Raffaellino del Garbo, Moltiplicazione dei pani e dei pesci, XV-XVI sec., S. Antonino - FI. |
XVII Domenica del Tempo Ordinario, “B”.
Distribuì a quelli che erano seduti quanto ne volevano.
Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 1-15)
In quel tempo, Gesù passò
all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande
folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e
là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei
Giudei.
Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse
a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?».
Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per
compiere. Gli rispose Filippo:
Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.
Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.
E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.
Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo. Parola del Signore.
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Lasciamo per alcune Domeniche il testo di Marco
per quello di Giovanni, di cui verranno proclamati brani tratti dal VI capitolo
che inizia con il racconto della moltiplicazione dei pani e continua con il famoso
discorso sul “Pane di vita” nella
sinagoga di Cafarnao.
Il contesto ambientale è molto simile a quello
evocato da Marco la scorsa Domenica, cioè “una grande folla”che “veniva
da lui” non solo dalla Galilea e lo inseguiva da una sponda
all’altra del mare di Tiberiade. La folla viene per ascoltarlo e per esser
guarita. Non immagina neppure lontanamente di poter anche essere sfamata.
Nel racconto della moltiplicazione dei pani dei
pesci Giovanni evidenzia due particolari importanti che illuminano tutto
l’episodio: prima di tutto che “Era
vicina la Pasqua, la festa dei Giudei”, e poi che Gesù “sapeva
bene quello che stava per fare”. Dettagli non casuali che anticipano
il contesto dell’ultima cena, quando con la stessa consapevolezza Gesù
istituisce l’eucaristia, preparandosi al dono totale di sé al Padre: “Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo
che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i
suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine.” (Gv 13,1).
Dopo aver provocato i discepoli su come dare da
mangiare a tanta gente, Gesù prende l’iniziativa e, rese grazie a Dio, cominciò
a distribuire pani e pesci ai cinquemila e più presenti, “finché ne vollero”,
tanto che alla fine“con i pezzi avanzati” furono
riempiti dodici canestri. Nel segno dell’abbondanza del pane è annunciato il
grande sacramento dell’Eucaristia, che da oltre duemila anni è al cuore stesso
del mistero della Chiesa e del mondo intero. In esso Gesù si è fatto cibo
dell’anima e del corpo dell’uomo, perché tutti coloro che lo ricevono siano trasformati
dalla grazia e dalla forza del Sacramento a sua immagine e somiglianza.
La moltitudine di uomini e donne seduti
sull’erba e abbondantemente saziati, evoca una condizione di beatitudine
paradisiaca, nella quale Dio provvedeva a tutte le necessità dell’uomo, e verso
la quale l’umanità è orientata attraverso l’agape fraterna generata dall’Eucaristia,
per l’edificazione del regno di Dio sulla terra. Dopo il peccato originale,
l’uomo è stato condannato alla fatica del procurarsi il cibo quotidiano e
all’umiliazione della morte (cfr Gen 3,17-19). Soltanto Dio poteva risollevarlo
da queste due condizioni miserevoli. Gesù, dopo aver mostrato in più occasione
di potersi prendere cura di tutte le infermità e fragilità dell’uomo, ora si
rivela capace anche di provvedere alla necessità materiali, come il pane
quotidiano.
Quando Dio ha messo mano alla creazione, sapeva
bene ciò che stava per fare e si compiacque della sua opera come di una “cosa molto buona.” (Gen 1,31). Anche Gesù ormai sa molto bene
perché si è fatto uomo e che cosa è venuto a fare sulla terra. Non è un caso
infatti che questo segno avvenga in prossimità della Pasqua. La moltiplicazione
dei pani e dei pesci rivela con straordinaria chiarezza la volontà di Dio di
salvare l’uomo e il mondo attraverso la passione, morte e risurrezione di Gesù,
nella quale, oltre la provvidente e generosa bontà di Dio, che già abbiamo
sperimentato nell’atto creativo, riconosciamo l’incommensurabile misericordia
divina, che viene in soccorso alla nostra debolezza e fragilità.
Misericordia e Provvidenza sono inseparabili e
vengono a noi insieme. La Provvidenza divina ci ha messo a disposizione una
tale abbondanza di risorse, di cui nella stragrande maggioranza dei casi non
conosciamo ancora le dimensioni e le potenzialità. Così ci affanniamo ad
accumulare beni e ricchezze, incuranti degli squilibri, delle disuguaglianze e
delle ingiustizie che causiamo. Il tanto benessere di questi ultimi tempi ci ha
resi ancora più egoisti, fino a sentirci minacciati dal pericolo di perdere
improvvisamente tutto e di ritrovarci nella miseria più nera. Nonostante i
proclami contrari, la recente e grave crisi pandemica rischia di accentuare gli
egoismi, a cominciare da chi ci governa. La divina Provvidenza ci indica
esattamente la direzione opposta: sospinti dall’amore fraterno che scaturisce
dall’Eucarestia saremo capaci della generosità necessaria per il soccorso agli
ultimi che crea nuova e abbondante ricchezza per tutti. Ma per realizzare questo è necessario un
cuore pieno di misericordia. Buona Domenica!
don Marco Belladelli.
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