Erano come pecore che non hanno pastore.
Dal Vangelo secondo Marco (6, 30-34)
In quel tempo, gli apostoli
si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e
quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi
soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che
andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare.
Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Parola
del Signore.
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Tra l’invio in missione degli Apostoli e il loro
ritorno, san Marco inserisce il racconto del martirio di Giovanni Battista per
mano di Erode. Quindi riprende la narrazione descrivendoci un Gesù desideroso
di stare solo con gli Apostoli, per ascoltarli sugli esiti della loro missione
appena conclusa. Questo però non è possibile, perché sono continuamente
interrotti da persone che “andavano e
venivano”, tanto da non esserci nemmeno il tempo per mangiare. Un movimento
che rivela come per alcuni ci fosse la possibilità di incontrare personalmente
Gesù. Era accaduto così per Giàiro, il capo della sinagoga di Cafarnao. Molto
probabilmente andavano per chiedere un aiuto, un consiglio, una parola di
conforto, una preghiera di intercessione per un familiare o per un amico, o per
qualsiasi altra necessità.
E’ molto bella questa immagine di Gesù che non
si nega a nessuno, né si spazientisce, ma accoglie tutti. Una disponibilità
misericordiosa che continua anche oggi, nel rapporto personale che abbiamo con
lui attraverso la preghiera, che genera quella confidenza nella quale ci
sentiamo accolti ed esauditi nelle nostre richieste, secondo la volontà del
Padre.
In questi giorni mi è capitato di dover confortare
un ragazzino dodicenne molto turbato, perché aveva pregato per la guarigione
della nonna, molto anziana e in cattive condizione di salute, che invece nel
giro di pochi giorni è morta. Non è sempre facile accettare che tutte le nostre
preghiere si riassumano nella invocazione del Padre nostro: “Sia fatta la
tua volontà, come in Cielo, così in terra”.
Gesù, però è deciso a creare le condizioni
favorevoli per ascoltare gli Apostoli. Così tutti insieme prendono la barca per
cercare un luogo isolato. Tentativo andato a vuoto, perché anche lì trovano
gente che li aspetta, mentre altri li raggiungono a piedi. Un vero e proprio
assedio.
Preso da un sentimento di profonda compassione
per la folla, alla fine Gesù sceglie di dedicarsi ad essa. Ai suoi occhi e al
suo cuore tutti quegli uomini e quelle donne sono come un gregge senza pastore:
“ebbe compassione di loro, perché erano
come pecore che non hanno pastore”. La compassione di Gesù è il segno della
condiscendenza di Dio per tutti gli uomini. In essa si manifesta quel legame
originale e profondo, esistente tra l’uomo e Dio, che nell’esperienza umana ha
come unico termine di paragone la tenerezza del grembo materno, luogo simbolo
dell’atto generativo, ma soprattutto di quel rapporto madre-figlio, modulato sullo
scambio della muta e reciproca tenerezza, che si risolve nell’amore oblativo
della madre per il figlio.
Quante volte nell’antico testamento per mezzo
dei profeti (cfr Ger 23,1ss; Ez 34,1ss; e parr.) Dio si è lamentato dei pastori
a cui aveva affidato il proprio gregge, perché incuranti del bene delle pecore,
ma preoccupati soltanto del proprio tornaconto. Un problema quanto mai attuale
quello dei “cattivi pastori”, che non
si prendono cura del gregge loro affidato, ma pensano soltanto a se stessi. Ora in Gesù è Dio stesso che ha assunto in
prima persona il compito del “Buon Pastore”. Lo vediamo sia
nell’attenzione per gli Apostoli, anch’essi associati al suo ministero, sia
nella sollecitudine per la folla, alla quale si dedica senza risparmiarsi: “insegnando
loro molte cose”. Una folla che lo cerca continuamente, senza dargli
tregua. Una folla che non è mai sazia della sua parola, come un assetato di
acqua. Molto suggestivo il rapporto di Gesù con la folla, da una parte la sua
profonda compassione per essa, dall’altra l’insaziabile bisogno della folla di
ascoltare il suo insegnamento.
E’ definitivamente superata la diffidenza umana
nei confronti di Dio, seguita al peccato originale, quando Dio in cerca l’uomo
si sente rispondere: “Ho udito il
tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto.” (Gen 3,10). Con Gesù vivo e presente in mezzo a noi l’uomo
ha smesso di nascondersi, è finito il tempo della sua fuga da Dio. Tra Dio e
l’uomo è tornata la confidenza iniziale, il dialogo e la comunione d’amore
ancora più intensa di quella del paradiso
terrestre.
L’immagine della folla che insegue Gesù
dappertutto si rinnova nelle folle oceaniche che in ogni parte del mondo si
accalcano attratte dal carisma dei Papi di questo ultimo secolo, quasi tutti
innalzati alla gloria della santità. Un segno che la folla sa riconoscere i
veri pastori, mentre rimane indifferente nei confronti di coloro che non vivono
la loro missione con il cuore pieno della stessa compassione di Gesù. Il
cristianesimo è sempre stato e sempre sarà religione di popolo, un popolo che
ne riconosce la voce di Dio, chiunque ne sia il vero interprete.
Se l’uomo però nella sua indifferenza ricomincia
di nuovo a nascondersi e ad allontanarsi da Dio, come sta avvenendo ai nostri
giorni, dobbiamo aspettarci niente di buono per il nostro futuro … Buona
Domenica!
don Marco Belladelli.
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