Maestro della raccolta della manna, Il cieco di Gerico, 1475. |
XXX Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Rabbunì,
che io veda di nuovo!
Dal
Vangelo secondo Marco (10, 46-52)
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai
suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco,
sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a
gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte:
«Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada. Parola del Signore
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Nel suo viaggio verso Gerusalemme Gesù è
costretto ad un’altra fermata del tutto imprevista. Questa volta è il cieco
Bartimeo di Gerico a chiedere il suo aiuto. Finora Gesù era stato interrotto e
ostacolato nel suo cammino da dubbi e difficoltà di chi alla fine non lo ha
seguito, fatta eccezione dei due Apostoli. Prima i farisei con la questione del
divorzio, poi il giovane ricco, che non se l’è sentita di rinunciare tutti i
suoi beni, e infine l’ambizione per i primi posti dei due fratelli, Giacomo e
Giovanni, contrapposta al terzo annuncio della passione appena dato da Gesù. Questa
volta invece alla fine il cieco Bartimeo guarito ‘lo segue lungo la strada’.
Prima di arrivare a Gerico, per placare i conflitti tra gli Apostoli, Gesù ha detto: “Il
Figlio dell'uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per
molti”. Il cieco guarito che lo segue sulla strada che porta a
Gerusalemme è l’esempio concreto che ci fa capire in che cosa consiste il “servizio” del “dare la
propria vita in riscatto per molti”.
Bartimeo sapeva di Gesù,
ma mai avrebbe pensato che sarebbe passato per quella strada. Tra l’altro, il
suo essere non vedente gli impediva di raggiungerlo. Un evento che per lui rappresenta
l’occasione della vita e per questo grida con tutto il fiato che ha in corpo: “Figlio
di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Questa volta Gesù si ferma non
per rispondere a dei quesiti, ma all’invocazione confidente di un uomo che spera
di potersi liberare una volta per tutte dalla condizione umiliante della cecità
e da tutte le sue conseguenze emarginanti che comporta. Tra lui e Gesù c’è però
di mezzo una folla molto diversa da quella entusiasta che abbiamo conosciuto in
Galilea e che inseguiva Gesù da una sponda all’altra del mare di Tiberiade,
tanto che non avevano neanche il tempo di riposare. Quella di Gerico è una folla
che per Bartimeo si trasforma in un ostacolo per il suo incontro con Gesù :“Molti
lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte”.
Riconosciuto come Messia,
Gesù chiama Bartimeo. Al povero cieco questo è sufficiente per capire che la sua
vita sta per cambiare completamente. Lo comprendiamo da due gesti, dal liberarsi
del mantello, l’indumento essenziale ed indispensabile per la sopravvivenza dei
poveri, perché serviva per ripararsi di notte e per chiedere la carità di
giorno (cfr. Deut 24,12-13), e dal balzare in piedi per abbandonare
definitivamente quella postazione sulla strada tra Gerico a Gerusalemme molto
propizia per un mendicante. Era infatti una via molto trafficata, soprattutto
in occasione delle feste ebraiche, da coloro che si recavano al tempio per
compiervi le loro pratiche religiose. Quel luogo, dove egli chiedeva
l’elemosina, per anni aveva rappresentato la fonte sicura del suo
sostentamento.
Gesù gli chiede: “Che
vuoi che io ti faccia?”, domanda apparentemente superflua. Che cosa
poteva desiderare un cieco da un taumaturgo come Gesù? E’ la stessa domanda che
Gesù ha rivolto a Giacomo e Giovanni che chiedevano di vedere soddisfatta la
loro ambizione. Nella sua richiesta, come nella nostra preghiera, Gesù vuole
riconoscere la fede:
“«Rabbunì,
che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato»
E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada”. Finalmente Gesù trova
qualcuno che lo segue senza “se” e senza “ma”.
Essere cristiani
significa aver fatto la stessa esperienza della fede che salva, come è stato
per il cieco Bartimeo, e cioè aver
incontrato Gesù, il Figlio di Dio, che ti ha cambiato la vita fino a seguirlo consapevolmente
anche sulla via della passione, morte e risurrezione. Il punto di partenza di
questo cammino è prendere coscienza fino in fondo della nostra povertà e
miseria e riconoscere in Gesù il nostro Salvatore. Finché invece saremo convinti
di bastare a noi stessi e di poter contare sui nostri mezzi, perché ascoltare e
seguire Gesù è troppo sconveniente, vuol dire che la nostra fede è ancora
lontana dall’essere causa di salvezza. Di fronte alle nostre resistenze, la
cosa che più confortante e che ci dà speranza è sapere che prima o poi Gesù
passerà da casa nostra e ci manderà a chiamare, sarà il momento in cui
comprenderemo pienamente in che cosa consiste la nostra salvezza.
Oggi
si celebra in tutta la Chiesa la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE, occasione
importante per prendere sempre più consapevolezza che la fede vive, si rafforza
e cresce quando è donata. Se invece rimane sola, non porta frutto e diventa
anche di danno per il soggetto stesso. La nostra missione comincia con l’umile
testimonianza quotidiana e continua con l’annuncio esplicito del Vangelo, quando
è necessario, in qualsiasi contesto culturale e sociale. Anche quest’anno Papa Francesco
si è rivolto al mondo intero con il suo annuale messaggio dal titolo “Non
possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato” (At 4,20), nel quale tra l’altro dice: “Oggi,
Gesù ha bisogno di cuori che siano capaci di vivere la vocazione come una vera
storia d’amore, che li faccia andare alle periferie del mondo e diventare
messaggeri e strumenti di compassione. Ed è una chiamata che Egli rivolge a
tutti, seppure non nello stesso modo. Ricordiamo che ci sono periferie che si
trovano vicino a noi, nel centro di una città, o nella propria famiglia. C’è
anche un aspetto dell’apertura universale dell’amore che non è geografico bensì
esistenziale.”.
Tutti
i battezzati sono quindi chiamati ad un nuovo slancio missionario, simile a
quello di duemila anni fa, all’inizio della diffusione del Vangelo, una nuova missione
da cui nessuno è escluso. Buona Domenica!
don
Marco Belladelli.
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