinunciare tutti i suoi beni, e infine l’ambizione per i primi posti dei due fratelli, Giacomo e Giovanni, contrapposta al terzo annuncio della passione appena dato da Gesù. Questa volta invece alla fine il cieco Bartimeo guarito ‘lo segue lungo la strada. Prima di arrivare a Gerico, per placare i conflitti  tra gli Apostoli, Gesù ha detto: “Il Figlio dell'uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Il cieco guarito che lo segue sulla strada che porta a Gerusalemme è l’esempio concreto che ci fa capire in che cosa consiste il servizio del “dare la propria vita in riscatto per molti”.

Bartimeo sapeva di Gesù, ma mai avrebbe pensato che sarebbe passato per quella strada. Tra l’altro, il suo essere non vedente gli impediva di raggiungerlo. Un evento che per lui rappresenta l’occasione della vita e per questo grida con tutto il fiato che ha in corpo: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Questa volta Gesù si ferma non per rispondere a dei quesiti, ma all’invocazione confidente di un uomo che spera di potersi liberare una volta per tutte dalla condizione umiliante della cecità e da tutte le sue conseguenze emarginanti che comporta. Tra lui e Gesù c’è però di mezzo una folla molto diversa da quella entusiasta che abbiamo conosciuto in Galilea e che inseguiva Gesù da una sponda all’altra del mare di Tiberiade, tanto che non avevano neanche il tempo di riposare. Quella di Gerico è una folla che per Bartimeo si trasforma in un ostacolo per il suo incontro con Gesù :“Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte”.

Riconosciuto come Messia, Gesù chiama Bartimeo. Al povero cieco questo è sufficiente per capire che la sua vita sta per cambiare completamente. Lo comprendiamo da due gesti, dal liberarsi del mantello, l’indumento essenziale ed indispensabile per la sopravvivenza dei poveri, perché serviva per ripararsi di notte e per chiedere la carità di giorno (cfr. Deut 24,12-13), e dal balzare in piedi per abbandonare definitivamente quella postazione sulla strada tra Gerico a Gerusalemme molto propizia per un mendicante. Era infatti una via molto trafficata, soprattutto in occasione delle feste ebraiche, da coloro che si recavano al tempio per compiervi le loro pratiche religiose. Quel luogo, dove egli chiedeva l’elemosina, per anni aveva rappresentato la fonte sicura del suo sostentamento.

Gesù gli chiede: “Che vuoi che io ti faccia?”, domanda apparentemente superflua. Che cosa poteva desiderare un cieco da un taumaturgo come Gesù? E’ la stessa domanda che Gesù ha rivolto a Giacomo e Giovanni che chiedevano di vedere soddisfatta la loro ambizione. Nella sua richiesta, come nella nostra preghiera, Gesù vuole riconoscere la fede:

«Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato» E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Finalmente Gesù trova qualcuno che lo segue senza “se” e senza “ma”.  

Essere cristiani significa aver fatto la stessa esperienza della fede che salva, come è stato per il cieco Bartimeo, e cioè  aver incontrato Gesù, il Figlio di Dio, che ti ha cambiato la vita fino a seguirlo consapevolmente anche sulla via della passione, morte e risurrezione. Il punto di partenza di questo cammino è prendere coscienza fino in fondo della nostra povertà e miseria e riconoscere in Gesù il nostro Salvatore. Finché invece saremo convinti di bastare a noi stessi e di poter contare sui nostri mezzi, perché ascoltare e seguire Gesù è troppo sconveniente, vuol dire che la nostra fede è ancora lontana dall’essere causa di salvezza. Di fronte alle nostre resistenze, la cosa che più confortante e che ci dà speranza è sapere che prima o poi Gesù passerà da casa nostra e ci manderà a chiamare, sarà il momento in cui comprenderemo pienamente in che cosa consiste la nostra salvezza.

Oggi si celebra in tutta la Chiesa la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE, occasione importante per prendere sempre più consapevolezza che la fede vive, si rafforza e cresce quando è donata. Se invece rimane sola, non porta frutto e diventa anche di danno per il soggetto stesso. La nostra missione comincia con l’umile testimonianza quotidiana e continua con l’annuncio esplicito del Vangelo, quando è necessario, in qualsiasi contesto culturale e sociale. Anche quest’anno Papa Francesco si è rivolto al mondo intero con il suo annuale messaggio dal titolo “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20), nel quale tra l’altro dice: “Oggi, Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere la vocazione come una vera storia d’amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare messaggeri e strumenti di compassione. Ed è una chiamata che Egli rivolge a tutti, seppure non nello stesso modo. Ricordiamo che ci sono periferie che si trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia. C’è anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico bensì esistenziale.”.

Tutti i battezzati sono quindi chiamati ad un nuovo slancio missionario, simile a quello di duemila anni fa, all’inizio della diffusione del Vangelo, una nuova missione da cui nessuno è escluso. Buona Domenica!

don Marco Belladelli.

 

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