venerdì 8 ottobre 2021

Il Vangelo della salute del 10/09/2021

Rappresentazione cinese dell'episodio del giovane ricco - Pechino 1870. 

XXVIII del Tempo Ordinario, “B”.

Vendi quello che hai, poi vieni e seguimi.

Dal Vangelo secondo Marco (10, 17-30)
In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi

quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Parola del Signore.

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Gesù è in viaggio verso Gerusalemme, dove si compirà il suo destino di morte e risurrezione, quando viene fermato da un uomo ricco, che in modo piuttosto plateale si butta ai suoi piedi per chiedergli: “che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”, come se soltanto lui potesse aiutarlo. Al centro del racconto c’è lo sguardo pieno d’amore di Gesù che fissa il suo interlocutore per invitarlo a seguirlo: “… vieni! Seguimi!” (10,21).

L’uomo, tradizionalmente individuato nello stesso evangelista, il giovane Marco, chiama Gesù “Maestro buono”. Fin dall’inizio del suo ministero Gesù era stato riconosciuto come un Maestro che si distingueva da tutti gli altri per il suo “insegnamento nuovo, dato con autorità” (Mc 1,27). E’ la prima volta viene chiamato “buono”, attributo squisitamente divino, che Gesù non rifiuta, pur consapevole del suo valore teologico, come si evince dal suo commento: “Nessuno è buono, se non Dio solo”. La vita eterna consiste nella piena comunione con Dio. E chi meglio di Gesù, autorevole maestro, “buono” come  Dio stesso, può rispondere a questa richiesta?

Dando per scontata la religiosità del suo interlocutore, Gesù procede con gradualità e nella sua risposta fa riferimento alla seconda tavola della legge, quella dei comandamenti che riguardano l’amore del prossimo, enumerandoli uno dopo l’altro, la cui osservanza rappresenta la via sicura per la vita eterna.

Due conseguenze importanti per ogni cristiano: vera religione è amare il fratello, perché, come ci ricorda san Giovanni nella sua prima lettera, chi dice di amare Dio e odia il proprio fratello è un bugiardo (cfr. 1Gv 2,9ss e parr). Una buona coscienza accoglie il messaggio cristiano nella sua interezza che di conseguenza si evidenzia nella maturità morale di chi sa fare propri i principi e i valori fondamentali dell’umana convivenza, quali l’onestà, la sincerità, la rettitudine, il rispetto degli altri e la solidarietà verso i bisognosi, sintetizzati nei sette comandamenti dell’amore del prossimo.

Il giovane risponde che questo lo ha sempre fatto, reclamando implicitamente da Gesù qualcosa di più oneroso. Siamo al momento centrale dell’episodio. Gesù “fissato lo sguardo su di lui, lo amò”. Dio  ci previene sempre. Lo sguardo di Gesù è lo sguardo di Dio, uno sguardo che sta all’origine della nostra vita ed è causa di salvezza, come dice il profeta: “Io poserò lo sguardo sopra di loro per il loro bene” (Ger 24,6). Con il suo sguardo pieno d’amore Gesù tocca il cuore del giovane e lo invita a seguirlo: “Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. A queste parole il giovane e ricco interlocutore di Gesù “inorridì” e se ne andò triste, perché aveva molti beni. L’attaccamento alle ricchezze rappresenta il più grande ostacolo per chi vuole seguire Gesù.

Già nella spiegazione della parabola del seminatore Gesù aveva parlato dell’ “inganno della ricchezza” (Mc 4,19) come uno dei principali ostacoli per accogliere la Parola di Dio. Le considerazioni che seguano l’uscita di scena del giovane ricco sul pericolo rappresentato dalla ricchezza per coloro che desiderano partecipare al Regno di Dio sono un ulteriore puntualizzazione. Come le spine soffocano il buon grano, così l’attaccamento ai beni materiali impedisce di capire che cosa significhi “avere un tesoro in cielo”. Colui che voleva la vita eterna non era disposto a rinunciare ai suoi molti beni. La pericolosità del possesso delle ricchezze comincia quando per causa loro diventa impossibile accogliere la chiamata di Dio e seguirla. Quanto il materialismo possa ostacolare l’incontro con Dio, lo vediamo ogni giorno nella nostra società consumistica.

Per ben due volte Gesù si rammarica e ammonisce quanto sia difficile per un ricco entrare nel regno dei cieli, usando pure la parabola del cammello e della cruna dell’ago. I discepoli, pure loro “sbigottiti” davanti a queste parole, arrivano a dubitare prima della loro scelta e poi della possibilità che qualcuno si possa salvare. Gesù risponde a loro e a tutti coloro che nel corso della storia faranno la stessa scelta, invitandoli a confidare nell’onnipotenza di Dio, perché “tutto è possibile presso Dio”. Diventare discepoli non è il risultato si abilità, competenze e sforzi umani, ma dono della potenza salvifica di Dio.

Il brano si conclude con la promessa del centuplo per tutti coloro che per il regno di Dio hanno abbandonato non soltanto i beni materiali, ma anche gli affetti più cari della propria famiglia. Buona Domenica!

 don Marco Belladelli.

 

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