Reliquiario (XVIII sec.) del miracolo eucaristico di Lanciano (sec. VIII). |
XIX Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Io
sono il pane vivo, disceso dal cielo.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 41-51)
In quel tempo, i Giudei si
misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal
cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non
conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal
cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo
attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta
scritto nei profeti: “E
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Parola del Signore.
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La
parte del “Discorso sul pane di vita” che oggi la liturgia ci propone è
un’inclusione tra due affermazioni di Gesù molto simili, tra le quali il tema viene
sviluppato nella prospettiva di una ‘rivelazione’, che cercherò di evidenziare
in queste mie riflessioni.
La
prima affermazione è al v.35: “Io sono il
pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete,
mai!”, con cui si è concluso il brano liturgico di Domenica scorsa. L’altra
è al v.51. “Io sono il pane vivo, disceso
dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è
la mia carne per la vita del mondo”
che chiude il brano di oggi.
I
Giudei cominciano a raffreddarsi e a prendere le distanze. Dalla richiesta di avere il pane vero che sfama per sempre (v.
34), si passa ad obiezioni di natura personale nei confronti di Gesù molto
simili a quelle mosse dai compaesani di Nazareth (cfr. Mc 6,2-3) tipo: ‘chi si
crede di essere?’, che Gesù stesso definisce ‘mormorazioni’.
Da
quando Gesù ha affermato di essere “disceso dal cielo” (v. 38), l’atteggiamento
dei Giudei è radicalmente cambiato. Non sono più disposti ad ascoltarlo, né
tanto meno a seguirlo. Il problema è la sua origine divina. Noi invece siamo
qui proprio per questo.
Gesù
risponde descrivendo la fede come un essere attratti da Dio e un lasciarsi
ammaestrare da Lui. L’esperienza della fede è la scoperta della possibilità
di ascoltare Dio Padre e di imparare da Lui. Come Adamo ed Eva sentivano
i passi di Dio nel giardino dell’Eden (Gen 3,8), allo stesso modo oggi Gesù ci
spinge a Dio (v.43), riconoscendo in lui “colui
che è disceso dal cielo”(v. 50). La fede ti fa vedere i segni di Dio, ti
apre alla loro comprensione e ti guida all’accoglienza della realtà che essi
significano. L’incontro con Gesù, “colui che viene da Dio”(v. 46), è
la via da seguire per arrivare a Dio. Una realtà sempre nuova e
straordinariamente sorprendente, nella quale Dio si concede a noi, senza che ci
sentiamo degli estranei, né dei privilegiati e tanto meno delle persone fuori
dal mondo.
Gesù
quindi riprende a parlare del segno del pane per approfondirne la rivelazione
del mistero della sua persona: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se
uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne
per la vita del mondo”. Soltanto cibandoci di questo pane siamo resi
partecipi della vita eterna.
Tutti
noi abbiamo esperienza del cibo materiale e siamo consapevoli della sua
importanza, ma non lo siamo altrettanto del “pane del cielo” per la nostra vita. Oltre al cibo materiale,
abbiamo bisogno di un altro nutrimento per la nostra anima, come rispose Gesù
al demonio nel deserto: “Non di solo pane
vivrà l'uomo” (cfr Mt 4,4). Gesù è questo cibo. Egli si offre a noi come “il
pane vivo, disceso dal cielo”, come “carne per la vita del mondo”.
Se siamo convinti che la vita è dono di Dio, e che da Lui veniamo e a Lui
torniamo, come possiamo fare a meno di questo pane vivo disceso dal cielo? Non si tratta
di fuggire da questo mondo per pensare soltanto all’eternità. Quando Gesù dice
che ha offerto se stesso (la sua carne)
per la vita del mondo, vuol dire che con l’energia propria di questo cibo
cammineremo in questo mondo per cambiarlo ad immagine e somiglianza del regno
di Dio descritto nel Vangelo, fino al raggiungimento dell’eternità. L’Eucaristia
è la nostra vita, la nostra carità, la nostra Speranza, la nostra misericordia,
il pegno della nostra eternità. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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